Yukio Mishima è uno dei pochi autori giapponesi ad aver raggiunto una fama mondiale, ma la sua figura va ben oltre la letteratura. Scrittore, drammaturgo, attore e artista marziale, Mishima è ricordato tanto per i suoi capolavori quanto per il suo gesto finale: il seppuku, il suicidio rituale compiuto nel 1970 come estremo atto di protesta contro la modernità che, a suo dire, aveva corrotto lo spirito tradizionale del Giappone.
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La vita di Yukio Mishima: tra arte e ossessione
Nato a Tōkyō nel 1925 con il nome di Kimitake Hiraoka, la sua infanzia fu segnata dalla figura autoritaria della nonna, che lo introdusse alla letteratura classica e al teatro Nō. Dopo una brillante carriera scolastica e una laurea in giurisprudenza, iniziò a lavorare al Ministero delle Finanze, vivendo una doppia vita: funzionario di giorno e scrittore di notte. Ben presto scelse di dedicarsi interamente alla sua passione, adottando lo pseudonimo Yukio Mishima. Il suo romanzo autobiografico Confessioni di una maschera (1949) lo consacrò come una delle voci più importanti del dopoguerra, esplorando con coraggio il tema della sua omosessualità. Nonostante ciò, nel 1958 si sposò ed ebbe due figli, vivendo la sua intera esistenza in una complessa dualità tra apparenza pubblica e tormento interiore.
Le opere principali di Yukio Mishima
La produzione letteraria di Mishima è vasta e complessa. Ecco una selezione delle sue opere più significative.
Le opere principali di Yukio Mishima | Temi e significato |
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Confessioni di una maschera (1949) | Romanzo di formazione autobiografico che esplora la scoperta dell’omosessualità e il conflitto tra interiorità e maschera sociale. |
Il padiglione d’oro (1956) | Considerato il suo capolavoro, analizza il rapporto tra bellezza, ossessione e distruzione, ispirato a un fatto di cronaca reale. |
Il mare della fertilità (1965-1970) | La sua tetralogia finale, un’epica esplorazione della reincarnazione, del declino dello spirito giapponese e della filosofia dell’autore. |
Lezioni spirituali per giovani samurai (1969) | Un saggio che riassume il suo pensiero, unendo la tradizione del Bushidō alla sua visione moderna di azione, corpo e morte. |
La filosofia della morte e il nazionalismo
Mishima unì il suo ideale di patriota tradizionalista a un’ossessione per la morte. Rifiutava il Giappone pacifista e materialista del dopoguerra, che considerava sottomesso all’Occidente. Per lui, la vera bellezza poteva essere raggiunta solo attraverso l’unione di corpo, spirito e azione, culminando in una morte eroica e significativa. Questa visione lo portò a fondare il Tate no kai (Società dello Scudo), una milizia privata formata da giovani studenti, con lo scopo di difendere l’Imperatore e i valori tradizionali dei samurai.
«Coloro che sono nati con il lieto auspicio degli dèi; Hanno il dovere di morire in bellezza; Senza disperdere i doni ricevuti.»
Scrisse nel suo ultimo libro, La decomposizione dell’angelo, completato il giorno stesso della sua morte.
Il gesto finale: il seppuku del 25 novembre 1970
Il 25 novembre 1970, Mishima e quattro membri del Tate no kai presero in ostaggio un generale della base militare di Ichigaya a Tokyo. Dal balcone del suo ufficio, Mishima tenne un discorso appassionato ai soldati, esortandoli a insorgere per restaurare i poteri dell’Imperatore e abolire la Costituzione pacifista del 1947. Ignorato e deriso, mise in atto il suo piano finale. Dopo aver gridato tre volte “Tennō heika banzai!” (Lunga vita a Sua Maestà l’Imperatore!), rientrò nell’ufficio e compì il seppuku, trafiggendosi il ventre. Come descritto da fonti autorevoli come l’enciclopedia Britannica, il suo suicidio non fu un atto di disperazione, ma l’ultima, scioccante opera d’arte di un uomo che aveva trasformato la sua intera vita in una performance estetica.
Fonte immagine: Wikipedia Japan
Articolo aggiornato il: 28/09/2025