A Bali esiste un piccolo villaggio, chiamato Trunyan, dove i morti non vengono sepolti. Questa scelta deriva da una tradizione antichissima, ancora oggi praticata da una piccola comunità dell’isola, la tribù dei Bali Aga. Il termine aga vuol dire antico infatti gli abitanti sono considerati i discendenti dei Balinesi originali. Trunyan si trova sulla sponda orientale del lago Batur. La sua posizione geografica, particolarmente isolata, lo rende difficilmente raggiungibile e ha contribuito a preservare le antiche (e curiose) tradizioni animiste del posto.
Le tradizioni uniche di Trunyan
L’animismo è una concezione religiosa e spirituale in base alla quale tutti gli elementi della natura possiedono un’anima o uno spirito. Fondamentale in questi casi è la pratica di rituali e cerimoni volti a celebrare la connessione tra uomo e natura, mantenendo l’equilibrio tra i due elementi. Le tradizioni animiste dei Bali Aga hanno radici millenarie che precedono l’avvento di Buddhismo e Induismo. In particolare, i riti funerari potrebbero risalire alla setta neolitica degli Agama Bayu.
A differenza del resto dell’Indonesia, a Trunyan il corpo di chi muore non viene cremato. Il rito funebre è destinato solo alle coppie sposate, in caso contrario il corpo verrà seppellito in un cimitero. Nella cultura Bali Aga, infatti, il matrimonio ha un ruolo fondamentale ed eleva la condizione spirituale di ogni persona. Solo chi è sposato ha raggiunto piena maturità spirituale e ha vissuto una vita di qualità. Essere esposti all’aria dell’albero sacro, se non si è spiritualmente puri, potrebbe alterare l’equilibrio della zona e disturbare gli altri spiriti.
Un altro elemento che è considerato di disturbo è la presenza della donna durante la pratica dei riti funebri. Le donne, infatti, non hanno il permesso di assistere a tali rituali. La spiegazione che viene fornita in relazione a questa scelta ha sempre a che fare con il timore dello squilibrio spirituale. Si crede che la presenza femminile possa attirare spiriti impuri o forze negative, soprattutto se si tratta di donne incinte o in età fertile. All’interno della stessa tribù, l’assenza delle donne viene vista però maggiormente come un atto di protezione che non di esclusione. Assistere ai rituali funebri è considerato spiritualmente pericoloso per le donne poiché troppo traumatico per loro.
Come avviene il rituale
Il corpo viene purificato con acqua piovana, considerata un dono divino poiché arriva dal cielo e serve a togliere le impurità del corpo umano prima del suo ritorno definitivo alla natura. Il cadavere viene poi adagiato sotto l’albero sacro di Taru Menyan e coperto da una gabbia di bambù, per evitare che gli animali si avvicinino. Il corpo viene poi lasciato a decomporsi nella terra fino al totale dissolvimento dei tessuti. Quando il cadavere è completamente decomposto, il cranio viene posto su un altare di pietra situato nelle immediate vicinanze dell’albero.
L’albero, che ha un ruolo centrale nei riti di sepoltura, è un baniano. Un albero tropicale appartenente alla famiglia dei ficus. È facilmente riconoscibile per via della sua grande imponenza e per le radici aeree. È considerato sacro a Bali, ma anche in India, per via del suo legame con gli spiriti e le divinità. Il nome che gli viene attribuito Taru Menyan vuol dire letteralmente albero profumato o incensato. Il profumo è la sua caratteristica principale e aiuta, nei casi di mancata sepoltura, a neutralizzare i cattivi odori dei corpi in decomposizione.
Un’antica leggenda narra l’origine del villaggio e il suo significato sacro. Secondo la leggenda, l’albero attirava l’attenzione di tutti per via del suo profumo dolce e pungente, al punto che il re mandò alcuni suoi uomini a ricercare la fonte di tale profumo, poiché ne era fortemente attratto. Una volta trovato l’albero, il re decise di farci costruire intorno un villaggio. Poco dopo, ricevette degli ordini divini che gli impedivano di abbattere l’albero, poiché esso andava tutelato per la sua funzione spirituale. Gli dei dissero che l’albero bilanciava il mondo dei vivi con quello dei morti.
Ancora oggi i Bali Aga credono che, grazie alla funzione spirituale dell’albero sacro, l’anima del defunto possa finalmente unirsi alla natura e trovare la pace.
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