«Anima23» prende vita dagli scatti di Valerio Pastore, fotografo casertano al debutto con la sua prima mostra fotografica: partito da Caserta, lì dove tutto ha avuto inizio, e dopo una tappa intermedia a Roma, il progetto approda finalmente a Bologna, con l’aggiunta di una sezione inedita. Qui, trova la sua naturale collocazione negli spazi inclusivi del «Circolo Nassau», nato con l’intento di dare voce alle piccole realtà rimaste inascoltate in un mondo indifferente, esattamente come successo alle protagoniste degli scatti di Valerio.
Accompagnano i ritratti in fila lungo le mura delle salette alcune didascalie, che fotografano a parole le emozioni dei soggetti immortalati: versi e frasi scelti tra conversazioni avute con le ragazze e poesie lette insieme a loro. Una «fotografia narrativa», dunque, come la definisce il suo creatore, che racconta storie di giovani donne e luoghi deserti, che cattura dolore e rabbia. Sono questi i sentimenti repressi dei soggetti di Valerio, che emergono con forza in ogni scatto, comuni tanto alle ragazze quanto ai luoghi. Questi, non semplici sfondi, ma protagonisti anch’essi di una fotografia che mira a unificare soggetto e spazio. La volontà di fusione tra i due elementi appare chiara anche dalle geometrie delle pose, dei corpi, che si adattano perfettamente allo spazio circostante, dal sapiente gioco di luci e ombre nelle tante foto in bianco e nero e dalla cattura dei colori nelle altre.
Le ragazze si identificano totalmente con i luoghi scelti e si fondono con essi, ne condividono la stessa sorte, il medesimo destino di solitudine, abbandono, un filo rosso che percorre tutta la mostra. La fusione del soggetto con lo spazio è totale, non esiste prevaricazione di uno sull’altro: entrambi contribuiscono a creare quel contrasto dirompente con il mondo che è tipico del nostro tempo. L’idea del progetto, già abbozzato in precedenza, inizia a prendere forma subito dopo la pandemia, mentre il mondo, superato il periodo di crisi, ritornava lentamente alla normalità e sembrava riacquisire la libertà che aveva perso. Ma la società ingabbia e reprime, alimentando ansie e angosce destinate a restare sospese, inascoltate. Ne soffrono soprattutto le giovani generazioni e tra queste le donne, imbrigliate nelle convenzioni e nei ruoli che la società ha costruito per loro, nonostante le lotte e la retorica perbenista che c’è dietro. Le illusioni si infrangono di fronte a questo scenario, svelando la società per quella che è: una realtà ipocrita, che dimentica e abbandona.
In questi luoghi, invece, non c’è bisogno di nascondersi, mascherarsi: Camilla, Cassandre, Anna Lou, Martina, Victoria, Ivana, Maria, Tara ed Angie si mostrano nella propria essenza, liberate da un mondo e una società che le opprime, e i luoghi appaiono a loro senza veli, così come li ha ridotti l’uomo: desolati e miseri. Spiagge, alberghi e fabbriche abbandonati, casermoni fatiscenti, campi e parchi deserti: questi sono i luoghi scelti per gli shooting dove le ragazze possono finalmente esprimere se stesse, lontane da tutto il resto. Gli scatti di Pastore mostrano l’altra faccia della realtà, quella degradata, ai margini, ma proprio per questo più autentica, più libera. L’obiettivo di Valerio riesce a catturare attori che si trovano in una zona grigia, nascosta, difficile da vedere e facile da ignorare.
Una fotografia non soltanto «narrativa», ritrattistica, ma anche d’impatto, che porta il concetto di «bello fotografico» a un altro livello estetico, che non corrisponde, come ricorda il fotografo, ai canoni classici di armonia ed equilibrio: qui sono proprio la mancanza e la reinterpretazione in chiave nuova di questi elementi che elevano la fotografia, e in generale l’arte, a un diverso ideale di bellezza, capace di commuovere e turbare insieme.
Fonte: Valerio Pastore