Shinsengumi: la polizia speciale dell’ultimo shogunato Tokugawa

Shinsengumi: la polizia speciale dell'ultimo shogunato Tokugawa

Il nome della Shinsengumi probabilmente farà suonare qualche campanello nella memoria di coloro che abbiano già conoscenze anche basilari della storia giapponese, ed in particolare dell’ultimo periodo dello shogunato Tokugawa, il Bakumatsu. Nel caso non aveste assolutamente idea di cosa sia la Shinsengumi e foste curiosi di scoprirlo, allora questo articolo fa decisamente al caso vostro!

Nozioni fondamentali

La Shinsengumi (新選組, letteralmente “Nuova squadra scelta”) fu un piccolo corpo di polizia speciale fondato dal bakufu (il governo militare) durante il periodo del Bakumatsu e fu attivo soltanto per 6 anni, dal 1863 al 1869. I suoi membri erano cittadini comuni o samurai di rango medio-basso che avevano il compito di proteggere i rappresentanti dello shogunato nella città di Kyōto e di impedire disordini e attentati terroristici. L’eventualità che tali episodi si potessero verificare era particolarmente elevata in un’epoca di sconvolgimenti provocati dall’apertura forzata del Giappone verso l’Occidente e instabilità interna al Paese.

Nel 1854, a seguito dell’arrivo delle celeberrime “navi nere” del Commodoro Matthew C. Perry, il Giappone fu costretto ad aprire i propri porti al commercio con l’intero Occidente dopo più di due secoli di quasi totale isolamento o affrontare la flotta statunitense in un conflitto militare. Le criticità intestine crebbero quando il Giappone e gli Stati Uniti firmarono la Convenzione di Kanagawa, considerato un trattato ineguale a sfavore dello Stato assediato. Tale situazione fece nascere divergenti linee politiche e ideologiche fra la popolazione: da una parte si schierarono coloro che avrebbero tratto vantaggi dalla collaborazione con l’Occidente sul piano commerciale, mentre il fronte opposto fu riempito dalle persone che osteggiavano l’arrivo degli stranieri e si opponevano al termine del sakoku (isolamento) al grido di sonnō jōi (“venerare l’imperatore e scacciare i barbari”).

Le origini: dal Rōshigumi alla Shinsengumi

I lealisti all’Imperatore (shishi), in particolare attivisti del Dominio di Chōshū stanziati a Kyoto, cominciarono a ribellarsi. Al fine di sedare tali scontri, lo shogunato decise di istituire uno speciale corpo di polizia, il Rōshigumi, una squadra di circa 240 rōnin (samurai senza padrone) provenienti dalle scuole di spada di Edo (l’odierna Tokyo). La missione principale del Rōshigumi fu quella di scortare lo shōgun Tokugawa Iemochi durante il viaggio per raggiungere la residenza imperiale e discutere con l’imperatore dei problemi riguardo l’eventuale espulsione degli stranieri. Nonostante il gruppo fosse stato creato dal bakufu, molti dei membri del gruppo e persino il suo leader Kiyokawa Hachirō nutrivano simpatie lealiste e si mobilitarono per reclutare un maggior numero di rōnin all’interno delle proprie fila. Il piano di Kiyokawa fu scoperto ed egli ordinò al Rōshigumi di ritornare ad Edo, dove dalla squadra smantellata emersero 19 membri che fondarono il Mibu Rōshigumi (o Miburō), dal nome del quartiere dove erano stanziati.

Il Miburō era diviso sostanzialmente in tre sottogruppi, associati a tre importanti personalità: Serizawa Kamo, Kondō Isami e Tonouchi Yoshio. Anche fra i componenti del Miburō emersero contrasti e ben presto le ostilità si tramutarono in scontri violenti. Tonouchi fu assassinato da Kondō e Serizawa ordinò a Iesato Tsuguo, un membro del gruppo, di commettere seppuku per aver disertato.

Sotto il rinnovamento apportato da Matsudaira Katamori, il Miburō divenne ufficialmente un corpo di polizia deputato alla protezione delle strade di Kyōto e non solo dello shogunato e mutò il proprio nome in Shinsengumi. I primi comandanti furono Serizawa, Kondō e Niimi Nishiki. In particolare, le incursioni e gli interventi violenti della Shinsengumi furono indirizzati ai ribelli anti-shogunato di Chōshū e di Satsuma, estremamente attivi nella zona.
L’operato e il comportamento di Serizawa risultarono tuttavia nocivi ed imprevedibili, dunque Katamori stabilì che egli fosse una minaccia per l’intero gruppo ed emanò un ordine di uccisione contro di lui e i suoi seguaci. Nello stesso periodo Niimi fu costretto a commettere seppuku per aver violato il regolamento della Shinsengumi. Il 30 ottobre 1863 una squadra guidata da Hijikata Toshizō irruppe in casa di Serizawa e uccise lui, sua moglie e l’alleato Hirayama Gorō. Il luglio successivo, una rinnovata Shinsengumi sgominò una cellula di 20 rivoluzionari di Chōshū che progettava di appiccare incendi in tutta Kyōto durante il famoso “incidente Ikedaya”. Ciò accrebbe enormemente la fama della Shinsengumi e molti guerrieri si unirono alle sue fila.

