Imola 1994, il weekend nero della Formula 1

Imola 1994, il weekend nero della Formula 1

«Motorsport is dangerous» («Il motorsport è pericoloso»), ha detto qualcuno una volta. E in tante – troppe – occasioni, questo monito si è rivelato essere vero. Nel 1950, anno in cui nasce la Formula 1, le corse erano tutt’altro che sicure: non esistevano, infatti, sistemi di sicurezza e le vetture erano molto più inaffidabili di quelle odierne, senza contare i circuiti pericolosi. Tanti sono stati i sogni e le vite spezzate sull’asfalto rovente, ma ci sono storie ed eventi che è impossibile dimenticare, che restano indelebili nella memoria e nel cuore. Il weekend di Imola 1994 è uno di questi, una di quelle storie dal finale tragico che ti lasciano il vuoto ma che ti insegnano anche qualcosa. Questo è stato il Gran Premio di San Marino del 1994, passato alla storia come il weekend più nero della Formula 1, durante il quale è successo l’impensabile: due piloti morti, uno coinvolto in un incidente grave ma rimasto illeso e feriti tra gli spettatori nelle tribune.

Imola 1994. Venerdì, 29 aprile: l’incidente di Rubens Barrichello

Il terribile weekend di Imola 1994 inizia il venerdì, quando, durante le prove libere, il giovane pilota brasiliano Rubens Barrichello esce di pista alla Variante Bassa e va a sbattere violentemente contro le reti di protezione: la vettura rimbalza all’indietro, girandosi più volte per poi atterrare ribaltata. Barrichello viene estratto dall’abitacolo, privo di sensi, e viene trasportato al centro medico. Nonostante l’impatto violento, il pilota brasiliano se la cava con qualche frattura e una leggera amnesia. Il più preoccupato di tutti è il suo mentore, Ayrton Senna, che corre a fargli visita per poi rassicurare tutti: «Sta bene, sta bene», ripete ai microfoni.

Sembra un miracolo, che il giovane Rubinho sia rimasto illeso da un incidente del genere, ma nessuno sa che quello, in realtà è soltanto l’inizio di un terribile incubo.

Sabato, 30 aprile: la morte di Roland Ratzenberger

Il giorno seguente, il sabato, un’altra tragedia, che questa volta colpisce l’austriaco Roland Ratzenberger: all’uscita della curva del Tamburello, a causa della rottura dell’ala anteriore, il pilota perde il controllo della vettura e si schianta a più di 300 km/h contro il muro della curva Villeneuve. Per la seconda volta nello stesso weekend, tutti rimangono col fiato sospeso e la preoccupazione si fa strada tra il pubblico. Anche in questo caso l’impatto è molto violento, ma si capisce subito che la situazione, purtroppo, è diversa dall’incidente del giorno precedente: la vettura è quasi completamente distrutta, la testa del pilota che ciondola da un lato. I soccorsi arrivano sul posto, ma l’intervento dello staff medico non basta. Roland Ratzenberger perde la vita all’età di 33 anni, sull’asfalto di un circuito che ha fatto la storia dell’automobilismo, nell’anno del suo esordio: quella di Imola 1994 è e sarà per sempre la terza e ultima partecipazione a un weekend di gara della carriera di Roland.

Roland Ratzenbgerger
Roland Ratzenbgerger poco prima dell’incidente; fonte: Wikimedia Commons

Sull’Autodromo Enzo e Dino Ferrari aleggia un’atmosfera cupa, i meccanici, gli spettatori, il pubblico che guarda da casa è sconvolto, ma più di tutti lo è Ayrton Senna, che si fa accompagnare sul punto dell’incidente, si ferma a parlare con il medico e amico Sid Watkins, il quale gli consiglia di non scendere in pista il giorno successivo. Parole che, oggi, sembrano quasi premonitrici. Senna è visibilmente preoccupato, soprattutto per quello che può accadere ancora, tanto da chiedere di annullare la gara, richiesta che, però, viene respinta. Nelle qualifiche del sabato riesce ad ottenere la pole position, ma c’è poco da festeggiare, viste le circostanze.

