Il termine informale punch drunk (letteralmente “ubriaco di pugni”) descrive da quasi un secolo la confusione e il disorientamento che i pugili possono manifestare dopo ripetuti colpi alla testa. Questa espressione evoca un’immagine potente degli effetti dei traumi sul cervello, ma oggi la scienza ha dato un nome preciso a questa condizione: encefalopatia traumatica cronica (CTE), una malattia neurodegenerativa che non riguarda solo il pugilato.
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Dalla “demenza pugilistica” alla CTE: un po’ di storia
Il termine punch drunk fu coniato negli anni ’20 per descrivere la condizione dei pugili che, a fine carriera, manifestavano problemi neurologici simili alla demenza. Per decenni, questa condizione è stata considerata un rischio quasi esclusivo del pugilato. Solo negli ultimi anni, grazie a nuove tecniche di analisi e a studi su atleti di altre discipline, si è compreso che il fenomeno è molto più vasto. La ricerca ha dimostrato che la CTE può colpire chiunque sia esposto a traumi cranici ripetuti, come i giocatori di football americano, rugby, hockey e i militari.
Cos’è la CTE e cosa la causa?
L’encefalopatia traumatica cronica, o CTE, è il nome scientifico di una malattia degenerativa del cervello causata da ripetuti traumi cranici, che possono essere sia commozioni cerebrali conclamate sia colpi sub-concussivi (impatti che non causano sintomi evidenti). Questi traumi innescano una reazione a catena nel cervello, che porta a un accumulo anomalo di una proteina chiamata tau. L’accumulo di proteina tau forma degli aggregati che danneggiano e uccidono le cellule cerebrali, causando un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive e comportamentali, come spiegato da fonti mediche autorevoli come i Manuali MSD.
I sintomi della CTE: una progressione a stadi
I sintomi della CTE possono manifestarsi anche a distanza di anni o decenni dagli ultimi traumi. La malattia progredisce tipicamente attraverso quattro stadi, con un peggioramento graduale dei sintomi.
Stadio | Sintomi comuni |
---|---|
Stadio 1 | Mal di testa, difficoltà di concentrazione. |
Stadio 2 | Depressione, sbalzi d’umore, impulsività, primi problemi di memoria a breve termine. |
Stadio 3 | Disfunzioni esecutive (difficoltà a pianificare e organizzare), problemi visuo-spaziali, apatia. |
Stadio 4 | Demenza conclamata, grave perdita di memoria, difficoltà di linguaggio e aggressività. |
La diagnosi complessa della CTE
Diagnosticare la CTE con certezza mentre una persona è ancora in vita resta una sfida complessa. Attualmente, l’unica diagnosi definitiva può essere fatta solo dopo la morte, attraverso un’analisi autoptica del cervello (post-mortem) che rivela la presenza e la distribuzione degli aggregati di proteina tau. Tuttavia, la ricerca scientifica sta facendo enormi progressi. Gli scienziati stanno lavorando allo sviluppo di biomarcatori (attraverso analisi del sangue o del liquido cerebrospinale) e di tecniche avanzate di imaging cerebrale per poter diagnosticare la CTE in vita, un passo fondamentale per poter intervenire precocemente.
Prevenzione e futuro degli sport di contatto
Poiché non esiste una cura per la CTE, l’unica arma è la prevenzione. Questo ha aperto un acceso dibattito sulla sicurezza negli sport di contatto. Le principali leghe sportive, dalla NFL al mondo del pugilato, stanno introducendo nuovi protocolli per la gestione delle commozioni cerebrali, regole di gioco modificate per ridurre i colpi alla testa e tecnologie più avanzate per i caschi e le protezioni. Il futuro di queste discipline dipenderà dalla capacità di bilanciare lo spettacolo e la tradizione con la necessità primaria di proteggere la salute a lungo termine degli atleti.
Fonte immagine dell’articolo: Boston University CTE Center da Wikipedia
Articolo aggiornato il: 08/09/2025