Stato canaglia è un’espressione controversa, utilizzata per riferirsi a quegli Stati percepiti come una minaccia per la pace mondiale. Si ritiene che il termine sia stato impiegato per la prima volta negli anni ’80 dall’amministrazione di Ronald Reagan in riferimento alla Libia di Gheddafi, accusata di sostenere il terrorismo internazionale contro gli Stati Uniti.
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L’evoluzione del termine: da “stato canaglia” a “asse del male”
Il termine Stato canaglia è la traduzione dell’inglese “rogue state”. La parola “rogue” descrive un individuo disonesto o imprevedibile. In politica, indica uno Stato che agisce al di fuori delle norme condivise. L’espressione fu ripresa nel 1994 dall’amministrazione di Bill Clinton, che in seguito preferì la formula più neutra di State of concern (Stato che desta preoccupazione).
La trasformazione più nota avvenne dopo l’11 settembre 2001. L’amministrazione di George W. Bush sostituì il concetto con quello di “axis of evil” (“asse del male”). Nel suo celebre discorso sullo Stato dell’Unione del 2002, Bush identificò una linea che congiungeva Iran, Iraq e Corea del Nord, accusandoli di sostenere il terrorismo e di sviluppare armi di distruzione di massa.
Amministrazione USA | Termine utilizzato | Stati target principali |
---|---|---|
Ronald Reagan (anni ’80) | Stato canaglia (rogue state) | Libia |
Bill Clinton (anni ’90) | Stato canaglia, poi stato di preoccupazione (state of concern) | Corea del nord, iran, iraq |
George W. Bush (dal 2002) | Asse del male (axis of evil) | Iran, iraq, corea del nord |
I criteri per definire uno stato canaglia
È importante sottolineare che “Stato canaglia” non è una categoria giuridica riconosciuta dal diritto internazionale. Si tratta di un’etichetta politica. Generalmente, i criteri usati per definire uno Stato come tale sono:
- Il tentativo di procurarsi o sviluppare armi di distruzione di massa.
- Il sostegno o il finanziamento al terrorismo internazionale.
- La violazione sistematica dei diritti umani.
- Il rifiuto di cooperare con la comunità internazionale e di rispettare le norme condivise, come quelle definite nella Carta delle Nazioni Unite.
Oltre a Iran, Iraq e Corea del Nord, nel corso degli anni anche Cuba, Siria e Sudan sono stati inseriti in questa lista, principalmente dagli Stati Uniti, con inclusioni ed esclusioni basate sul contesto geopolitico.
La prospettiva critica: un’etichetta propagandistica?
Secondo autorevoli intellettuali come Noam Chomsky e Jacques Derrida, l’espressione non è altro che uno strumento di propaganda usato dagli USA per giustificare la propria politica estera. Con la fine della Guerra Fredda, l’America avrebbe cercato un nuovo nemico, etichettando come “canaglia” qualsiasi Stato caratterizzato da un forte nazionalismo non allineato agli interessi occidentali. Questa visione richiama la logica del “White man’s burden“ (“il fardello dell’uomo bianco”) di Kipling, in cui l’imperialismo veniva presentato come un faticoso dovere di civilizzazione. Allo stesso modo, l’etichetta di “Stato canaglia” servirebbe a legittimare interventi e politiche egemoniche.
Efficacia e alternative al concetto di stato canaglia
Molti esperti di relazioni internazionali ritengono il termine controproducente. Si sostiene che questa etichetta impedisca di comprendere le reali motivazioni degli Stati, ostacoli il dialogo e rischi di alimentare le tensioni. Un approccio più costruttivo potrebbe consistere nell’abbandonare categorie vaghe e affrontare le sfide alla sicurezza internazionale caso per caso, attraverso la diplomazia, la cooperazione e il rispetto del diritto internazionale.
Fonte immagine in evidenza: Pixabay
Articolo aggiornato il: 17/09/2025