Il movimento convenzionalmente identificato come Arte povera è uno dei pochi che, non solo ha un chiaro profilo ideologico, ma addirittura una data precisa di nascita: il settembre 1967. In quell’occasione la Galleria La Bertesca di Genova ospita la mostra «Arte Povera», intorno alla quale si raccoglie un insieme di giovani italiani provenienti dalle più svariate sperimentazioni d’avanguardia. Da quella data, il gruppo si consolida tramite un’accorta politica espositiva, imponendosi a livello internazionale. Mantiene poi una certa coesione fino al 1972, quando prevalgono le ricerche individuali. In quest’articolo faremo un analisi delle opere dell’arte povera
Perchè si chiama arte povera?
L’appellativo di “povera” ha due diversi significati. Il primo, e più evidente, fa naturalmente riferimento agli oggetti impiegati. Ritornano infatti i materiali poveri o di recupero come: sacchi, tele, legno, grasso, corde, rottami metallici e quelli primari, che rimandano spesso all’universo naturale come animali, terra, fuoco e lana. Il secondo significato, invece, ha una valenza più direttamente politica.
In Italia si vivono gli anni delle grandi battaglie operaie per lo statuto dei lavoratori e, un po’ in tutta Europa, iniziano i primi fenomeni di contestazione studentesca. Dunque quest’arte, in quanto espressione delle più vivaci forze del rinnovamento intellettuale e culturale, si contrappone ideologicamente all’arte ricca, cioè quella espressa dalla società dei consumi. Rifiurando di produrre opere d’arte, l’artista poverista tenta di sottrarsi allo strapotere economico della società dei consumi e del profitto. Secondo l’interpretazione marxista, infatti, l’opera d’arte è comunque un prodotto di mercato e, in quanto tale, può essere venduto e comprato generando un profitto. Stando a queste forti premesse ideologiche appare ovvio come l’Arte povera si esprima in modo privilegiato attraverso la riscoperta di materiali volutamente e provocatoriamente esclusi dai processi produttivi di tipo industriale, rivendicando la manualità delle lavorazioni e, a volte, anche l’imprecisione delle stesse.
Analisi opere dell’arte povera
1. Mappa di Boetti
Le sue mappe, create dal 1971, sono dei tessuti ricamati che raffigurano un planisfero politico in cui ogni stato è identificato dai colori della propria bandiera. È conservata al Museo d’arte contemporanea del Castello di Rivoli.
2. Igloo di Mario Merz
L’igloo è la tipica abitazione invernale degli Eschimesi, a forma di mezza sfera, composta di blocchi di neve disposti a spirale decrescente. Mario Merz sceglie proprio questa forma perché ricorda lo stadio primordiale della civiltà umana, quando l’esistenza dell’uomo era a stretto contatto con la natura.
3. Venere degli stracci
Quest’opera è stata creata nel 1967 da Michelangelo Pistoletto. È formato da una statua di cemento e a fianco una montagna di stracci. In quest’opera abbiamo il contrasto tra contemporaneo e antico perché la statua rappresenta l’arte classica mentre, gli stracci rappresentano gli elementi di scarto, potremmo dire che questi stracci raffigurano la società dei consumi.
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