La Venere Callipigia, simulacro di bellezza e sensualità, fu ritrovata acefala negli scavi della Domus Aurea e acquistata dalla famiglia Farnese nel ‘500.
La famosa statua, alta ben 160 cm, detta anche Afrodite Callipigia, è ospitata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN).
Indice dei contenuti
Carta d’identità dell’opera
Caratteristica | Dettaglio |
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Tipologia | Copia romana da un originale greco perduto |
Epoca | I-II secolo d.C. (l’originale era del 300 a.C. circa) |
Materiale | Marmo |
Altezza | 160 cm |
Luogo di conservazione | Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) |
Storia della statua: dalla Domus Aurea a Napoli
La statua che ammiriamo oggi è una pregevole copia romana, databile al I-II secolo d.C., di un originale in bronzo di epoca ellenistica (circa 300 a.C.), andato perduto. Fu rinvenuta nel XVI secolo a Roma, secondo la tradizione nei pressi della Domus Aurea, priva della testa. Entrò a far parte della collezione della famiglia Farnese e fu restaurata nel 1594. Un successivo e più importante restauro fu eseguito da Carlo Albacini nel 1786, che integrò la testa, le braccia e una gamba. Nel 1787, l’opera fu trasferita a Napoli con il resto della collezione Farnese per volere di Ferdinando IV di Borbone.
Il significato di “Callipigia”
La Venere Callipigia rientra in quell’insieme chiamato Venere Preistorico. La denominazione deriva dal greco: è l’unione delle parole kalòs, ossia bello, e pyghè, che vuol dire natica. Con tale accezione, s’intende una donna “dalle belle natiche”. Negli ultimi anni, i linguisti hanno dichiarato che la parola è rara anche sui vocabolari antichi. Il termine è riportato dal Panzini, nella variante “cappilige”, che traduce: “dalla bella orbita posteriore”; egli stesso ricorda che “la interessante storia di Venere Callipigia è narrata da Ateneo”. Come riportato dall’enciclopedia Treccani, la parola si ritrova anche in un precedente Panlessico italiano, dove è indicata come “callipiga” o “callipige”.
Un canone di bellezza oltre il tempo
Al di là delle interpretazioni, l’Afrodite o Venere Callipigia viene rappresentata con le forme tipiche della sensualità femminile. Una statua da ammirare nella propria bellezza classica, in quei sinuosi movimenti dati dalla lavorazione del marmo e in quei dettagli che ne fanno un capolavoro senza tempo. Ammirando la Venere Callipigia, si noterà subito quella sorta di “danza” armonica, ottenuta grazie al drappeggio del lungo peplo che quasi tocca il suolo. L’ovale è contornato da bei boccoli, che accarezzano il viso, creando una serie di chiaro-scuri, grazie ai quali si apprezza ancor di più la suggestiva opera. L’attenzione inevitabilmente ricadrà sui glutei, perfetti ed eleganti, simbolo di una dea che aiuta a riscoprire la bellezza di una donna propria del classicismo. Attraverso un “gioco” di vedo non vedo, la Venere è immortalata nell’istante in cui è intenta a sollevare il peplo. Un gesto tradizionalmente utilizzato per allontanare la sfortuna. La Venere Callipigia è totalmente discostata da qualsiasi sfera sessuale e rappresenta piuttosto una donna che con un folto velo di mistero si congiunge con quel canone di sopraffina bellezza, priva di malizia.
Immagine in evidenza: Wikipedia
Articolo aggiornato il: 07/09/2025