Feste, della Familie Flöz | Recensione

Feste, della Familie Flöz | Recensione

La Familie Flöz va in scena con la centesima replica di Feste

Feste di Familie Flöz, compagnia situata a Berlino, debutta anche a Napoli al Teatro Bellini, il quale dopo la pièce ungherese Pieces of a Woman ancora una volta accoglie una proposta non italiana allargando i suoi confini. Lo spettacolo è diretto da Michael Vogel con l’aiuto regia di Bjoern Leese, musicato dal vivo da Maraike Brüning al pianoforte e Majella Münz al violoncello e interpretato da Andres Angulo, Johannes Stubenvoll e Thomas van Ouwerkerk. Feste si presenta come un susseguirsi di maschere – di Hajo Schüler – che si alternano sul palcoscenico mentre creano situazioni al confine tra il tragico e il comico, componendo una favola muta per adulti.

La recensione

Feste non segue nessun testo all’insegna del logos, bensì parte da una tematica e la sviluppa con scenette che hanno il sapore di essere improvvisate, ma che non per questo debbano essere intese come superficiali, anzi, esse presuppongono una tecnica precisa e una forte presenza scenica. Infatti, la drammaturgia dello spettacolo nasce dall’immaginazione creativa di tutto il team, attori, regista e aiuto regia insieme, ricamando sul tema scelto varie storie possibili. Parte da un canovaccio di base: una villa in riva a mare ospita un ricco matrimonio, ma la vera vita struggente e meravigliosa allo stesso tempo si svolge dietro al cortile, tra coloro i quali vengono definiti “la plebe”. È proprio tra questa gente che si riscontra la vera autenticità, nonostante la miseria e tutte le complessità annesse. Feste da voce agli ultimi, guarda alla loro povertà gridando che questa è solo materiale e non scelta, mentre la povertà di spirito è dei potenti rinchiusi nel loro mondo ingenuamente favoloso – non è un caso che il debutto si sia tenuto il 25 aprile. Servirà una donna incinta sopraggiunta inaspettatamente con uno zaino pesante sulle spalle per chiedere un po’ di riposo dal suo viaggio per mettere a nudo i ruoli e ribaltarli nelle nostre coscienze.

Feste, dunque, è uno spettacolo difficile da definire e tutto sommato non serve neanche che lo si faccia, ha così tante sfumature che la sua bellezza comunica tramite queste. È una favola, è una reminiscenza di tutto un panorama teatrale della Commedia dell’Arte, è avanguardia e sperimentazione, non ha mai un’unica forma ed è mutevole come lo è la cultura, come lo sono i tempi. La Familie Flöz, infatti, avvia una ricerca teatrale che pone al suo centro una drammaturgia manifestata innanzitutto nel corpo, nella sua azione precisa e puntuale e, quindi, in quelle maschere che pur nella loro materiale immobilità si fondono con gli attori e gli spettatori comunicando svariate intenzioni di altrettanto numerosi personaggi. Feste nei suoi silenzi ma con quelle sue caricature dense di significati parla un linguaggio comune, accoglie e restituisce un sentire coinvolgente l’intera platea, nessuno escluso. Ed è davvero sorprendente che tutto questo lavoro lo riescano a fare stare in piedi soltanto tre attori e due musiciste, con un lavoro di squadra intenso e ben calibrato e con un’intesa eccezionale, rendendo il senso di un teatro come gioco collettivo.

Fonte immagine di copertina: Teatro Bellini

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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