Il teatro Nō: storia e caratteristiche dell’antico teatro giapponese

Il teatro Nō: storia e caratteristiche dell'antico teatro giapponese

In questo articolo vi presenteremo una delle più importanti e caratteristiche forme di teatro giapponese: il teatro Nō (能, letteralmente “abilità”).

 

Il Nō è una tipologia di teatro completamente diversa dalle forme diffuse in Occidente, le quali prediligono l’azione e la trama e hanno l’intento di narrare una storia; il Nō ha come obiettivo primario quello di ricostruire l’atmosfera attorno a un dato episodio (già noto, tratto da opere classiche o eventi religiosi). Il linguaggio usato è molto elusivo e stilizzato, si basa sulla poesia e tutto nel Nō è studiato per raggiungere l’apice della bellezza, dell’eleganza e di un ideale estetico.

 

Le origini

Il teatro Nō è un’arte teatrale risalente al Giappone del XIV secolo e sviluppatasi particolarmente durante il cosiddetto periodo Muromachi. Il periodo Muromachi vide la potente casata militare dei Minamoto essere soppiantata dagli Ashikaga, i quali stabilirono la loro residenza appunto nel quartiere Muromachi nella capitale Kyōto. Molti shōgun Ashikaga furono mecenati e promotori delle forme artistiche vicine ai gusti e alla sensibilità della classe aristocratica. Il teatro Nō nacque come evoluzione di altre forme teatrali diffuse all’epoca, quali il dengaku (associato ai culti shintoisti e alle danze agresti) e il gagaku, che venivano apprezzate soprattutto dagli aristocratici. Le forme di intrattenimento popolare erano invece il sangaku (che raccontava storie comiche o edificanti) e il sarugaku; durante gli spettacoli per il popolo non era raro assistere anche a esibizioni di giocolieri e funamboli come i noronji o di monaci itineranti come i biwa hōshi. L’attore Kan’ami decise di elevare il sarugaku e proprio da esso egli elaborò l’arte teatrale del Nō, la quale ancora oggi ha un’ulteriore costola, il teatro comico kyōgen. Il Nō è caratterizzato dalla danza e dal canto, mentre il kyōgen predilige una sovrabbondanza di espressività e presenza scenica degli attori e un racconto di facile comprensione.

 

Il teatro Nō di Kan’ami e Zeami

Nel 1374 lo shōgun Ashikaga no Yoshimitsu assistette ad uno spettacolo messo in scena da Kan’ami Kiyotsugu e da suo figlio Zeami Motokiyo. Yoshimitsu, pur essendo ancora molto giovane all’epoca (era solo diciassettenne), deteneva già molto potere e rimase così folgorato dalla bravura di Zeami da decidere di sostenere e patrocinare l’attività artistica della compagnia e tenere Zeami sotto la propria ala protettiva (fonti storiche sostengono che i due fossero anche amanti).
Grazie a Zeami il teatro Nō conobbe il suo punto di massimo splendore. In particolare, Zeami contribuì a porre l’accento sui testi dei drammi di Nō, scritti in una lingua molto elegante e vicina a quella utilizzata nella poesia di epoca Heian. Alla morte di Yoshimitsu l’egemonia del gruppo di Zeami cominciò a declinare e quindi il maestro drammaturgo decise di tramandare la propria arte per iscritto, cosa che al tempo non era attuata. Raccolse in 21 trattati critici denominati densho le informazioni riguardo le basi, la struttura e la filosofia del teatro Nō, nonché l’importanza dei ruoli degli attori. Il più importante densho di Zeami è il Fūshikaden (風姿花伝, “La trasmissione del fiore attraverso le forme”).
Nel Nō il fiore rappresenta l’elemento più elegante e il massimo detentore insieme alla figura del bambino dello yūgen, la grazia. In questo trattato Zeami introduce anche il concetto dello Jo-ha-kyū (inizio-rottura-conclusione), il principio che scandisce l’ordine delle rappresentazioni in una giornata di teatro Nō.

 

Caratteristiche del teatro Nō: palco, attori e maschere

Gli attori del Nō sono obbligati a seguire dei movimenti ben precisi durante una rappresentazione, essi non possono improvvisare nulla, che sia un passo con un piede o un lieve cenno del capo. I movimenti sono chiamati kata e i passi di danza assumono il nome di mai. Oltre agli attori, sul palco è presente un piccolo gruppo di musicisti (hayashi), formato da quattro membri, che suonano tamburi e il fue, tipico flauto giapponese. I percussionisti sono anche gli autori dei particolarissimi kakegoe, dei suoni gutturali o simili a urla lanciati durante lo spettacolo.
I ruoli attoriali del teatro Nō sono fissi e comprendono:

Lo shite (仕手): attore protagonista;

Lo waki (脇): il deuteragonista;

Tsure e tomo (連れ, とも): ruoli secondari;

Il kokata (子方): attore bambino che però può interpretare anche ruoli adulti;

Lo ai-kyōgen (間狂言): abitante del luogo in cui si svolge l’azione e che narra la storia in lingua vernacolare, interpretato da attori di kyōgen);

Il kōken (後見): assistente.

