Don Giovanni del limite e della finzione (Sala Assoli) | Recensione

Don Giovanni del limite e della finzione

In Sala Assoli rinasce, innovativo e imprevedibile, il Don Giovanni di Molière col titolo Don Giovanni del limite e della finzione per la produzione di Piccola Città Teatro (organizzazione e amministrazione a cura di Viola Forestiero).

Se l’opera del 1665 in passato ha avuto poco seguito per il lungimirante tentativo di voler scuotere le certezze di coloro avvezzi a farsele imporre, oggi il Don Giovanni del limite e della finzione di Mario Autore assume un connotato ancora più evidente e necessario. Nell’occuparsi della traduzione e dell’adattamento, Antonio Piccolo trasforma il testo di Molière arricchendolo di alternative linguistiche moderne e che sottolineino la portata contemporanea del capolavoro. Allo stesso modo, le direttive registiche di Mario Autore dislocano i personaggi in un nonluogo: la scena, a cura di Filippo Stasi, si svolge su di un disco bianco, che oltre ad apparire anonimo è anche senza tempo, come designano i costumi ideati da Federica Del Gaudio: Sganarello (Antonio Piccolo) e Don Giovanni (Ettore Nigro) indossano abiti d’epoca in contrasto con quelli a noi più consoni che vestono le donne sedotte da quest’ultimo (Anna Bocchino e Federica Pirone). In questo spazio, i personaggi appaiono come in balia, sospesi, in attesa che lo spettatore li afferri e li trasferisca nel proprio immaginario, apponendo dei contorni alle loro figure, come si fa con le storie che sembra ci appartengano.

Difatti il Don Giovanni (del limite e della finzione) si specchia facilmente in qualsiasi realtà si ritrovi. Egli, nonostante sia stato ingiustamente ridotto a modello di instancabile ed insaziabile seduttore (basti pensare a Kirkegaard), cela da sempre un aspetto assai più profondo.  Per quanto frainteso, egli incarna essenzialmente la locuzione “sapere aude” (abbi il coraggio di conoscere): colui che contrasta i dettami della società (e della chiesa) nel tentativo di svelarne la natura ipocrita, caratteristica definita come un vizio di moda e quindi, considerata da tutti una virtù. È questa l’incoerenza che l’illuminista ante litteram accusa e che professa di poter scardinare con la razionalità (che in se è la cultura e il progresso che abbatte l’ignoranza e la superstizione).

Don Giovanni è, in questo spettacolo, il libero pensatore che nel corso della narrazione dimostra l’evidenza dei propri ideali sicuri, è certo di essere egli stesso padrone del proprio destino ed è altrettanto convinto che gli altri si nascondano dietro la fede per agire nel suo stesso modo: “Voglio ripararmi anche io sotto questo tetto, così sistemerò i miei affari!”. A oscuragli le verità di questa considerazione, Anna Bocchino, nei panni di Donna Elvira, lo implora di redimersi e affidarsi al cielo, nella speranza che questo possa giovargli. Federica Pirone, nello spettacolo Don Giovanni del limite e della finzione, interpreta intensamente anche l’impietosa ed impetuosa madre che è ridotta al disprezzo per un figlio ribelle.

Un’interessante appendice aggiunta al personaggio di Sganarello (che nell’opera di Molière fa uso di tabacco, simbolo dell’imborghesimento) è il suo ausilio di sostanze stupefacenti, probabilmente a rappresentanza di un’ulteriore tendenza del nostro presente. Ma ciò che maggormente salta all’occhio sono le varie identità assunte da Mario Autore (che si occupa anche delle musiche). Due dei personaggi da lui interpretati sono straordinariamente emblematici ed imprevedibilmente  connessi. Prima, l’attore interpreta un mendicante che fa prova a Don Giovanni della solidità della propria fede nel momento in cui si trova costretto a rifiutare del denaro a costo di una richiesta che tradirebbe il suo Dio. Poi, come se questo evento avesse avuto lo scopo di testare la clemenza del protagonista, il mendicante cambia cappello e si trasforma nella statua del commendatore. Quest’ultimo è il simbolo della fatalità del “peccato”, dell’irrimediabilità dell’errore, delle conseguenze che comporta il guardare oltre. Egli è lo stesso Dio che tende una mano a Don Giovanni per farlo zittire una volta per tutte, palesando il fatto che in effetti sopra di noi vige un qualcosa che,  sotto forme diverse, ci oscura la vista su alcune verità.

Infine, per quanto il titolo dello spettacolo denoti un Don Giovanni “del limite e della finzione”, in seguito a queste riflessioni, la sua indole sembra essere piuttosto quella di un uomo dell’eccesso e della verità:  “Io ho un cuore che può amare il mondo intero”.

Don Giovanni del limite e della finzione, traduzione e adattamento di Antonio Piccolo, regia e musiche di Mario Autore.  Con gli interpreti Mario Autore, Anna Bocchino, Ettore Nigro, Antonio Piccolo, Federica Pirone. Scene di Filippo Stasi, costumi di Federica Del Gaudio, organizzazione e amministrazione a cura di Viola Forestiero. Con la produzione di Piccola Città Teatro.

Fonte dell’immagine in evidenza per Don Giovanni del limite e della finzione (Sala Assoli) | Recensione: ufficio stampa.

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