Per l’ultimo appuntamento della XIV edizione del Teatro (alla deriva) al Giardino con la direzione artistica di Giovanni Meola va in scena La voce a te dovuta, un testo di Sharon Amato.
Due gemelle e un podcast: il racconto del femminile
Anche quest’anno 2025 giunge al termine la rassegna del Teatro (alla deriva) al Giardino, alla sua XIV edizione, con un cambio significativo di panorama – infatti, come si evince dal titolo del programma, il sito non è più presso le Terme Stufe di Nerone bensì al Giardino dell’Orco, con una vista poetica del Lago d’Averno. E per l’ultimo appuntamento, il 27 luglio, va in scena La voce a te dovuta, un testo di Sharon Amato, portato sul palco naturale con la regia di Ettore Nigro e le interpretazioni delle due gemelle Anna e Clara Bocchino.

Due gemelle e un podcast: La voce a te dovuta è il titolo di un format pensato per un mondo in via di estinzione in cui donne vittime di violenza possano esprimersi e ritrovare un’utilità nella condivisione. Un progetto durante il quale si scontrano le idee di due protagoniste così uguali nella fisionomia e così diverse nel pensiero. Infatti, una incarna un pensiero razionale, a tratti cinico, che non vede la funzionalità di quel percorso poiché tanto la violenza si continua a perpetuare; l’altra, al contrario, agisce con un pensiero di pancia, empatico, rasentando l’ideologia in nome di una battaglia necessaria dinanzi a un male sociale.
La voce a te dovuta e la lotta al patriarcato
In un mondo giunto quasi allo sfinimento, si leggono e si sentono storie di violenza, si diffonde la parola “femminicidio”, le statistiche parlano chiaro, i numeri in continuo aumento. Ma ciò che non si sente, che resta inascoltato perché in fin dei conti inesplorato è la voce di quelle donne vittime fin troppo spesso di abusi. La voce a te dovuta, al di là della narrazione ai fini della scena, è uno spettacolo che tenta di muoversi su questo terreno poco frequentato, fatto di voci assenti, di una sofferenza con la quale poco si empatizza.
Sembra surreale, eppure propone una realtà terribilmente vera: le storie di cui si alimenta La voce a te dovuta sono narrate da chiunque tranne che dalle vittime stesse. Tant’è che lo scontro tra le due protagoniste scaturisce proprio da questa problematica. Il punto è se sia davvero funzionale creare un tale spazio di ascolto o se ci sia bisogno di un’azione più concreta e se, addirittura, questa sia possibile. Questioni non facili da trattare e che riguardano una tematica perfettamente inserita nella grande era del patriarcato, a oggi messa in mostra per essere discussa.

E tutto sommato l’intento nobile che va riconosciuto allo spettacolo La voce a te dovuta è proprio quello di porre dinanzi al pubblico un problema sociale, politico, culturale fortemente attuale e concreto. Non viene indagata soltanto la vittima, ma anche la prospettiva di chi abusa e gli effetti che ne scaturiscono, così come le modalità di reazione da parte di chi è la terza parte in gioco. Cosa ne deriva? «Silenzio», la grande assenza di voce denunciata. Al netto di una drammaturgia abbastanza didascalica per certi aspetti e che poteva essere spezzata per un effetto più scenicamente di impatto, il pensiero che si dipana è indubbiamente concreto e necessario che venga espresso.
Fonte immagini: Ufficio Stampa – foto di Davide Russo