Poesie di Vladimir Vladimirovič Majakovskij: le 5 più belle

Poesie di Vladimir Vladimirovič Majakovskij

Vladimir Vladimirovič Majakovskij (1893-1930) è stato un poeta, scrittore, drammaturgo, regista teatrale, attore, pittore, grafico e giornalista sovietico morto suicida a 36 anni, cantore della rivoluzione d’ottobre e maggior interprete del nuovo corso intrapreso dalla cultura russa post-rivoluzionaria.

Fu un innovatore futurista e rivoluzionario. Prima della rivoluzione scrisse il poema La nuvola in calzoni (1915) in cui parla d’amore ma anche degli eventi sociali che si svolgono in quegli anni. Della rivoluzione parla poi nella commedia Mistero buffo (1917) e attraverso delle vignette popolari nel poema 150.000.000 (1921), con il duello il gigante russo Ivan e Woodrow Wilson. Majakovskij parlò poi d’amore nei poemi Amo (1922) e Di questo (1923).

La sua produzione include inoltre commedie, versi di propaganda commerciale e politica, scenari cinematografici e canovacci per scene di circo.

Ecco e 5 poesie più belle di Vladimir Vladimirovič Majakovskij! 

Poesie di Vladimir Vladimirovič Majakovskij: Conclusione

Conclusione celebra l’amore eterno: una conclusione a cui forse l’autore è arrivato dopo molto tempo, ma che vuole celebrare ed urlare al mondo con tutte le sue forze. E cosa, meglio di una poesia, può essere strumento per celebrare questo infinito sentimento?

Niente cancellerà via l’amore,
né i litigi,
né i chilometri.
È meditato,
provato,
controllato.
Alzando solennemente i versi, dita di righe,
lo giuro:
amo
d’un amore immutabile e fedele.

Ascoltate

Ascoltate, una delle poesie di Vladimir Vladimirovič Majakovskij che fa delle stelle una questione filosofica e fatalista. Le stelle compaiono nel cielo perché servono a qualcuno: agli uomini soli, persi, che ne hanno bisogno per trovare un punto di arrivo, un approdo, un salvataggio nella notte più buia.

Ascoltate!
Se accendono le stelle –
vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?
Vuol dire che qualcuno vuole che esse siano?
Vuol dire che qualcuno chiama perle questi piccoli sputi?
E tutto trafelato,
fra le burrasche di polvere meridiana,
si precipita verso Dio,
teme d’essere in ritardo,
piange,
gli bacia la mano nodosa,
supplica
che ci sia assolutamente una stella! –
giura
che non può sopportare questa tortura senza stelle!
E poi
cammina inquieto,
fingendosi calmo.
Dice ad un altro:
“Ora va meglio, è vero?
Non hai più paura?
Sì?!”.
Ascoltate!
Se accendono
le stelle –
vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?
Vuol dire che è indispensabile
che ogni sera
al di sopra dei tetti
risplenda almeno una stella?!

Il poeta è un operaio

Il poeta è un operaio parla del duro lavoro del poeta, spesso messo in secondo piano rispetto a lavori più “pratici”. Il lavoro del poeta è in verità come una fabbrica senza ciminiere, è come pescare uomini o limare cervelli. I discorsi dei poeti sono come acqua che fa girare le macine. Ecco perché i poeti, assieme a tutti gli altri lavoratori, manderanno avanti il mondo con lo stesso obiettivo.

Gridano al poeta:
“Davanti a un tornio ti vorremmo vedere!
Cosa sono i versi? Parole inutili!
Certo che per lavorare fai il sordo”.
A noi, forse, il lavoro
più d’ogni altra occupazione sta a cuore.
Sono anch’io una fabbrica.
E se mi mancano le ciminiere,
forse, senza di esse,
ci vuole ancor più coraggio.
Lo so: voi non amate le frasi oziose.
Quando tagliate del legno, è per farne dei ciocchi.
E noi, non siamo forse degli ebanisti?
Il legno delle teste dure noi intagliamo.
Certo, la pesca è cosa rispettabile.
Tirare le reti, e nelle reti storioni, forse!
Ma il lavoro del poeta non è da meno:
è pesca d’uomini, non di pesci.
Fatica enorme è bruciare agli altiforni,
temprare i metalli sibilanti.
Ma chi oserà chiamarci pigri?
Noi limiamo i cervelli
con la nostra lingua affilata.
Chi è superiore: il poeta o il tecnico
che porta gli uomini a vantaggi pratici?
Sono uguali. I cuori sono anche motori.
L’anima è un’abile forza motrice.
Siamo uguali. Compagni d’una massa operaia.
Proletari di corpo e di spirito.
Soltanto uniti abbelliremo l’universo,
l’avvieremo a tempo di marcia.
Contro la marea di parole innalziamo una diga.
All’opera! Al lavoro nuovo e vivo!
E gli oziosi oratori, al mulino! Ai mugnai!
Che l’acqua dei loro discorsi
faccia girare le macine.

Tu

Tu, una delle poesie di Majakovskij che parla della felicità data dall’amore disinteressato e dolce. La donna amata dal poeta è riuscita a scorgere il fanciullo che era dentro la sua anima, nonostante nessun’altro lo scorgesse e le persone attorno a lei le dicessero di rinunciare. Lei l’ha amato infinitamente e lui ha raggiunto la massima felicità e leggerezza.

Poi sei venuta tu,
e t’è bastata un’occhiata
per vedere
dietro quel ruggito,
dietro quella corporatura,
semplicemente un fanciullo.
L’hai preso,
hai tolto via il cuore
e, così,
ti ci sei messa a giocare,
come una bambina con la palla.
E tutte,
signore e fanciulle,
sono rimaste impalate
come davanti a un miracolo.
“Amare uno così?
Ma quello ti si avventa addosso!
Sarà una domatrice,
una che viene da un serraglio”!
Ma io, io esultavo.
Niente più
giogo!
Impazzito dalla gioia,
galoppavo,
saltavo come un indiano a nozze,
tanto allegro mi sentivo,
tanto leggero.

Pena

Pena, una delle poesie più belle e tragiche di Majakovskij, parla degli orrori della guerra, dopo la quale anche la luna diventa vedova, poiché il sole muore. Una poesia quanto tragica quanto attuale, date le numerose guerre che ancora oggi affliggono il mondo. In queste situazioni spesso si perde la speranza nella bontà e generosità del prossimo e si inizia a vedere tutto buio, proprio come il poeta in questa lacerante poesia. Anche la natura, in questo caso, si ribella agli orrori della guerra… e dopotutto l’uomo non è che un tutt’uno con essa.

In una vaga disperazione il vento
si dibatteva disumanamente.
Gocce di sangue annerendosi
si gemmavano sulle labbra d’ardesia.
E uscì, a isolarsi nella notte,
vedova la luna.

Fonte immagine: Pixabay

A proposito di Rosalba Rea

Sono Rosalba, amo leggere e imparare cose nuove. Scrivere poesie è sempre stata la mia passione più grande.

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