MDLSX: una nuova ricerca MOTUS | Recensione

MDLSX: una nuova ricerca MOTUS | Recensione

MDLSX, scritto da Silvia Calderoni e Daniela Nicolò, interpretato dalla stessa Calderoni, con la regia di Enrico Casagrande e la Nicolò, per una produzione Motus 2015, dopo avere fatto il giro del mondo sbarca al Piccolo Bellini di Napoli, in scena dal 13 al 16 gennaio 2022.

MDLSX è «un inno lisergico»

Lì dove il teatro racconta, MDLSX urla. Se il teatro prevede il susseguirsi di musiche calibrate dietro le quinte, MDLSX le porta sulla scena, alla mercé di tutti, con un effetto assordante. Se il teatro vuole un gioco di luci sapiente, MDLSX ci gioca come un bambino inesperto attratto dai molteplici effetti dei colori. Lì dove il pubblico aspetta, MDLSX stronca ogni tipo di aspettativa.

È uno spettacolo anarchico, che segue le sue regole e rende vane quelle imposte dal flavour che si ha nel momento in cui si assiste ad una messa in scena. Sul palcoscenico, allora, si susseguono frasi sospese dette giocando con gli effetti vocali al microfono, video biografici di una piccola e adolescente Silvia Calderoni, immagini di fiori che nascono e si trasformano, musiche sfrenate e altre più romantiche, luci multicolore proiettate sulla parete, passi di danza sconnessi ed una scenografia che non ha niente di scenografico. MDLSX non ha un modo di essere con una sua categoria di appartenenza: è uno spettacolo che semplicemente è, è sé stesso e basta.

L’identità di genere

Ma se MDLSX non vuole essere uno spettacolo che rappresenti qualcosa, allo stesso tempo sfrutta la scena come spazio per dire qualcosa e finanche il corpo dell’artista diventa un pezzo di drammaturgia che racconta una realtà. In questa ambiguità voluta, come simbolo di ciò che è e basta senza troppi preamboli o specificazioni, si parla di un ermafrodito, un nato maschio in un corpo di donna, e del suo lungo percorso di accettazione che va dalla consapevolezza di essere ritenuto «un mostro» alla straordinaria rivelazione di essere sé stesso: «Non sarebbe stato tutto più semplice se fossi rimasta com’eri?», Silvia risponde al padre: «Io sono sempre stata così».

Quella che appare come l’ambiguità per eccellenza agli occhi di una società velata è la questione del gender b(l)ending, che si estende al più universale interrogativo: a cosa serve catalogare? MDLSX, pertanto, abbraccia un senso molto più ampio di accettazione, che parte dall’identità di genere fino al colore della pelle, all’orientamento sessuale, alla propria volontà di credere in qualcosa e, soprattutto, di ritenersi qualcuno. Se appare ambiguo non sapere riconoscere Silvia Calderoni nella categoria predefinita di donna o di uomo, ella stessa mostra quanto sia una ricchezza: sentirsi liberi da un dogma imposto da terzi, decidere da sé e per sé cosa diventare e scoprirlo sorprendendosi ogni volta. Questo significa essere: scegliere cosa o chi diventare dipendentemente dalla propria volontà e non da quella altrui.

Aspettando il momento in cui non si spalancherà più la bocca davanti ad una verità che erroneamente si pensa che sia equivoca o ambigua, MDLSX lancia un messaggio importante: aspettarsi che una persona venga collocata in automatico in una categoria che si è abituati di ritenere unicamente valida è deleterio; al contrario, bisogna aprirsi ad un mood di accettazione – intesa innanzitutto come consapevolezza, coscienza – verso realtà esistenti che sono altre rispetto alla propria. È giusto definirle diverse? È giusto se, poi, anche la propria realtà è diversa rispetto alle altre, si è tutti diversi gli uni dagli altri e forse è proprio qui il valore da cui ripartire per un mondo migliore. Ma di fondo, al di là della personalissima ricerca di identità, siamo tutti esseri umani che dovrebbero stringersi la mano, un valore attuale che MDLSX propone invadendo il campo di una comunicazione nuova, senza regole e per questo vicina più che mai alla ricerca di libertà, della felicità, al desiderio rivoluzionario di fare sentire la propria voce.

Quando si esce dal teatro, dopo avere visto MDLSX, non si ha la sensazione di avere visto qualcosa di canonico. Anzi, si potrebbe anche restare infastiditi a tratti: uno spettacolo sicuramente non facile da comprendere sul momento per la sua referenzialità, che presuppone una piena conoscenza ai testi letterari ed alla musica, né è facile per il pubblico gestire una drammaturgia che crea per circa un’ora una sorta di loop allucinato, accentuandone la sua anarchia e dispiegando così le sue ali per librarsi. Ma MDLSX è uno spettacolo che si apprezza il giorno dopo, mettendosi davanti ad un foglio bianco per buttare giù il proprio resoconto, momento indiscusso per esprimere il proprio pensiero; lo si apprezza al mattino, davanti ad una tazzina di caffè, rimuginando su quanto vissuto la sera precedente. È in questi momenti lontani dai rumori, distanti dalle chiacchiere di cui si riempie la società, che si comprende il valore della felicità di cui MDLSX rende partecipi.  

Fonte immagine: Teatro Bellini   

A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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