Quadri di Edvard Munch: i 4 da conoscere

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Edvard Munch, considerato uno dei più grandi artisti del 1800, nacque nel 1863 a Løten, a nord di Oslo; è uno tra i primissimi esponenti dell’Espressionismo, e uno dei pionieri della focalizzazione dell’artista sulla propria sfera emotiva e su come lui veda il mondo, in pieno contrasto con il realistico Naturalismo, all’epoca dominante: ogni emozione era infatti dipinta sulle varie tele in diverse forme, simboli e colori, ognuna riconoscibile e con un significato unico. Vediamo dunque quali sono i quattro quadri di Edvard Munch da non perdere!

1. L’urlo: l’opera più conosciuta di Munch

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L’urlo (fonte: Wikipedia)

L’urlo, dipinto nel 1893, è una delle opere più facilmente riconoscibili dell’intera storia dell’arte, nonché il più famoso dei quadri di Edvard Munch.
La scena si svolge su un sentiero delimitato da una staccionata, oltre la quale si può notare un mare di un profondo colore nero. Inoltre, sono presenti tre figure umane, la più importante e visibile delle quali è l’uomo protagonista – divenuto il simbolo principale dell’angoscia, della fragilità, della solitudine e della decadenza umana –, rappresentato in primo piano nell’atto di gridare mentre si copre le orecchie per non sentire la sua stessa voce; le altre due figure, invece, continuano per la loro strada imperterrite, come se fossero completamente indifferenti all’enorme sofferenza che li circonda.
È importante specificare che l’ispirazione per L’urlo ha origine dalla vita dello stesso Munch: nel suo diario, scrisse che durante una passeggiata con alcuni amici nei pressi della città di Kristiania, si sentì suggestionato dal tramonto, dal sole che sembrava immergersi nel mare, causando il colore rosso del cielo e delle nuvole, le quali sembravano così nella sua mente cariche di sangue; i suoi amici, allora, divennero pallide sagome, e la natura rilasciò un urlo lancinante: «i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura… E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura».
L’urlo è considerata una delle opere cardini e anticipatrici dell’Espressionismo: ogni singolo elemento rappresentato è distorto; i colori utilizzati principalmente sono il nero, l’arancione e il blu – che in quanto colori complementari accentuano la forza cromatica del dipinto; le linee sono a volte serpeggianti (come nella rappresentazione dell’urlatore e dei veri elementi naturali), a volte dritte (come nelle due figure nello sfondo, il sentiero e la staccionata), contribuendo alla sensazione di contrasto che pervade l’opera.

2. Sera sul viale Karl Johan: l’incubo di Munch

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Sera sul viale Karl Johan (fonte: Wikipedia)

Dipinto nel 1892, questo è uno dei quadri di Edvard Munch più inquietanti.
La scena rappresentata è quella di un incubo: il viale Karl Johan – il principale di Oslo, all’epoca nota come Kristiania – è affollato da figure cadaveriche vestite di nero che avanzano verso lo spettatore; a loro si contrappone, sulla destra, una figura solitaria, che cammina verso la direzione opposta. I colori utilizzati sono scuri.
Non è difficile intuire che la maggior parte delle figure dipinte, vestite in maniera elegante, rappresenta la borghesia: i loro visi senza alcuna forma precisa se non un paio di occhi perennemente sbarrati – quasi come se stessero indossando delle maschere – sembrano indicare che sono imprigionati dalle norme e convenzioni sociali. Il fatto che Munch le abbia dipinte dal busto in su fa sentire allo spettatore un senso di eccessiva vicinanza fisica, come se non ci fosse spazio per respirare.
A confermare ciò è il palazzo verso cui la strada si prospetta: si tratta dello Stortinget, ovvero il Parlamento, il luogo dove le leggi e le regole sociali vengono emanate. Non a caso esso domina la scena, come se stesse controllando che tutto sia in ordine.
La figura solitaria, invece, rappresenta l’artista che non cerca alcun consenso e dunque si sottrae a quelle stesse norme sociali che controllano il resto della popolazione; si allontana dalla folla perché troppo rumorosa per la sua anima sensibile.

