Poesia come merce, tra Pasolini e i social network

Poesia come merce, tra Pasolini e i social network

Poesia come merce, una riflessione

Pier Paolo Pasolini, uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani del XX secolo, in un’intervista del 1971, affermava che la poesia non poteva essere definita come merce o, almeno, non come una merce comune. Differentemente da tutte le altre, quella merce, sua e di tutti, è un prodotto inconsumabile. Continua immaginando una vera rivoluzione industriale avviata dalla produzione di un paio di scarpe dalla suola inconsumabile e ci spinge a riflettere su come la poesia sia il corrispettivo di quella stessa merce.
La sua posizione decisa e provocatoria e la sua condanna della civiltà tecnologico-industriale, giudicata ipocrita e colpevole di aver omogeneizzato e cancellato la molteplicità culturale, appare straordinariamente attuale.

Poesia come merce, il ruolo dei social


L’incremento di questo sviluppo ha prodotto, negli anni successivi alla sua vita, nuova merce e nuovi profitti. Internet è diventato il nuovo mercato mondiale, le bacheche dei social network sono le nuove cassette bancarie e lì, oltre a circolare soldi, si commerciano followers e likes. Tra i vari prodotti esposti nelle vetrine di Facebook e Instagram, negli ultimi tempi, ha riscontrato successo la “vendita” di poesie. Che si tratti di giovani artisti emergenti che formulano frasi d’amore dalla sintassi breve e lineare o di veri e propri zibaldoni di rime e versi, la poesia è la nuova merce che circola velocemente tra le chat ed i post. Inserire, però, una tra le più tradizionali espressioni artistiche in un contesto così lontano dalla sua collocazione abituale comporta una serie di interrogativi.
In una nuova epoca che si sviluppa in linea alla velocità e all’immediatezza, quanto è fondamentale attenersi alla critica letteraria?
Rinunciare a una parziale comprensione esaustiva e incrementare l’interesse e la circolazione della poesia, da sempre relegata alle interrogazioni e ai libri scolastici, potrebbe non solo divenire incentivo allo sviluppo di una nuova formula comunicativa ma anche, e soprattutto, motore di una nuova sensibilità utile per i più giovani.
Contemporaneamente, quanto valore ha il potere comunicativo dei più bei scritti d’amore, di solitudine, di paura e passione se svincolato da tutto il contesto in cui è nato? E quale prezzo deve pagare la classicità della poetica tradizionale per divenire strumento popolare tra i giovani?
Leggere L’Infinito di Leopardi inconsapevoli del suo stato d’animo durante la sua reclusione nella biblioteca paterna di Recanati, citare Montale senza conoscere l’amore e la devozione che provava per la moglie “Mosca” o parlare di Pasolini non considerando il suo carattere irreverente e rivoluzionario snatura davvero il senso poetico? Ed è questo un prezzo che siamo disposti a pagare pur di rendere fruibile l’arte?

“Morirò io, morirà il mio editore, morirà il capitalismo, moriremo tutti noi, morirà tutta la nostra società, ma la poesia resterà inconsumata.”
(Pier Paolo Pasolini)

Fonte immagine dell’ articolo “Poesia come merce, tra Pasolini e i social network”: https://www.flickr.com/photos/iltorosanto/24397304901

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A proposito di Carolina Cappelli

Mi chiamo Carolina Cappelli, ho ventun anni e sono nata e cresciuta a Napoli. Dopo il diploma conseguito al Liceo Scientifico Vincenzo Cuoco, ho deciso di iscrivermi al cdl in Lingue, culture e letterature moderne europee, per ampliare le mie conoscenze di lingua straniera, ma dopo il primo anno mi sono convinta ad optare per il cdl in Lettere moderne, più in linea con gli studi propriamente linguistico-letterari. I miei interessi spaziano da sempre nell’ambito artistico culturale: ho frequentato per qualche anno un corso di teatro fino a dedicarmi completamente, all’età di undici anni, alla danza, scoperta per caso dopo il continuo rifiuto di mia madre di iscrivermi a scuola calcio, dimostrazione della mia grande curiosità verso le cose più varie. Il percorso di studi a danza è stato formativo e ricco di belle esperienze, di vario genere, da spettacoli per strada a collaborazioni con il teatro Bellini di Napoli. La prima parte della mia formazione si è conclusa nel giugno del 2019 quando, dopo lo spettacolo di fine anno e gli esami accademici, ho conseguito il diploma in danza classica, moderna e contemporanea. Scrivere, invece, è sempre stato parte della mia vita. Il mio carattere irruente e testardo è sempre stato equilibrato dalla capacità di dar ordine all’espressione proprio mediante la scrittura. Inoltre, è sempre stato uno dei modi migliori per dar spazio alla mia forte sensibilità. Proprio questa mi porta ad essere una persona fortemente emotiva, sempre coinvolta a pieno in quello che fa, e molto attenta ai bisogni degli altri. L’aspetto sociologico dei fatti è da sempre, per me, fonte di particolare curiosità. Ciò mi ha spinto ad elaborare, negli anni del liceo, alcuni piccoli articoli pensati come un’analisi sociale di un fatto di cronaca popolare, essendo molto legata alla mia città d’origine. Queste prime prove sono sfociate in pubblicazioni su Il Mattino e Il Roma. La comunicazione, lo scambio di idee ed opinioni, le discussioni creative e la libertà di pensiero sono tra le cose che più ricerco perché determinanti per la crescita e la buona salute “spirituale”. Il mio sogno è quello di rendere la scrittura il mio pane quotidiano e questa collaborazione è la mia prima vera esperienza, per la quale sono molto entusiasta e fiduciosa. Spero di esserne all’altezza e, contemporaneamente, di poter crescere insieme. Grazie mille per la possibilità.

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