«Negli abbracci forsennati o dolcissimi non era il tuo corpo che cercavo bensì la tua anima, i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, i tuoi sogni, le tue poesie», così scriveva Oriana Fallaci, colonna portante del giornalismo italiano, in “Un uomo”, uno dei suoi scritti più celebri. Un’opera che è biografia, romanzo e denuncia, iniziata in carcere da Alekos Panagulis e portata a termine dalla Fallaci dopo la sua morte. Lei, per lui, rappresentava “l’unica compagna possibile”, lui, per lei, non l’unico amore, ma il più travolgente. Un uomo per tutti, l’unico per Oriana.
Oriana Fallaci, la donna d’acciaio, scriveva del suo amore con parole di miele. Una penna intinta nel burro per parlare dell’uomo che per lei non fu semplicemente un amante: fu l’amore. Parole gentili, quelle di Oriana, di quella dolcezza unica che connota le armi di chi combatte con il cuore. Quando le chiedevano, in quanto sua compagna di vita, che uomo fosse davvero Panagulis, Oriana non forniva la risposta che tutto il mondo si aspettava. Non un eroe, non un politico, o meglio, non era limitato a questo. «Mi sembra di limitarlo – affermava – Alekos era soprattutto un poeta, un artista. Il suo eroismo era la conseguenza della sua poesia e la sua politica era la traduzione della sua arte». Panagulis dedicò a Oriana una poesia, “Viaggio”, la sua preferita, non per le parole d’amore, ma per il ritratto di sé che conteneva: se il viaggio rappresenta la vita, la nave è l’uomo che la vive, una nave senza rotta, che insegue un sogno, un ideale. Alekos fu una nave che non getta l’ancora, un Ulisse che non aveva una Penelope da cui tornare, ma un’Oriana con cui viaggiare.
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L’incontro tra due anime: l’intervista del 1973
Ma chi era Alexandros Panagulis? Intellettuale e poeta, politico democratico e rivoluzionario, fu uno dei più strenui oppositori del regime dei colonnelli, la giunta militare che governò la Grecia con pugno di ferro dal 1967 al 1974. «Alekos per gli amici e per la polizia», così lo descrive la Fallaci nell’intervista del 1973 a colui che sarebbe diventato l’uomo della sua vita.
Dopo il fallito attentato del 13 agosto 1968 al dittatore Geōrgios Papadopoulos, Panagulis venne arrestato, brutalmente torturato nelle carceri militari di Boiati (sono gli anni della “tomba”, come definiva la cella da cui tentò più volte di fuggire), fino alla sua liberazione nel 1973 a seguito di un’amnistia internazionale. Nell’agosto di quello stesso anno, Oriana Fallaci si recò ad Atene per intervistare l’eroe greco, la cui fama era giunta fino in Italia. “Capivi subito che era uno di quegli uomini per cui anche morire diventa una maniera di vivere, tanto spendono bene la vita”, così la giornalista descrive il primo incontro con Alekos, contenuto nella sua opera “Intervista con la storia” (raccolta pubblicata per la prima volta da Rizzoli nel 1974 delle più importanti interviste realizzate dalla Fallaci ai protagonisti della scena politica e culturale mondiale).
Oriana racconta il loro primo incontro come un evento già scritto dal destino. Narra di Alekos Panagulis che, dopo averla abbracciata come si abbraccia un amico di vecchia data, la ringraziò, perché i suoi libri gli avevano tenuto compagnia durante le lunghe e buie notti trascorse in cella. E descrive le sue riserve a credergli, riserve svanite nel momento in cui quell’uomo dai folti baffi neri le mostrò tutto ciò che aveva conservato durante gli anni di prigionia: un paio di scarpe, una coperta, un pacco di libri e di giornali, con la firma di Oriana in evidenza. Insieme a questi oggetti, un vocabolario greco-italiano con cui aveva appreso la lingua e la coniugazione del verbo amare trascritta accanto a un articolo della donna che ora poteva finalmente guardare negli occhi.
Oriana e Alekos: due prospettive di un legame | |
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La giornalista d’acciaio | Il poeta e rivoluzionario |
La donna che vide in lui non un eroe, ma un artista | L’uomo che trovò in lei l’unica compagna possibile |
La scrittrice che lo ha reso immortale con “Un uomo” | Il politico che non gettava l’ancora e non scendeva a compromessi |
La compagna che ha combattuto per la verità sulla sua morte | L’attivista che morì per svelare i segreti del potere |
Alekos Panagulis: il “volto di Cristo” che conquistò Oriana
«Insomma, il giorno in cui uscì di prigione non ci conoscemmo: ci riconoscemmo», scrive la giornalista, protagonista inconsapevole di una favola moderna e anticonvenzionale. Oriana Fallaci ricordava ogni dettaglio del loro primo incontro, al di là del tempo che trascorsero a parlare, a raccontarsi. Ricorda l’occasione colta per strappare un’intervista a uno degli uomini più in vista del momento, il suo stupore nel vederlo seduto “nel mezzo del caos con quel volto di Cristo”. Ricordava la sua gentilezza, il rapido balzo fatto alla vista della donna che, fino a quel momento, aveva conosciuto solo attraverso l’inchiostro dei suoi libri.
