Incontro di Eduardo Di Pietro dà il via alla stagione 2025/2026 del Piccolo Bellini di Napoli, in scena dal 23 al 28 settembre con Federica Carruba Toscano e Lorenzo Izzo per una produzione di Collettivo lunAzione in coproduzione con Teatro della Caduta. Una donna, sulla trentina, sopravvissuta alla morte violenta del fratello innocente; un ragazzino, pressappoco diciassettenne, che sopravvive ogni giorno alla violenza, dopo avere subito anch’egli la morte di un fratello probabilmente non così innocente. Le storie di entrambi, così alle due opposte estremità di una stessa tragica sofferenza, si incontrano durante un confronto scolastico, interscambiandosi tra le macerie di quella rovinosa sorte.
Attraverso questa drammaturgia simmetrica, Incontro di Eduardo Di Pietro esplora una società profondamente ferita. Due storie, così agli antipodi eppure così altrettanto unite da un dolore viscerale, si traducono nell’esigenza urgente di entrare in contatto con un’intimità inesplorata e che grida all’ascolto. Un incontro, dunque, durante il quale si rivelano divergenze importanti, bisogni reconditi, richieste implosive di un abbraccio che esplori e ricomponga quei resti impolverati. Uno spettacolo di un’interiorità capace di armare il pubblico di pensiero e coscienza, perché si tratta di provare a restituire spirito critico, nei termini di dubbi e ricerche, nonché empatia con un altro che, per quanto distante possa essere, abita lo stesso mondo.
Il corpo parla: le macerie tra alleanze e fragilità

Il sipario, aperto fin dal primo istante, rivela un palcoscenico pieno di macerie impolverate. Giuliana (Federica Carruba Toscano) entra in punta di piedi, si schiarisce la voce e inizia a raccontare la storia dell’omicidio casuale del fratello da parte della criminalità organizzata. Mattia (Lorenzo Izzo) se ne sta seduto inaspettatamente tra il pubblico, disturba la narrazione all’apparenza distratto, ma forse questa stessa distrazione è il segnale di un disagio abissale sia dell’individuo che del contesto sociale che lo circonda. Un espediente e una scenografia in cui vi si inserisce (di Barbara Veloce) che descrivono fin da subito un tipo di spettacolo coinvolgente ed eloquente: Incontro di Eduardo Di Pietro non si riveste di particolari effetti e lascia che siano le anime a unirsi in un’esperienza catartica collettiva.
Insomma, Incontro di Eduardo Di Pietro è un teatro fisico. Entrambi gli interpreti si immergono nelle interpretazioni dei rispettivi personaggi ma a un certo punto si interscambiano, ciascuno dei due conosce e abbraccia la realtà dell’altro attraverso gesti, sguardi, sfioramenti. Ed è proprio qui, in tali confini labili, nelle spaccature tra una realtà sofferta e l’altra altrettanto pregna, che si insinua il confronto generando, appunto, un incontro necessario. In questo modo, il pubblico ha la possibilità di entrare in contatto con due dimensioni differenti senza pregiudizio, anzi, con una commozione viscerale e importante.
Incontro di Eduardo Di Pietro è un esercizio di empatia

Ad oggi la richiesta di un’educazione all’empatia si rivela quanto più urgente possibile. Al netto di guerre, fatti di cronaca che descrivono generazioni “bruciate”, che sembrano avere disimparato cosa significa sentire il prossimo, tra le tante domande poste ci si chiede anche quale ruolo debba avere la cultura. Proprio quest’ultima che dovrebbe sensibilizzare a un esercizio di contatto tramite la conoscenza, l’ascolto, ci si pone l’interrogativo su come ricollocarla affinché possa avere lo spazio necessario. A questo punto, Incontro di Eduardo Di Pietro risponde con l’idea di un teatro che si fa atto politico: non di schieramento, bensì di azione, nei termini della scelta se stare dalla parte del silenzio o di una manifestazione aperta.
Tra quelle macerie il teatro diventa spazio di ricomposizione simbolica, in cui quelle vite spezzate si ritrovano e si riconoscono nel senso della condivisione collettiva. Allora, Incontro di Eduardo Di Pietro si fa gesto, al di là dell’essenza di spettacolo teatrale, si fa spazio accogliente di una condivisione critica, si fa reciprocità attiva nel segno di un riconoscimento affettivo. Non è poi un caso che l’assunto da cui parte per la sua narrazione sia la scuola, un terreno dove nascono gli incontri, dove deve essere possibile un’educazione profonda all’empatia, da cui si dipanano urgenti le responsabilità per creare un mondo più umano.
Fonte immagini: Ufficio Stampa