Il palco del Nō è volutamente minimalista e quasi del tutto spoglio di scenografia, fatta eccezione per alcuni elementi dall’elevato significato simbolico. Il tetto del butai (palco) ricorda nella forma quello delle pagode e serve a delimitare un vero e proprio spazio sacro; il palco è infatti considerato un’unità di spazio su cui discende la divinità e attraverso il proprio prolungamento crea un’unione fra butai e platea, pubblico e attori. Esso è orientato verso Sud per sfruttare meglio la luce, ma anche per far sì che lo hashigakari (il ponte attraversato dall’attore protagonista) si trovi ad Ovest. Il motivo dietro tale scelta è da ricollegare alla religione buddhista, secondo cui ad Ovest si troverebbe il paradiso del Buddha Amida della Terra Pura; lo hashigakari diviene quindi un collegamento ideale fra il mondo dei vivi e dei morti. Il palco è inoltre inclinato per permettere al pubblico di osservare anche i movimenti dei piedi degli attori e al di sotto si trovano delle giare usate come casse di risonanza per favorire l’acustica.
Sullo sfondo si erge la kagami-ita, una parete decorata generalmente dal disegno di un pino, il cosiddetto pino yōgō sotto cui si narrava danzassero le divinità. Il pino è un albero molto importante della tradizione giapponese, poiché esso è associato alla longevità ed è un simbolo di buon auspicio.
Di fronte allo hashigakari si trova il kiridō, un’altra parete su cui è ritratto un bambù. L’immagine del bambù ha la funzione di ricordare all’attore protagonista il suo compito, che non è quello di recitare, bensì di diventare il suo personaggio, di annullare se stesso durante lo spettacolo. La preparazione dello shite avviene in una speciale stanza, chiamata kagami no ma, che non è visibile al pubblico. In essa lo shite ripudia il realismo (è impossibile imitare il realismo perché permane sempre la patina di falsità) e accoglie in sé il personaggio, lo abbraccia nella sua interezza attraverso lo specchio; egli lo lascia agire e fa sì che esso prenda del tutto possesso del suo corpo indossando la maschera.
Le maschere, elemento cardine del teatro Nō, sono indossate soltanto dallo shite e servono ad annullare qualsiasi intromissione della mimica facciale dell’attore. Tuttavia, l’abilità dello shite sta nel riuscire a trasmettere una vasta gamma di espressioni ed emozioni grazie ai movimenti. Difatti, le maschere (nōmen o omote) sono costruite in modo tale da produrre varie espressioni in base alla diversa inclinazione e incidenza della luce su di esse.

Il teatro Nō: storia e caratteristiche dell'antico teatro giapponese
Maschera da hannya, Fonte: Wikipedia
Il teatro Nō: storia e caratteristiche dell'antico teatro giapponese
Maschera da wakaotoko, Fonte: Wikipedia
Il teatro Nō: storia e caratteristiche dell'antico teatro giapponese
Diverse espressioni su una stessa maschera, Fonte: Wikipedia

Tipologie dei drammi

In base al soggetto, le rappresentazioni del Nō si possono suddividere in tre grandi categorie:

Mugen-nō (夢幻能): caratterizzato dalla rappresentazione della dimensione onirica, di scenari e storie sovrannaturali, in cui lo scorrere del tempo non è lineare e si richiede uno sforzo immaginifico al pubblico nell’interpretazione della vicenda;

Genzai-nō (現在能): racconta di storie con personaggi umani e il tempo della narrazione è lineare;

Ryōkake-nō (両掛能): un ibrido fra le due precedenti tipologie.

In base alle tematiche affrontate e al ruolo dello shite, i drammi di Nō si dividono in cinque categorie:

Kami mono (神物): lo shite interpreta una divinità, spesso travestita da essere umano nella prima parte della rappresentazione;

Shura mono (修羅物): lo shite interpreta lo spirito in genere di un samurai ritornato dal mondo dei morti per essere salvato da un monaco;

Katsura mono (鬘物): lo shite interpreta un ruolo femminile (nel Nō gli attori sono solo uomini) e vi è un largo uso della danza;

Oni mono (鬼物): lo shite interpreta mostri o demoni e il ritmo della narrazione è molto veloce e intenso; questa tipologia chiude la giornata Nō;

Kyōran mono/Genzai mono/Onryō mono (狂乱物, 怨霊物, 現在物): sottocategorie di drammi che spesso vedono lo shite nel ruolo di un personaggio vendicativo o pazzo.

Immagine di copertina: Wikipedia

A proposito di Sara Napolitano

Ciao! Sono Sara, studentessa iscritta al terzo anno del corso di laurea Lingue e Culture Comparate presso l'università "L'Orientale" di Napoli. Studio inglese e giapponese (strizzando un po' di più l'occhio all'estremo Est del mondo). Le mie passioni ruotano attorno ad anime, manga, libri, musica, sport, ma anche natura e animali! Da sempre un'irriducibile curiosa.

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