La guerra Boshin e la fine della Shinsengumi

Nel 1867 lo shōgun Tokugawa Yoshinobu fuggì da Kyōto e la Shinsengumi lasciò la città pacificamente. L’imperatore Meiji salì al trono e dopo più di due secoli il potere effettivo ritornò nelle mani imperiali, segnando così la fine del dominio incontrastato dello shogunato Tokugawa. Questo evento diede inizio anche alla cosiddetta guerra civile Boshin che vide contrapposti i sostenitori dello shōgun (che includevano la Shinsengumi) e quelli dell’imperatore.
Dopo la battaglia di Toba-Fushimi, la Shinsengumi venne rinominata Kōyō Chinbutai (in italiano “Corpo di pacificazione”) e i suoi membri furono mandati a combattere contro le forze imperiali nella battaglia di Kōshū-Katsunuma. Le forze dello shogunato stavano subendo molte perdite e anche all’interno del Kōyō Chinbutai crebbero le tensioni; Nagakura e Harada lasciarono il gruppo e fondarono una nuova unità chiamata Seiheitai. Nel 1868 il Kōyō Chinbutai lasciò Edo e si stabilì temporaneamente a Nagareyama, nella Prefettura di Chiba. Il 26 aprile dello stesso anno il gruppo subì un’imboscata da parte di 200 soldati dell’esercito imperiale e Kondō fu riportato a Edo e sottoposto ad interrogatorio. Egli fu giudicato colpevole di aver partecipato all’assassinio di Sakamoto Ryōma, noto attivista politico di Tosa e condannato a morte tre settimane più tardi.
In seguito alla cocente sconfitta che il Kōyō Chinbutai patì nella battaglia di Aizu, dove molti suoi membri furono catturati e dichiarati prigionieri di guerra, Hijikata e gli ultimi uomini della Shinsengumi entrarono a far parte delle forze della Repubblica di Ezo. Hijikata tentò invano di contrastare le forze imperiali anche cercando di rubare la nave militare Kōtetsu durante la Battaglia della Baia di Miyako, ma i suoi seguaci furono costretti a ritirarsi a Hakodate. Con la morte di Hijikata e la resa della Repubblica di Ezo terminò anche la guerra Boshin, decretando la vittoria della fazione dell’imperatore. Solo pochi membri della Shinsengumi sopravvissero a questo periodo di continui guerre e tumulti, ovvero Nagakura, Saitō e Shimada.

La Shinsengumi: membri e regolamento

Al suo punto di massima espansione la Shinsengumi contava circa 300 membri all’attivo, ma solo alcuni nomi sono rimasti incastonati nella memoria storica. Questa era la gerarchia della squadra dopo l’episodio dell’Ikedaya:

• Comandante: Kondō Isami, maestro del Tennen Rishin-ryū, lo stile di kenjutsu tipicamente associato alla Shinsengumi;
• Segretario generale: Yamanami Keisuke, secondo alcune teorie egli si suicidò dopo aver provato a disertare dalla squadra, mentre altre sostengono che egli ricorse al seppuku mentre era ancora membro della Shinsengumi ma aveva ormai perso fiducia nei confronti dello shogunato;
• Vice-comandante: Hijikata Toshizō, soprannominato “Vice-comandante demoniaco”, combatté e perì nella famosissima Battaglia di Hakodate;
• Consigliere militare: Itō Kashitarō;
• Alcuni dei Capitani di Divisione: Okita Sōji (Prima Divisione), Nagakura Shinpachi (Seconda Divisione), Saitō Hajime (Terza Divisione);
• Spie: Shimada Kai e Yamazaki Susumu.
Il regolamento che vigeva per tutti i componenti della Shinsengumi si fondava sul principio del makoto (il cui kanji 誠 era stampato sui tipici haori bianchi e azzurri degli arruolati), vale a dire sincerità, integrità e onestà a tutti i costi. Hijikata istituì un insieme di norme molto stringenti e la cui rottura prevedeva punizioni severissime, spesso culminanti con l’obbligo del suicidio rituale: era doveroso seguire il bushidō (il codice samuraico), non si poteva lasciare la Shinsengumi ed era anche proibito raccogliere denaro ad uso privato, immischiarsi nei contenziosi altrui ed essere coinvolti in scontri privati. Inoltre, qualora il comandante fosse rimasto ferito mortalmente in battaglia, tutti i soldati presenti avrebbero dovuto uccidersi di conseguenza; era anche proibito raccogliere qualsiasi corpo in battaglia che non fosse quello del capitano dell’unità.

Nella cultura di massa

Con molta probabilità la Shinsengumi è uno degli elementi della storia giapponese più ritratto all’interno di anime, manga e videogiochi, i tipici media popolari del Paese del Sol Levante. I membri della Shinsengumi compaiono come protagonisti del notissimo anime/manga Gintama di Sorachi Hideaki e del fortunato franchise di Hakuōki. Inoltre, gli uomini della Shinsengumi sono associati a noti personaggi della saga videoludica Ryū ga Gotoku (da noi conosciuta col titolo di Yakuza o Like a Dragon) nell’episodio Ishin. Anche il mobile game Fate/Grand Order comprende all’interno dell’ampia gamma di personaggi giocabili molti membri dello speciale corpo di polizia. Infine, Hijikata compare come uno dei protagonisti nell’anime/manga storico Golden Kamuy, scritto e disegnato da Noda Satoru.

Immagine di copertina: Wikipedia

A proposito di Sara Napolitano

Ciao! Sono Sara, studentessa iscritta al terzo anno del corso di laurea Lingue e Culture Comparate presso l'università "L'Orientale" di Napoli. Studio inglese e giapponese (strizzando un po' di più l'occhio all'estremo Est del mondo). Le mie passioni ruotano attorno ad anime, manga, libri, musica, sport, ma anche natura e animali! Da sempre un'irriducibile curiosa.

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