La vita dei mangaka, fino a qualche anno fa, era avvolta in una nube di segretezza e mistero.
Alcune delle opere più famose erano soggette a pause lunghissime dalle quali non sono ancora uscite; artisti scomparivano per periodi incalcolabili e tutto ciò che si sapeva era che stavano prendendo del tempo per riordinare le idee, oppure erano fermi a causa di problemi di salute.
Dall’inizio del ventunesimo secolo, però, grazie al lavoro di alcuni artisti che hanno promosso lo sdoganamento e la normalizzazione dei numerosi problemi legati alla carriera del mangaka, abbiamo guadagnato un paio di occhi in più all’interno di una delle principali macchine da soldi del Sol Levante e punta di diamante del soft power giapponese.
Indice dei contenuti
Le radici del disagio: gekiga e manga autobiografici
Oltre ai lavori appartenenti al filone Gekiga (immagini drammatiche), affermatasi negli anni ’60 del 1900 come contro-corrente adulta ai manga pop per bambini e ragazzi che all’epoca comandavano il mercato nazionale incontrastati, per sensibilizzare il popolo riguardo problemi sociali trattati scarsamente perché considerati tabù, alcuni illustri mangaka più vicini ai giorni nostri come il compianto Azuma Hideo (appartenente comunque alla vecchia guardia, essendo entrato in azione come professionista nei primi anni ’70), con il suo celebre “Diario della mia scomparsa”, Nagata Kabi, con la sua personale intima trinità composta da “La mia prima volta – My Lesbian Experience with Loneliness”, “Lettere a me stessa (dopo “La mia Prima Volta”)” e “My Alcoholic Escape from Reality”, e Asano Inio con l’introspettivo e semi-autobiografico Reiraku. La Caduta, hanno contribuito a far luce in un armadio stracolmo di scheletri.
Scadenze, sonno e pressione: l’anatomia di un incubo
La vita dei mangaka è fatta da scadenze impossibili da rispettare, cicli di sonno-veglia praticamente inesistenti e un’opprimente pressione sociale. Un autore serializzato su una rivista settimanale deve produrre circa 19-20 pagine complete ogni sette giorni, un ritmo che lascia pochissimo margine per imprevisti o riposo. Tutto ciò è all’ordine del giorno per un fumettista giapponese. Teniamo bene a mente che l’autore di un manga non deve tenere solo a mente il volere della casa editrice per cui lavora, ma anche (e soprattutto) quello del pubblico che acquista periodicamente i suoi prodotti e gli permette di vivere della sua passione. Finché questa non si trasforma in un inferno insostenibile.
La vita del mangaka: aspettativa contro realtà | |
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Aspettativa (il sogno) | Realtà (l’incubo) |
Esprimere la propria creatività senza limiti | Scadenze settimanali e pressione editoriale costante |
Ottenere fama e riconoscimento mondiale | Pressione del pubblico e dei sondaggi di popolarità |
Vivere della propria passione con stabilità | Guadagni incerti, alti costi per materiali e assistenti |
Avere uno stile di vita flessibile | Isolamento sociale e gravi problemi di salute fisica e mentale |
Il prezzo fisico e mentale: le storie che non dovremmo dimenticare
Ormai quasi due anni fa, nel mese di maggio, il maestro Miura Kentarō, autore di Berserk, uno dei lavori a fumetti più apprezzati e conosciuti al mondo, ci lasciava a causa di dissezione aortica, una malattia vascolare rara con un’altissimo tasso di mortalità.
A un’analisi superficiale può sembrare una triste fatalità, ma scavando nelle interviste rilasciate da Miura negli anni precedenti alla sua morte, si scoprono dettagli raccapriccianti: “non sono riuscito ad avere due giorni liberi consecutivi una singola volta, quest’anno”; “sono nuovamente collassato a causa del troppo lavoro”; “non sono stato in grado di vedere i fiori di ciliegio con i miei occhi nemmeno una volta, quest’anno”.
Sono parole difficilissime da leggere e altrettanto dolorose da processare.
Il creatore di Berserk non è stata l’unica vittima degli ingranaggi inarrestabili e inflessibili dell’azienda fumettistica nipponica.
Inoue Takehiko, autore di Slam Dunk, Vagabond e Real ha confessato di aver sofferto un grave esaurimento nervoso dovuto alla doppia serializzazione in contemporanea di due dei suoi principali manga; Togashi Yoshihiro di HunterxHunter e Yu Yu Hakusho ha riportato gravi danni alla schiena che spesso lo debilitano al punto da non potersi alzare dal letto; Yokotani Masahiro, Obata Takeshi, e tanti altri hanno parlato delle loro giornate tipo riportando dati agghiaccianti: una media di 3-4 ore di sonno a notte e notti in bianco consecutive, quando sono particolarmente vicini a una scadenza.
Karoshi: quando il troppo lavoro uccide
Il Giappone, d’altronde, è la patria del Karoshi. Non è un caso che sia stato coniato proprio qui questo termine che indica la morte per eccesso di lavoro. Il fenomeno, riconosciuto ufficialmente come causa di decesso, è una conseguenza diretta di una cultura lavorativa che spinge al sacrificio estremo, portando a infarti, ictus e suicidi legati allo stress. Le terribili conseguenze di questa sindrome sono una realtà documentata.
Osamu Tezuka, anche conosciuto come Dio dei manga, ha continuato a disegnare fumetti fino ai suoi ultimi momenti di vita, prima di essere portato via da un cancro allo stomaco. Si dice che le infermiere furono costrette a confiscare i suoi attrezzi da disegno per permettergli di riposare.
Oltre la gloria: i conti che non tornano
Un aspetto spesso ignorato è quello economico. Sebbene i mangaka di enorme successo come Eiichirō Oda (autore di One Piece) guadagnino cifre astronomiche, la maggior parte degli autori vive una realtà ben diversa. Un mangaka all’inizio della carriera o con una serie di medio successo non ha uno stipendio fisso: i suoi guadagni derivano principalmente dalle royalties sulle vendite dei volumi, solitamente una percentuale che si aggira intorno all’8-10% del prezzo di copertina. Da questi introiti, l’autore deve pagare di tasca propria i materiali, l’affitto dello studio e, soprattutto, gli stipendi dei suoi assistenti, indispensabili per rispettare le scadenze. Questo significa che, specialmente all’inizio, molti mangaka lavorano in perdita o con un profitto minimo, a fronte di un impegno lavorativo totalizzante.
Un futuro più sostenibile?
Negli ultimi anni la questione, per fortuna diventata di dominio pubblico, sta acquistando una maggiore risonanza e le case editrici sembrano disposte a scendere a patti con i limiti che derivano dall’essere nati umani. Sempre più spesso vengono concesse pause programmate agli autori per permettere loro di riposare e pianificare il lavoro.
Sarà un palliativo momentaneo per allontanare la vita dei mangaka dal mirino del pubblico interesse o un effettivo passo in avanti verso un’etica di lavoro più sostenibile?
Possiamo solo incrociare le dita e sperare ferventemente che il tempo sia foriero di buone notizie.
Fonte dell’immagine in evidenza: Pixabay
Articolo aggiornato il: 06/09/2025