La street art e l’ambiente, quale rapporto li lega?

La street art e l'ambiente

La street art è sempre stato un argomento controverso, il dibattito riguardo al considerarla arte o atti vandalici si è tenuto vivo attraverso i decenni. Molto spesso attaccati, gli artisti di strada (street Artist), hanno rivendicato il valore della propria opera anche rivestendola di contenuti ideologici e veicolando messaggi molto importanti, ad esempio: quello sulla sostenibilità ambientale.

L’inquinamento, il surriscaldamento globale, il passaggio ad uno stile di vita ecologico e il destino del nostro pianeta; sono tutti argomenti discussi soltanto a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Varie conferenze sono state indette con lo scopo di mettere d’accordo i governi delle varie Nazioni per elaborare insieme dei piani contenenti obbiettivi da raggiungere per inquinare meno. All’epoca i paesi in via di sviluppo, che solo da poco avevano potuto prendere parte a queste conferenze e diventare soggetti di diritto internazionale, si rifiutarono di accordare il loro impegno per la questione ambientale, in quanto il loro obbiettivo primario era lo sviluppo del proprio paese.

A partire dalla seconda decade degli anni 2000, sono state realizzate numerose opere di street art che veicolano un importante messaggio per la sostenibilità ambientale. Come “Appetite for Destruction” dell’artista Blu, sulla facciata di un palazzo di Belgrado, raffigura un uomo con dei palazzi di cemento al posto dei denti, che divora una fitta vegetazione di alberi.

Ma non si tratta solo di messaggi, Veronica De Angelis e Yourban2030, dal 2021, hanno promosso un progetto che prevede una serie di street art realizzate con una speciale vernice mangia-smog. Un esempio è il murales di JDL, artista olandese, “Diversity in Bureaucracy” 100 mq di vernice anti smog per neutralizzare le emissioni di CO2. L’opera rappresenta una danzatrice surinamese che balla in un vortice di documenti amministrativi del Comune di Amsterdam, un messaggio contro le pressioni escludenti della burocrazia e per promuovere l’uguaglianza di classe.

Spesso per far sentire la propria voce dal basso e smuovere le coscienze dei “potenti” dei governi di tutti i paesi, è necessario compiere atti che provochino uno shock nelle coscienze di ognuno e se a provocarlo non basta il nostro pianeta che grida aiuto, allora si ricorre ad atti provocatori che generano disagio. Un esempio molto recente è l’imbrattamento di Palazzo Vecchio a Firenze ad opera del collettivo Ultima Generazione. Gli attivisti imbrattano con vernice lavabile le opere d’arte e i grandi palazzi delle città europee per denunciare gli effetti del cambiamento climatico. Il fine, però, non giustifica i mezzi, se è vero che il sentirsi inascoltati genera rabbia e frustrazione, soprattutto se si lotta per una buona causa, altrettanta rabbia cresce nel vedere deturpata l’arte e la cultura del proprio paese. 

Molto suggestiva, invece, è la street art di Pejac, “Pianeta al capolinea”, impressa sul suolo di una cunetta, rappresenta i continenti del mondo che si sciolgono fino a confluire nel canale di scolo di un tombino. Un’opera forte che vuol essere comunque polemica, smuove le nostre coscienze e ci fa capire che stiamo “buttando” il pianeta Terra

La street art oltre ad essere decorativa dev’essere anche educativa, girare assuefatti per le strade di una metropoli e trovarsi davanti a delle opere che ci inducono alla riflessione è uno strumento efficace per svegliare la coscienza collettiva.

Fonte Immagine: Pixabay

A proposito di Marika Burani

Mi chiamo Marika, sono nata a Napoli il 13 Aprile del 2000. Ho frequentato il Liceo delle Scienze Umane ''Eleonora Pimentel Fonseca''. Attualmente studio Mediazione Linguistica e Culturale all'Università degli studi di Napoli ''L'Orientale''. I miei interessi sono la Storia, la Musica, il Cinema e la Politica. Nel mio tempo libero creo vestiti all'uncinetto e ai ferri e gioielli in alluminio e rame.

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