Boccaccio e Divina Commedia, cosa li lega?

Boccaccio e Divina Commedia, cosa li lega?

Il poeta toscano non conobbe mai Dante, eppure tra Boccaccio e la Divina Commedia c’è un importante legame che mette a confronto due diverse realtà e due grandi poeti.

Giovanni Boccaccio e Dante Alighieri, due grandissimi poeti, sono tra i più importanti letterati della prosa italiana e formano insieme a Petrarca le cosiddette tre corone fiorentine.
Boccaccio, che nacque a Certaldo (Firenze) e visse tra il 1313 e il 1375, fu autore del Decameron, una delle più importanti opere della letteratura del Trecento europeo, nonché la sua opera più famosa e linguisticamente importante: è la prima opera composta da novelle in prosa in lingua volgare.

Il Certaldese fu amico di Petrarca e sin dalla giovinezza ha sempre coltivato un forte interesse per Dante. Boccaccio fu un grande ammiratore del Sommo Poeta, per il quale scrisse il Trattatello in laude di Dante, un’opera in suo onore che mostra molto bene quello che è il legame tra Boccaccio e la Divina Commedia, oltre che con Dante: Boccaccio può essere definito il primo biografo dantesco e fu colui che attribuì alla Commedia l’aggettivo divina.

All’interno del Trattatello in laude di Dante, Boccaccio ha due obiettivi: da una parte si impegna in una minuziosa ricerca sulla vita di Dante, consultando molte delle persone che avevano conosciuto il Poeta dal vivo, oggi si potrebbe dire conducendo una ricerca sul campo. Molti critici che hanno analizzato l’opera, infatti, la ritengono pienamente attendibile, proprio grazie alle informazioni ottenute da testimonianze orali. Dall’altra parte, inserisce all’interno del Trattatello degli elementi quasi leggendari relativi alla vita di Dante, per sottolineare quella che fu la sua dedizione per la poesia e per la lingua. Attraverso la biografia di Dante, Boccaccio mostra l’importanza della Divina Commedia, il ruolo fondamentale dell’attività poetica dantesca e della poesia in generale: il mezzo massimo per poter giungere alla verità.

Per Boccaccio, il poeta è una figura quasi spirituale, l’impegno dell’intellettuale non dovrebbe mai distaccarsi dalla poesia per indirizzare la propria attenzione verso altri campi, come l’impegno politico o il matrimonio: Boccaccio, infatti, rimproverò anche Dante su questo punto, disapprovando la sua vita politica; inoltre, affermò apertamente che il matrimonio rappresenta un vero e proprio limite per il poeta, in quanto la moglie – secondo Boccaccio – costituirebbe una distrazione per il lavoro dell’intellettuale.
Proprio per questo suo punto di vista, tra Boccaccio e la Divina Commedia c’è una grande differenza: il Certaldese si allontana dalla visione della letteratura vicina alla figura femminile, limitando molto l’importanza di Beatrice nella Divina Commedia.

Uno degli elementi più importanti racchiusi nel Trattatello, che mostrano la vicinanza tra Boccaccio e la Divina Commedia, è certamente la lingua usata da Dante: Boccaccio difende con passione la decisione di usare il volgare al posto del latino per il Divin Poema per un motivo molto semplice, ovvero perché in questo modo Dante poté diffondere la propria opera a moltissime persone, sia letterati che illetterati.

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

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