3. Amore e dolore: la donna vampiro

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Amore e dolore (fonte: Wikipedia)

Se Munch ha sempre affermato che il soggetto di questo dipinto è «solo una donna che bacia un uomo sul collo», moltissimi studiosi hanno visto in esso un uomo intrappolato nell’abbraccio di una donna vampiro dai capelli rossi – basti pensare che il primo a chiamarlo “Vampiro”, fu uno degli amici di Munch, il critico Stanisław Przybyszewski, che lo descrisse come «un uomo che è diventato sottomesso, e sul suo collo una faccia da vampiro pungente».
In realtà, come molti dei quadri di Edvard Munch, anche questa ha come tema l’angoscia e il “mal di vivere” che hanno segnato l’intero corso della sua vita, fortemente collegati a due grandi dolori: la morte della madre e della sorella, che causeranno la depressione del padre. L’artista norvegese cercò di attenuare il dolore tramite l’abuso di droghe e di alcool, al quale seguirono numerosi ricoveri in cliniche psichiatriche.
Tornando al quadro, tenendo a mente queste informazioni diventa chiaro che il soggetto del dipinto è la fine di un amore – nella vita reale, questo si rispecchia nella fine della tormentata relazione con Tulla Larsen (tramite un violento litigio, durante il quale il pittore si ferì gravemente alla mano).
I colori che risaltano più all’occhio sono il rosso e l’arancione, in contrasto con il nero e il blu: le tonalità chiare sono utilizzate per dipingere la donna in quanto lei è il fuoco della vita dell’uomo che le sue braccia stanno avvolgendo, rappresentato invece con l’incarnato pallido e il volto bluastro; sembra quasi che lui stia cercando calore tramite un disperato abbraccio, nella creazione di una sorta di bolla protettiva, ma il tentativo di lei di confortarlo, che consiste in un bacio sul collo, risulta invano in quanto il loro amore è ormai finito.
Ed è qui che il titolo originale dell’opera, Amore e dolore, risulta spiegato: le due figure sono raffigurate nell’oscillazione tra il loro amore – rappresentato dal gesto affettuoso della donna – e il dolore causato dalla fine di esso – rappresentato dalla disperazione dell’uomo.

4. La pubertà: Munch e la sessualità

La pubertà (fonte: Wikipedia)

Poniamo ora la nostra attenzione su uno dei quadri di Edvard Munch leggermente diverso dalle opere fino ad ora esplorate: La pubertà, dipinto nel 1895, ha come tema non l’angoscia ma la sessualità, e il passaggio dalla dimensione infantile a quella adulta.
La scena dipinta ha come protagonista una ragazzina nuda in età prepuberale – come dimostra la mancanza di sviluppo del suo corpo – seduta su un letto, in un ambiente spoglio; viene rappresentata in atteggiamento pudico: un braccio è posto su una coscia, mentre l’altro su un ginocchio, ma in maniera tale da aiutare le gambe chiuse a coprire il pube. Nonostante la sua innocenza, la sua espressione – occhi spalancati in uno sguardo fisso e spaventato, bocca serrata – è turbata: è probabile che sia disturbata dai suoi stessi pensieri.
La ragazzina non è però l’unico personaggio presente: accanto a lei, sulla destra, è visibile un’ombra inquietante e minacciosa, che assomiglia a una grande nuvola di fumo. Non è chiaro di cosa si tratti precisamente: potrebbe essere un fantasma, potrebbe essere un demone, oppure – interpretazione decisamente più in linea con l’arte di Munch – potrebbe essere una proiezione simbolica del suo negativo ed agitato stato interiore, causato dal passaggio dalla dimensione innocente dell’infanzia a quella crudele e dolorosa degli adulti. La ragazzina sembra rendersi conto che il suo rapporto con l’altro sesso causerà solo dolore.
Un secondo significato che si può dare a quest’opera è di natura sociale: bisogna ricordare che ancora nell’Ottocento, una volta giunte alla soglia della pubertà le “piccole donne” erano considerate pronte per mettere al mondo dei figli, e per questo erano spesso obbligate a sposarsi, ad abbandonare i propri sogni e le proprie ambizioni in favore della loro nuova vita, fatta di obblighi e doveri che le annullavano completamente.

Fonte immagini: Wikipedia

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