Al termine della stagione 1974/1975, conclusa con un secondo posto dietro la Juventus, arrivò a Napoli il bomber Giuseppe Savoldi. Il presidente Ferlaino decise di fare follie per regalare a mister Vinicio l’attaccante giusto per colmare il gap con i bianconeri. Il centravanti arrivò il 10 luglio, all’epoca l’ultimo giorno di calciomercato. L’operazione costò ai partenopei un totale di due miliardi di lire – 1 miliardo e 400 milioni sommati al cartellino di Sergio Clerici e la comproprietà di Rosario Rampanti – una cifra esorbitante per quegli anni che lo rese il calciatore più pagato di sempre. I tifosi risposero presente e sottoscrissero la bellezza di 75.000 abbonamenti. L’acquisto di Savoldi, però, non suscitò solamente reazioni positive.
Il contesto socio-economico di Napoli all’arrivo di Giuseppe Savoldi
Napoli non godeva certo del benessere e del turismo florido di oggi e la cifra record spesa per il calciatore non poté che far nascere numerose polemiche, soprattutto se confrontata al contesto socio-economico del capoluogo partenopeo. In quel periodo Napoli attraversava un momento molto difficile tra proteste studentesche, la disoccupazione cresciuta a dismisura e gravi disagi con la nettezza urbana (i netturbini erano in sciopero per i mancati pagamenti da parte del Comune). I problemi citati si sommavano alla situazione di una città ancora provata dall’emergenza colera di appena due anni prima.
La reazione dei giornali all’acquisto di Savoldi
A seguito di quest’acquisto, l’opinione pubblica italiana si compattò su una linea comune: quella dell’indignazione.
Il Corriere della Sera diede la notizia in prima pagina, accompagnandola con una foto di piazza Municipio piena di rifiuti. Giovanni Russo, giornalista del Corriere, espresse tutto il suo disappunto spiegando che l’acquisto di Savoldi non fosse altro che un modo per placare le proteste e la rabbia dei cittadini, indorando la pillola con un idolo da venerare, nascondendo tutto ciò che nel capoluogo campano non funzionava. Russo criticò questa scelta parlando di una «politica del panem et circenses». Per il giornalista: «Napoli non ha bisogno di idoli da adorare, ma di una trasformazione reale del modo di governare la città».
Anche la Gazzetta dello Sport scelse di intervenire a gamba tesa sulla questione. L’articolo della rosea raccontò che il primo contratto fu scritto sulla carta da lettere di un albergo. Proseguendo, il quotidiano scelse di utilizzare le sue pagine come mezzo di segnalazione per la Lega Calcio, chiedendo a Ferlaino di mostrare le fidejussioni bancarie necessarie come garanzia per un impegno economico così cospicuo. Il direttore dell’epoca, Remo Grigliè, parlò di «record dell’assurdo», commentando il costoso trasferimento in questo modo: «questa somma-vertigine, puntata come alla roulette sul nerboruto calciatore bergamasco sia, se non un atto vergognoso, un atto diseducativo. Lo sarebbe stato dappertutto – a Torino come a Milano – ma lo è soprattutto a Napoli, la nostra metropoli più povera e malata».
Tra le accuse e l’indignazione generale, uno dei pochi a muoversi in senso contrario fu Enzo Biagi che scrisse: «L’ingegnere Ferlaino non è né un dissipatore né un Pulcinella: è un freddo manager che si adegua alla realtà. Fa il suo mestiere molto bene. Non tocca a lui risolvere le secolari questioni sociali, realizzare le riforme e la giustizia: spaghetti, casa, un moderato lavoro, ma il suo compito è organizzare la migliore formazione degli azzurri. Non ha offeso la miseria, caso mai l’ha consolata».
L’esperienza di Mister due miliardi con la maglia degli azzurri fu positiva, ma non abbastanza per vincere il tanto sognato scudetto. Giuseppe Savoldi segnò 77 gol in 165 presenze con il Napoli, vincendo una Coppa Italia e raggiungendo una semifinale di Coppa delle Coppe contro l’Anderlecht. Savoldi cercò anche di cavalcare l’onda mediatica attraverso un merchandising incentrato sulla sua figura, incidendo anche due dischi in vinile. Tuttavia, la storia dell’attaccante resterà sempre legata ai sogni e alle polemiche dell’estate del suo arrivo.
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