L’isola dell’Asinara: tra storia, leggende e passato oscuro

L’isola dell’Asinara: tra storia, leggende e passato oscuro

A nord della Sardegna, avvolta dal silenzio del mare, si trova l’Isola dell’Asinara: un luogo sospeso nel tempo, dove la natura selvaggia regna sovrana. Quest’isola è un santuario per specie animali e vegetali rare, un vero paradiso di biodiversità. Ma sotto la sua bellezza incontaminata, l’Asinara nasconde anche un passato segnato da eventi oscuri e capitoli dolorosi della storia italiana, che la rendono ancora più affascinante ed enigmatica, anche grazie alle leggende che da secoli si tramandano sul suo conto.

Le prime tracce di vita nel Neolitico

L’Asinara racconta la sua storia sin dai primordi dell’umanità. Già nel Neolitico, attorno al IV millennio a.C., l’isola era abitata. Lo rivelano le Domus de Janas, le suggestive “case delle fate”. Queste antiche tombe prenuragiche, avvolte dal mistero, sono tra le prime tracce della presenza umana in questo luogo.

I Romani e il mito di Ercole

Con l’arrivo dei Romani, l’Asinara entra nella leggenda e viene ribattezzata Herculis Insula, l’Isola di Ercole, poiché si credeva che il semidio vivesse proprio lì. Secondo il mito, sarebbe stato lui a modellare la forma dell’isola: afferrando con forza l’estremità nord-occidentale della Sardegna per separarla, provocò l’assottigliamento della parte centrale, dando origine alle tre profonde insenature che ancora oggi caratterizzano l’Asinara. Proprio per questa conformazione, i Romani le attribuirono anche il nome di Insula Sinuaria, “l’isola dai molti seni e golfi”. Da questo termine latino, attraverso secoli di trasformazioni linguistiche, nacque infine l’attuale toponimo Asinara — anche se alcuni ritengono che derivi invece dalla numerosa presenza degli asini, diventati il simbolo indiscusso dell’isola.

L’Asinara nel Medioevo: Malaspina, Aragonesi e il mito di Barbarossa

Nel Medioevo, durante le lotte tra le repubbliche marinare, l’Asinara divenne un territorio conteso. La famiglia ligure dei Malaspina ne prese il controllo, costruendo una roccaforte sul massiccio di Fornelli, oggi nota come Castellaccio. Con gli Aragonesi, l’isola fu teatro di scontri e, nel Cinquecento, colpita da continue incursioni moresche.

In questo periodo si lega all’isola anche la figura del corsaro Barbarossa, protagonista di numerose leggende locali. Si racconta che abbia vissuto nel Castellaccio, sfruttando la sua posizione dominante per controllare il golfo e saccheggiare le navi in transito. Da lui prenderebbe il nome anche Punta Barbarossa, poco distante dalla roccaforte, a testimonianza di questi miti.

Il passato oscuro dell’isola: la colonia agricola e il lazzaretto

È dopo l’abolizione del feudalesimo, nel 1836, che la storia di quest’isola inizia ad intrecciarsi con trame cupe e tristi della storia italiana. Infatti, a partire dal 1885 quest’isola fu utilizzata come colonia agricola e zona di quarantena per malati contagiosi, scatenando il disappunto degli abitanti locali, che però vennero allontanati e rilocati in altre zone vicine come Stintino, Porto Torres e Sassari.

L’Asinara durante la Prima Guerra Mondiale: un inferno dimenticato

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, l’Asinara divenne luogo di deportazione per migliaia di prigionieri di guerra, in gran parte austro-ungarici, che ribattezzarono il posto “l’isola del diavolo”, un nome che riflette l’orrore vissuto: dei circa 24.000 soldati arrivati, poco più di 17.000 fecero ritorno a casa. L’Asinara, già utilizzata come lazzaretto, fu scelta per la sua posizione isolata, ma lo Stato italiano era ben consapevole del fatto che le tende, destinate ad accogliere al massimo mille persone, non sarebbero mai state sufficienti. I prigionieri vennero ammassati in condizioni disumane, senza acqua potabile né servizi igienici. Molti erano già malati di colera e tifo prima ancora di sbarcare, e in quegli spazi angusti, le epidemie si propagarono rapidamente. I decessi si contarono a migliaia, i corpi furono sepolti in fosse comuni. L’isola, paradiso naturale, divenne così un inferno dimenticato.

L’isola dell’Asinara come carcere di massima sicurezza

A partire dagli anni Sessanta, si apre l’ultimo capitolo oscuro della storia di questa isola-paradiso. Infatti, l’Asinara, si trasformerà in poco tempo, in un carcere di massima sicurezza, una specie di Alcatraz italiano che rimase operativo fino al 1998, quando venne definitivamente dismesso.

Inizialmente, vi venivano confinati solo detenuti sardi, che, in base ai loro reati, potevano essere confinati o meno; i detenuti meno pericolosi godevano quindi di maggiore libertà.

Gli anni di piombo: brigatisti e mafiosi nel carcere di alta sicurezza

È però negli anni Settanta che l’Asinara si trasforma in una struttura carceraria ad alta sorveglianza. Durante gli anni di piombo, segnati dagli atti terroristici delle Brigate Rosse, lo Stato italiano scelse l’isola per confinare i criminali più pericolosi. Con l’arrivo di esponenti come Renato Curcio e Alberto Franceschini, la sicurezza fu potenziata. Negli anni ’80, poi, con il trasferimento di capi mafiosi come Raffaele Cutolo e Salvatore Riina, le strutture carcerarie dell’isola furono trasformate in veri e propri bunker, intensificando il controllo e la sorveglianza.

La rivendicazione e la rinascita dell’isola dell’Asinara

L’arrivo di figure così pericolose, provenienti dal mondo del terrorismo e della criminalità organizzata, suscitò un grande malcontento nell’amministrazione di Porto Torres. A partire dagli anni ’80, le autorità locali iniziarono a fare pressione per rivendicare l’Asinara, che, purtroppo, era stata trasformata in un simbolo di repressione e oscurità. Le lotte furono lunghe e difficili ma dopo anni di battaglie e richieste, nel 1997 l’isola venne finalmente liberata dall’ombra del suo passato carcerario, ottenendo lo status di Parco Nazionale dell’Asinara. Un nuovo capitolo si aprì per l’isola, che tornò a essere simbolo di natura incontaminata.

 

Fonte immagine: Archivio personale

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A proposito di Chiara Pia Giugliano

Classe '00, studentessa di lingue e culture africane e asiatiche all'Orientale. Scoprire e vivere nuove culture e tradizioni è ciò che più mi rende felice! Motivo per cui, appena posso, sono in viaggio! Compagna inseparabile delle mie avventure è la macchina fotografica, una delle mie più grandi passioni insieme all'arte, al cinema e alla lettura.

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