San Biagio a Maratea: storia, leggenda e culto del santo patrono
Il culto di San Biagio è un aspetto fondamentale della cultura marateota e ha radici antiche, in cui la storia si intreccia profondamente con la leggenda.
La leggenda dell’arrivo delle reliquie di San Biagio a Maratea
Era il 732 d.C. quando una nave, in viaggio verso Roma, fu colta da una violenta tempesta che la costrinse a fermarsi sull’isolotto di Santo Janni, a Maratea. A bordo vi era un gruppo di cristiani armeni che portava con sé le reliquie di alcuni santi, tra cui quelle di San Biagio, per salvarle dalla persecuzione iconoclasta di Leone III Isaurico, imperatore bizantino. Una volta approdati sull’isola, secondo la tradizione, accadde qualcosa di inspiegabile: l’urna di marmo in cui era custodito il torace del santo iniziò a emettere una luce accecante, mentre la tempesta cessava. Ogni tentativo di rimettersi in viaggio fu tuttavia inutile, poiché il mare riprendeva il suo tumulto ogni volta che l’urna lasciava il suolo marateota. Davanti a ciò, i viaggiatori armeni decisero di donare le reliquie agli abitanti di Maratea, che nel frattempo erano stati attirati sull’isolotto da quella luce. Il santo fu quindi portato in cima al monte, che prenderà il nome di monte San Biagio, in una chiesa sorta su un antico tempio, che prenderà il nome di Basilica di San Biagio. Oggi, le reliquie sono conservate nella Regia Cappella, il cui marmo fu donato da re Filippo IV d’Asburgo, giunto personalmente in pellegrinaggio per la sua devozione al santo.
La processione di maggio e la devozione dei marateoti
Il culto di San Biagio nella “Perla del Tirreno” è profondamente sentito già dal medioevo. Nel mese di maggio, infatti, i fedeli si recavano al castello per venerare le reliquie. Basti pensare che Papa Pio IV, nel 1562, autenticò il miracolo della manna del santo e concesse l’indulgenza plenaria a chiunque visitasse la basilica. Per i marateoti, uno dei momenti più importanti dell’anno è la festa patronale, che si svolge dal primo sabato alla seconda domenica di maggio. In questo periodo, il simulacro del santo viene portato in processione per la città e le sue frazioni. In particolare, il giovedì, quando la statua scende dalla basilica al centro storico lungo i sentieri del monte, è possibile ammirare le bellezze paesaggistiche di Maratea, con il mare azzurro e il verde dei monti, raccolti nell’abbraccio della statua del Redentore. È un momento speciale che unisce l’intera comunità.
Origine della festa patronale: tra briganti e terremoti
Esistono varie teorie sull’origine di questa tradizione, ma le più accreditate la legano a due eventi storici.
L’attacco dei briganti del 1676
Il 21 maggio 1676, un gruppo di briganti assalì Maratea, che sorprendentemente riuscì a respingere l’attacco perdendo un solo concittadino, a fronte di numerose perdite tra gli assalitori. La salvezza del borgo fu attribuita a un intervento miracoloso di San Biagio, per il quale venne istituita la processione del cero ogni 21 maggio.
Il terremoto del 1694
Quasi vent’anni dopo, l’8 settembre 1694, un violento terremoto devastò l’Irpinia e la Basilicata, causando circa 6000 morti. Miracolosamente, Maratea rimase illesa e non si registrarono vittime. Anche in questo caso si credette a un intervento divino da parte di San Biagio. Nel 1695, quindi, San Biagio venne ufficialmente proclamato patrono di Maratea. Il suo culto fu esteso a otto giorni e rimodellato in una vera e propria festa, per conservare nei secoli a venire il rapporto speciale tra i fedeli e il loro santo patrono.
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