L’insolita lezione del professor O.T. al Piccolo Bellini

L'insolita lezione del professor O.T.

Il 21 e il 22 febbraio è andato in scena al “Piccolo Belllini”, “L’insolita lezione del professor O.T.”, un monologo in otto voci con Bruno Tràmice, per la regia e il testo di Massimo Maraviglia.

Tratto da un’idea di Bruno Tràmice, il racconto è ambientato in 26 Novembre di un anno imprecisato. Un professore entra in una classe immaginaria chiassosa e distratta e, con fare disinvolto, toglie cappello e cappotto, e apre la sua valigia, da cui estrae oggetti di cancelleria e insoliti strumenti. Gli alunni immaginari tacciono e il professore, dopo aver informato la classe di essere lì per sostituire qualcuno e di un essere un docente di Storia e Filosofia, comincia a parlare della vita e dell’imperatore Federico II. L’argomento del giorno ben presto conduce il professor O.T. a una filosofica digressione sul concetto del credere, per poi arrivare a un’altra storia, questa volta non di imperatori, ma di una famiglia comune, coinvolta in un tragico fatto di cronaca. Un laccio di scarpe si spezza la mattina di un normale giorno di scuola e Costantino Orfeo perde l’autobus che dovrà portarlo scuola: un evento comune e insignificante si trasforma in una pallottola vagante di un attentato camorristico che uccide trafigge a morte il giovane, che si trovava a passare di lì per puro caso.

Il racconto dell’insegnante diventa allora la minuziosa e delicata descrizione dell’attraversamento di un dolore che vede coinvolti tutti i membri della famiglia di Costantino: Rosario il padre, Bianca la madre e, soprattutto, Ferdinando, suo fratello gemello. Il racconto del professore diventa quindi la descrizione dettagliata del dolore dei membri di una famiglia affetti dalla perdita di un loro: Costantino ha lasciato Rosario il padre, Bianca la madre e, Ferdinando, suo fratello gemello.

Un’aula con una lavagna, delle sedie e una scrivania, si trasforma in casa Orfeo a Forcella, in ristorante e caverna, e Bruno Tràmice, unico attore in scena, interpreta tutti i protagonisti di questo racconto nel racconto. Tràmice, attraverso la sua voce e il suo corpo, dà la parola ai membri della famiglia Orfeo, stravolta dell’imprevedibilità del caso, e alle persone che vi ruotano attorno, e non lo fa in maniera banale o macchiettistica, ma porta la spettatole dove vuole lui, tenendo la sua attenzione senza mai sbavare.

La storia del professore si sposta sul gemello di Costantino, il da poco maggiorenne Ferdinando Orfeo che, venuto a sapere di alcune “porte di confine”, decide di armarsi dalla sua fedele chitarra e di coraggio e scendere agli Inferi, ma non quelli descritti nella letteratura, perché “le porte di confine le portiamo dentro, nascoste e sbarrate”. Un fratello, svuotato dalla perdita del gemello reagisce al dolore cercando di riportare alla vita, come un moderno Orfeo, il proprio caro. Nel pomeriggio di domenica 23 Novembre 1980, Ferdinando attraversa una botola e rincontra Costantino, forse lo sta immaginando, o forse la botola era davvero una porta di confine, dove il tempo e lo spazio hanno un fluire diverso. Ferdinando si ricongiunge al Costantino: i due corrono verso l’esterno, un grido, la caverna vibra di una forza che racchiude le voci di tutti coloro che il caso e la mancanza di coraggio hanno ucciso: la forza del terremoto del 1980. Il corpo di Ferdinando verrà ritrovato tre giorni dopo, proprio il 26 Novembre.

La lezione si conclude e il professore finalmente si introduce come Orfeo Travasci, un nome che non ci risulta completamente estraneo. Quella raccontata da Travasci è una storia senza lieto fine, forse perché le storie non hanno mai una fine, e in fin dei conti nemmeno un fine: le storie sono nient’altro che il risultato dell’intreccio di altre storie, che vanno a creare fitte trame fatte da indizi, rimandi, casualità, scelte e, perché no, anche da lacci che si spezzano.

L’insolita lezione del professor O.T.: tra mito e filosofia

In “L’insolita lezione del professor O.T.” Maraviglia “cuce” sapientemente un testo in cui si intrecciano storia, filosofia e mito, un racconto dove la memoria collettiva e la personale e sofferta vicenda familiare si “allacciano”, per incontrarsi in uno oltre il tempo, tra il vero, e quello che crediamo essere vero. Forse la più concreta tra le opere di Maraviglia, non è meno riconoscibile rispetto agli altri testi del drammaturgo. Complice l’impeccabile e mai scontata interpretazione di Bruno Tràmice, attraverso le scelte registiche, l’ironia, il rapporto meta teatrale con il pubblico e la riflessione filosofica, Maraviglia ancora una volta dona al pubblico del grande teatro, non quello delle grandi scenografie e delle regie astruse, ma quello che riesce ad arrivare oltre le semplici travi del palcoscenico.

 

Immagine di copertina: ufficio stampa

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Valeria Vacchiarino (1999), studia Lingue e Culture dell'Europa e delle Americhe a L'Orientale di Napoli, città che ormai considera la sua seconda casa. Amante dei libri, del cinema e del teatro, ha una grande passione per la musica jazz.

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