Gli anni ’80 furono per il Brasile un periodo di fermento politico e sociale in cui emerse la Democrazia Corinthiana. Questo metodo nacque per eliminare le rigide gerarchie che caratterizzavano le società di calcio. Si trattava di una cellula politica idealista, che nel combattere per i propri diritti, trovò la forza per diventare un movimento attivo contro la dittatura militare che affliggeva il Brasile in quegli anni.
Il contesto storico in cui nacque il movimento
Per comprendere la portata sociale e culturale della Democrazia Corinthiana, è necessario conoscere la situazione del Brasile a partire dagli anni ’60. Nel 1964 in Brasile si verificò un colpo di Stato: fu destituito il presidente Joao Goulart e venne instaurata una dittatura militare. Nel giro di poco tempo fu chiuso il congresso e il regime sospese tutte le attività legislative. Nel 1968, il controllo sulla popolazione diventò sempre più stringente con azioni di propaganda anche all’interno degli organi scolastici e le università, oltre ad una forte censura e repressione per chiunque si dimostrasse contrario al regime. Grazie agli effetti del boom economico, il Brasile portò avanti una crescita economica costante per qualche anno. L’idillio finì, lasciando spazio a crisi d’occupazione, forti disuguaglianze e movimenti sociali che chiedevano a gran voce un ritorno alla democrazia.
Parallelamente il calcio brasiliano attraversava un momento duro, con una continua repressione delle libertà dei calciatori. Per sfidare questo modello autoritario e sovvertire lo status quo, Sócrates, Wladimir e Walter Casagrande fondarono la Democrazia Corinthiana. Sócrates era la guida intellettuale e il volto del movimento. Il Doutor da bola (soprannome dovuto al suo percorso di studi universitari, che lo aveva portato a laurearsi in medicina) veniva da una famiglia benestante, ma diventò simbolo dei deboli e della resistenza al regime, usando il calcio come mezzo per promuovere il cambiamento sociale. Wladimir era il capitano della squadra e un punto di riferimento per Sócrates. Il terzino veniva apprezzato per la sua capacità di battersi per tutelare i calciatori e i meno fortunati. Fu tra i promotori del movimento per l’emancipazione degli afrobrasiliani. Casagrande era l’emblema delle nuove generazioni, un giovane attaccante ribelle che sfidava costantemente il regime.
Le origini della Democrazia Corinthiana
Per la nascita dell’iniziativa, fu necessario attendere la crisi del Timão con la destituzione del presidente Vicente Mateus e la successiva elezione di Waldemar Pires nel 1981. L’arrivo del nuovo presidente fu fondamentale nell’assecondare le richieste di calciatori come Wladimir e Sócrates che già da tempo chiedevano di essere resi partecipi delle decisioni della dirigenza. Un’altra figura fondamentale per la buona riuscita del progetto fu Adilson Monteiro Alves, direttore sportivo del club, che durante i primi colloqui con i calciatori suggerì che tutte le decisioni riguardanti il club fossero prese in assemblea. Il sistema del Corinthians era molto semplice, ma rivoluzionario: ogni provvedimento doveva essere preso democraticamente coinvolgendo tutta la rosa, ma anche lo staff e l’allenatore, tutti con lo stesso potere decisionale. Questo sistema fu applicato non solo alle questioni di campo, ma anche a tutti gli altri ambiti: dalle scelte di vita quotidiana (come gli orari degli allenamenti) alle prese di posizione sulla politica.
Le vittorie del Campionato Paulista nel 1982 e 1983 dimostrarono che un modello democratico poteva avere successo anche nel calcio, ma soprattutto resero più popolare il Corinthians agli occhi della gente. La fiducia acquisita permise al club di lanciare più facilmente messaggi politici come: «Vota il 15» per sostenere la partecipazione alle prime elezioni legislative sotto dittatura. Al termine del campionato successivo i giocatori del Timão scesero in campo con lo striscione: «Vincere o perdere, ma sempre in democrazia».
I giocatori del Corinthians sostennero anche l’emendamento costituzionale per l’elezione diretta del presidente. Sócrates divenne uno dei volti della mobilitazione, promettendo che in caso di esito positivo avrebbe rifiutato la corte dei top club italiani. Il 17 aprile 1984 arrivò il verdetto: l’emendamento non aveva raggiunto i voti necessari. Questa battuta d’arresto non fu decisiva per la fine del processo di democratizzazione del Brasile, ma per il tramonto del movimento. Sócrates lasciò il Brasile, firmando con la Fiorentina, Casagrande lo raggiunse in Italia e Adilson non fu eletto presidente, senza i suoi leader la Democrazia Corinthiana cessò di esistere.
L’eredità della Democrazia Corinthiana
Seppur breve, l’esperienza della Democrazia Corinthiana influenzò profondamente la gestione dei club sportivi, ma soprattutto lasciò un segno indelebile nella coscienza sociale e politica del Brasile. Sócrates e compagni mostrarono come il calcio potesse essere una forza dirompente per facilitare il cambiamento sociale, un modo per abbattere le strutture autoritarie dentro e fuori dal campo.
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