Perfect Blue di Kon Satoshi e il virtual mirror

Kon Satoshi – Perfect Blue e il virtual mirror

L’obbligo sociale di occultare le criticità più pressanti per orgoglio patriottico, da sempre tratto caratteristico del Giappone, non è di certo decaduto in epoca Shōwa (昭和時代, 1926-1989). Nel 1997, infatti, in pieno periodo Heisei (平成時代, 1989-2019), fece il suo esordio alla regia Kon Satoshi, il compianto maestro visionario che ha rivoluzionato il mondo del cinema internazionale.

Perfect Blue

Con la sua opera seminale Pāfekuto burū (パーフェクトブルー, Perfect Blue, 1997), tratto dall’omonimo romanzo di Yoshikazu Takeuchi (竹内 義和) Perfect Blue : Complete Metamorphosis, diede il via a una tagliente critica della società giapponese, poi riscontrabile in quasi tutte le sue opere successive.
La finzione meta-cinematografica è uno dei suoi più grandi marchi di fabbrica e punti di forza: il confine tra sogno e realtà è impercettibile.
La bella protagonista della pellicola, Kirigoe Mima, è il tramite per discutere un controverso fenomeno culturale nato nel Sol Levante alla fine degli anni Sessanta: il sistema delle idol.
La giovane ex-idol, poco dopo aver dichiarato il suo prematuro ritiro dalla scena musicale, si ritrova prigioniera di un sogno che la porterà a scoprire che la società in cui vive è molto più terrificante di quanto credesse.
Kon Satoshi è riuscito a prevedere problematiche che, a più di vent’anni dall’uscita del suo capolavoro, sono considerate nodi cruciali della società giapponese e mondiale: il pericolo legato alla digitalizzazione delle informazioni e la conseguente carenza di privacy che ne deriva, la crescente ossessione per le idol, riportata in maniera eccellente anche da Aka AkasakaYokoyari Mengo nel loro ultimo fumetto di successo, Oshi no ko (推しの子, 2020-2024).
Il regista avrà ereditato dalla volontà divina gli stessi poteri sovrannaturali per cui sono noti anche il papà dei Simpson, Matt Groening, e i suoi colleghi adibiti alla scrittura degli episodi, che hanno previsto il futuro in più di 30 occasioni, ormai. 

Il Virtual Mirror

Il professor William O. Gardener, per spiegare al meglio questa sensazione di inadeguatezza rappresentata in Perfect Blue, ha formulato il concetto del virtual mirror, o specchio virtuale. Egli fa riferimento all’uso di superfici in vetro (teleobbiettivi, finestre, specchi) da parte di Kon per simboleggiare l’impalpabile barriera che si erge tra Mima e le nevrosi celate della società giapponese, basata sul fenomeno del dar estremo peso alle apparenze senza avere il tempo di osservare davvero il prossimo.
Nel film è possibile percepire la stessa pressione sociale che ha condizionato innumerevoli personaggi fittizi della letteratura giapponese: Oseki, protagonista de La Tredicesima Notte di Higuchi Ichiyō (樋口 一葉, 1872-1896); Osono e Otane, da Saikun di Tsubouchi Shōyō (坪内逍遥, 1859-1935), e il protagonista senza nome di Kokoro di Natsume Sōseki (夏目漱石, 1867-1916), tra i tanti.
Il legame tra fisico e mente è indissolubile, come la capacità di influenzarsi reciprocamente: “le esperienze dello specchio virtuale – sogni, deliri, identità alternative, il role-playing e le simulazioni – non sono rimosse dal livello fisico di realtà. La realtà fisica non può essere separata dalla mente […] l’individuo non può esser separato dalle forze intersoggettive”.

Fonte immagine: Amazon

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A proposito di Christian Landolfi

Studente al III anno di Lingue e Culture Comparate (inglese e giapponese) presso "L'Orientale" di Napoli e al I anno di magistrale in Chitarra Jazz presso il Conservatorio "Martucci" di Salerno. Mi nutro di cultura orientale in tutte le sue forme sin da quando ero piccino e, grazie alla mia passione per i viaggi, ho visitato numerose volte Thailandia e Giappone, oltre a una bella fetta di Europa e la totalità del Regno Unito. "Mangia, vivi, viaggia!"

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