Ricordava il timbro seducente della sua voce, “una voce per convincere la gente”, il mazzo di rose rosse che Alekos Panagulis le fece trovare nella stanza in cui si svolse l’intervista, le stesse che le aveva inviato in aeroporto e che non le furono consegnate “perché l’amico incaricato di ricevermi non m’aveva trovato”. Ricordava l’intervista in cui entrambi giocarono a carte scoperte, protrattasi fino a sera. Ricordava la sua ospitalità, il senso dell’umorismo che le torture non erano riuscite a spegnere, la prima di tante cene insieme. Da quel giorno i due, seppur spesso divisi da centinaia di impegni di lavoro e di vita, si legarono in modo indissolubile.
Un amore sospeso tra vita e morte
“Non si può vivere senza amore. Io ci ho provato ma non ci sono riuscita”. L’onestà, la ricerca, la fragilità: Oriana Fallaci, prima di essere la giornalista che ha segnato un’epoca, è stata una donna forte e innamorata, della vita e dell’uomo con cui desiderava condividerla. Così, quando la morte glielo portò via, tutto sembrò improvvisamente sbiadirsi.
L’amore tra Oriana e Alekos fu un amore funambolico, vissuto in equilibrio, sospeso sul vuoto dell’incertezza, fatto di addii temporanei e di ritorni ostinati. Un amore mai consacrato davanti a Dio, ma che durò fino a quando la morte non li separò. La domanda su chi ha ucciso Panagulis trova una risposta netta nelle parole e nelle indagini della Fallaci. Il primo maggio 1976, Panagulis morì in circostanze mai del tutto chiarite. La versione ufficiale parlò di un incidente automobilistico, ma come si legge nell’opera della giornalista, si trattò di un omicidio politico, “un simulato incidente automobilistico, presto insabbiato dal Potere come una banale disgrazia”. Panagulis, eletto deputato al Parlamento Ellenico, era sul punto di rendere pubblici dei dossier scottanti che contenevano i nomi di politici che avevano collaborato con il regime dei colonnelli. Una bomba a orologeria, un uomo difficile, un personaggio scomodo, quasi quanto la donna che amò fino alla fine dei suoi giorni.
Nonostante la malattia della madre la costringesse a rimanere in Italia, Oriana si precipitò in Grecia non appena apprese la notizia. Il clamore mediatico suscitato dalla morte di uno degli uomini politici più noti e controversi della Grecia portò con sé atti di sciacallaggio. Insopportabile la tensione che gravava su Oriana: l’inchiesta della magistratura greca e l’insistenza della giornalista nel voler rilasciare la propria deposizione, e soprattutto, la gestione della cerimonia funebre da parte di forze politiche da cui Alekos si era allontanato. Oriana annota con sdegno: “Me ne sono scandalizzata. Dall’Unione di Centro Alekos era uscito, carico di delusioni e di dispiaceri: in Parlamento era rimasto come indipendente di sinistra”. Passarono lenti i giorni, occupati portando fiori sulla tomba dell’uomo della sua vita, nel Primo Cimitero di Atene, una tomba “così brutta, non fatta” e senza croci, senza simboli. Alekos non tradì se stesso, nemmeno da morto.
La giornalista racconta di aver vissuto ed elaborato il lutto accanto al letto della madre malata, che la lasciò appena otto mesi dopo l’addio di Alekos. “Alekos e mia madre erano le due creature della mia vita. Più mi guardo indietro, più concludo che non ho mai amato niente e nessuno come Alekos e mia mamma”, scrive la Fallaci nella sua autobiografia “Solo io posso scrivere la mia storia”.
Di tutto questo dolore e di questa fatica, a noi resta una storia d’amore tramandata con le parole degli amanti. Le celebri righe di “Un uomo” ne sono il testamento:
“S’agapò tora che tha s’agapò pantote”
“Cosa significa?”
“Significa: ti amo ora e ti amerò sempre. Ripetilo.”
Lo ripeto sottovoce: “E se non fosse così?”
“Sarà così.”
Tento un’ultima vana difesa: “Niente dura per sempre, Alekos. Quando tu sarai vecchio e…”
“Io non sarò mai vecchio.”
“Sì che lo sarai. Un celebre vecchio coi baffi bianchi.”
“Io non avrò mai i baffi bianchi. Nemmeno grigi.”
“Li tingerai?”
“No, morirò molto prima. E allora sì che dovrai amarmi per sempre! ».
Il tempo e l’eternità, in storie come quella di Oriana Fallaci e Alekos Panagulis, sono solo parole di circostanza.
Articolo aggiornato il: 24/09/2025