Misurare il salto delle rane, di Carrozzeria Orfeo | CTF

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Al Teatro Nuovo per l’edizione 2025/2026 del Campania Teatro Festival va in scena Misurare il salto delle rane, una nuova produzione di Carrozzeria Orfeo, il 24 e 25 giugno.

Misurare il salto delle rane, di Carrozzeria Orfeo | CTF
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La narrazione di una forza primordiale femminile

Una storia che parla al femminile, tra metafore e caustica comicità paradossale di resistenza e metamorfosi: Misurare il salto delle rane è il titolo scelto per il nuovo spettacolo di Carrozzeria Orfeo. Tre donne di generazioni diverse e tre storie di resilienza in un piccolo borgo di pescatori. Lori, la più anziana, si rinchiude all’interno di un’umile casa con luci soffuse lasciandosi avvolgere dall’oscurità dopo l’inspiegabile suicidio della figlia, vive di ricordi e di perché senza risposte; Betti, praticamente una nipote acquisita, viene bollata come una “matta” e intanto allena la piccola rana Froggy per partecipare alla gara di salto, mantenendo la promessa fatta all’inseparabile amica, suicidatasi, di mangiare gli M&M’s del proprio colore preferito; Iris, infine, trova un messaggio in una bottiglia, ultimo saluto alla vita, e nel seguire la verità riscopre sé stessa.

A unire le tre storie di Misurare il salto delle rane, solo all’apparenza distanti tra di loro, è la dimensione di un inspiegabile lutto. Non una morte qualsiasi: la giovane ragazza assente in questione si è gettata nel lago dopo una storia d’amore e di sofferenza, un gesto certamente terribile e complesso, ma allo stesso tempo la dichiarazione di una presa di posizione nei confronti di un mondo che esprimendosi al maschile l’avrebbe pregiudicata. Pertanto, ognuna delle protagoniste della pièce in qualche modo rifiuta le etichette imposte dalle convenzioni esterne, portando con sé un esempio di resilienza e di lotta. Le figure maschili sono identificate come minacce esterne, tanto più nell’ambientazione significativa di un piccolo borgo. A questo punto, il salto della rana diventa simbolo del tentativo di liberarsi dalle catene imposte: «La rana, creatura anfibia, vive tra due mondi: è simbolo di metamorfosi e adattamento, ma anche di resilienza e forza femminile primordiale. Il suo salto rappresenta un movimento di trasformazione, l’abbandono di uno stato precedente per approdare a uno nuovo» – Gabriele Di Luca, drammaturgo.

Misurare il salto delle rane, di Carrozzeria Orfeo | CTF
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Misurare il salto delle rane, una dark comedy tra gravità e leggerezza

Misurare il salto delle rane viaggia su un binario dolceamaro, lungo il quale la gravità del dolore si alterna e si fonde con una capacità di leggerezza straordinariamente comunicativa e per niente sminuente. Anzi, la drammaturgia va a coadiuvare il lavoro della regia e delle interpretazioni restituendo tutto il carico emotivo della rappresentazione. Battute mordaci tagliano una realtà cruda e, insieme alla struttura teatrale in cui sono inseriti, trasmettono un pathos coinvolgente anche per il pubblico. Carrozzeria Orfeo rivela la sua capacità di dare agli spettatori un quadro lucido su una realtà senza grumi di ipocrisia, tratteggiando i contorni di un’umanità composita non catalogabile, ci si figuri definibile, in senso definitivo. È questo focus che cattura l’attenzione della platea, facendo in modo che quest’ultima si senta coinvolta perché narrata in quel bisogno intenso di essere accolta ed espressa.

Da questa prospettiva, tutti gli elementi strutturali che convergono in Misurare il salto delle rane riconsegnano un modo di fare teatro articolato. Se la scenografia costruita con minuziosità va tutto sommato controcorrente rispetto a quella spoglia ed esistenzialistica propria dell’idea di teatro sperimentale, che ancora assilla il concetto artistico di contemporaneità, la drammaturgia sferzante e la regia dinamica conferiscono tratti pop. Finanche la linea visiva è in un certo senso cinematografica, come se seguisse un susseguirsi di scene che vanno a comporre un unico film. Ma l’impianto teatrale emerge in tutta la sua chiarezza in quella meravigliosa abilità di rendere sentimenti, percezioni ed emozioni tangibili in quanto fatte di carne e ossa. Il tutto sorretto da una fondamentale vivacità satirica dei toni e dei gesti.

Misurare il salto delle rane, di Carrozzeria Orfeo | CTF
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Il teatro di Carrozzeria Orfeo: dove finisce la scena e inizia il pensiero

Con Misurare il salto delle rane, il teatro di Carrozzeria Orfeo mette in atto un rito collettivo e, quindi, catartico di elaborazione, dove la morte non è fine ma inizio di una trasformazione concreta e allo stesso modo intimamente personale. Non è soltanto la narrazione di una storia, bensì anche e in particolare lo scavare nelle pieghe più recondite dell’animo umano, da cui il dolore fuoriesce e si esorcizza attraverso l’ironia, il gesto e il silenzio. Ognuna di quelle tre donne in gioco – così come colei che è assente per eccellenza – si misura con l’assurdo gesto del salto, che sia in uno specchio d’acqua o metaforicamente nella vita, e in questo gesto assurdo, imprevedibile e forse proprio per questo liberatorio, vi risiede una puntuale possibilità di rinascita.

Il valore della rappresentazione di Misurare il salto delle rane sta in questa potenzialità di fare del teatro non soltanto un esercizio visivo: dove finisce la scena inizia il pensiero, viene messo in evidenza un incredibile esercizio di immedesimazione e di riflessione verso una contemporaneità attuale. Non è un caso sviluppare uno spettacolo al femminile, durante il quale poi emergono anche varie questioni di genere – soprattutto dal personaggio di Betti, un’identità fluida e forse proprio per questo poco compresa dall’esterno. Quel borgo sul lago, con la sua atmosfera rarefatta, si trasforma in un microcosmo universale a ridosso del quale si rifrange il disagio contemporaneo e il desiderio di liberazione. Non ci sono moralismi, ma vi è un profondo affondo in un’esistenza che necessita di senso, di comunicazione condivisa e accolta.

Fonte immagini nel testo e immagine in evidenza: Ufficio Stampa

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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