Domenica, 1° maggio: dall’incidente in partenza all’addio ad Ayrton Senna

Nonostante una vita spezzata e una tragedia sfiorata, il circus non si ferma. Ayrton preferirebbe non correre, ma sa che non può, ha bisogno di scendere in pista. Allora, decide di correre anche per Ratzenberger, di ricordarlo come merita: si procura una bandiera austrica e la sistema nell’abitacolo. Sale in macchina e inizia il suo rituale pre-gara, un rituale che ripete sempre prima di un gran premio e che segue meticolosamente per l’ultima volta proprio a Imola in quella domenica di maggio 1994: si isola dai rumori che lo circondano e tira fuori una piccola Bibbia. Prega, per Roland, per sé stesso, per tutti. Abbassa la visiera del casco, pronto a vincere e a sventolare quella bandiera austriaca in ricordo di Roland. Il destino, però, si intromette e decide una fine diversa.

In partenza si verifica il terzo incidente del weekend di Imola 1994, quando la Benetton di Lehto rimane ferma per un problema tecnico e Lamy non riesce a scansarla, prendendola in pieno. Lo scontro tra le due vetture è tale che due gomme e diversi detriti oltrepassano le reti di protezione finendo sulle tribune e ferendo alcuni spettatori. Ma, anche in questo caso così come lo era stato per l’incidente di Barrichello, è solo un episodio che precede l’ennesima tragedia in quello che è poi passato alla storia come il weekend più nero della Formula 1.

Alle 14:17, nel corso del settimo giro, lo sterzo della Williams di Senna si spezza e la vettura esce di pista alla curva del Tamburello, andando a sbattere contro il muro. Una parte della sospensione sfonda il casco del pilota, fino ad arrivare al cranio. La testa di Ayrton è immobile, lo staff medico cerca di tirarlo fuori dall’abitacolo e quando lo fa, c’è sangue ovunque. La gente che guarda prega, incredula. Ma le preghiere non bastano. E mentre Ayrton Senna viene trasportato in ospedale, dove se ne va qualche ora dopo, la bandiera austriaca rimane nell’abitacolo, intrisa di sangue, in attesa di essere sventolata.

Senna
Ayrton Senna qualche istante prima dell’impatto; fonte: Netflix, trailer ufficiale di Senna

Il weekend di Imola del 1994, però, non termina lì, come se due morti non fossero abbastanza per interrompere lo show. La gara continua e a vincerla è il giovane Michael Schumacher, ma a nessuno importa, perché Senna, il grande Ayrton Senna, non c’è più. Una morte, quella del Magic, che sconvolge il mondo del motorsport e non solo. E tutto l’amore e la stima per il campione brasiliano si percepiscono il giorno dei funerali, a San Paolo. A trasportare la sua bara ci sono amici e colleghi, tra questi Alain Prost, rivale di una vita poi diventato amico e confidente. Tra centinaia di migliaia di persone che sono lì per dire addio al pilota brasiliano, scorrono fiumi di lacrime, in ricordo dell’uomo che era Ayrton.

Da Imola 1994 a oggi: il ricordo di Roland Ratzenberger e la leggenda di Ayrton Senna

Imola 1994, un weekend terribile, il più terribile di tutti, ha lasciato il segno in Formula 1 e le morti di Ratzenberger e Senna non sono state vane, tutt’altro: i loro incidenti mortali hanno fatto smuovere le coscienze e portato a miglioramenti importanti dal punto di vista della sicurezza, un sacrificio di cui tutti avrebbero voluto fare a meno ma che non è andato perduto.

Il cuore di Ayrton si è fermato in quel pomeriggio di maggio del 1994, ma lui continua a vivere nei ricordi e nei racconti di chi ha avuto il privilegio di vederlo correre. Ayrton continua a vivere nella memoria di chi ancora si emoziona quando sente il suo nome, continua – e continuerà – a ispirare le giovani generazioni di piloti e pilote. Nel 1997 nel Parco delle Acque Minerali, nei pressi della curva del Tamburello – dove la vita di Ayrton si è spezzata -, è stato eretto un monumento in ricordo del pilota brasiliano e ogni appassionato che passa di lì lascia qualcosa, dei fiori, una bandiera, una foto, un messaggio, segno che la leggenda di Ayrton Senna vive.

«E ho deciso, una notte di maggio
In una terra di sognatori
Ho deciso che toccava, forse, a me
E ho capito che Dio mi aveva dato
Il potere di far tornare indietro il mondo
Rimbalzando nella curva insieme a me
Mi ha detto “Chiudi gli occhi e riposa”».

Lucio Dalla, Ayrton

Fonte immagine di copertina: Wikimedia Commons

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