Tre modi per non morire, con Toni Servillo | Recensione

Tre modi per non morire, di Giuseppe Montesano e con Toni Servillo

Tre modi per non morire è il nuovo testo di Giuseppe Montesano, portato in scena con la regia e l’interpretazione di Toni Servillo

Dal 24 al 29 gennaio è in scena al Teatro Bellini Tre modi per non morire, un viaggio teatrale tra i versi di Baudelaire, Dante e la filosofia greca, raccolti e uniti in un unico flusso continuo sottoforma di monologo da Giuseppe Montesano. Lo spettacolo è diretto e interpretato da Toni Servillo ed è coprodotto da Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, con l’appoggio fondamentale anche di Associazione Culturale Agenzia Teatri.

Tre modi per non morire: percorsi di comprensione

Una scena a sipario aperto. Al centro soltanto un leggio, che sarà riempito poi dalla presenza scenica di Toni Servillo. Nuda, priva di orpelli o di qualsiasi convenzione si presenta la scenografia di Tre modi per non morire: a rivestire il tutto ci sono soltanto le parole eterne di Baudelaire, di Dante e dei filosofi greci e tanto basta, non serve riempire con altro. Così, la pièce ci porta indietro nel tempo fino all’antichità e da lì costruisce un ponte immaginario che collega il passato al nostro presente, dove quei versi e quelle prose, che hanno fondato tanta parte della nostra cultura, risuonano vivi più che mai dimostrando la loro eterna attualità.

Tre modi per non morire ci racconta di un antidoto fondamentale, cioè la poesia. Essa è portatrice di bellezza, di quella purezza ancestrale che sa veramente cambiare il mondo nel tempo, combattendo contro le ingiustizie, baciando il dolore e offrendo una cura che rivoluziona gli animi nel profondo. Il luogo dove la poesia si avvera, ma non solo, si concretizza anche è il teatro: secondo la più antica lezione dei greci, qui l’essere umano può conoscersi e riconoscersi all’insegna di un’esperienza collettiva, condivisa; qui, si scorgono nuovi orizzonti e si scoprono altri paesaggi dell’anima da abitare; qui, infine, si trova l’amore, il senso della vita. Ed è attraverso questo viaggio teatrale che Tre modi per non morire ci avanza la richiesta di non dimenticarci di vivere, nonostante tutto.

Pillole di riflessioni su derive teatrali

L’intento che sembra esserci dietro al testo di Tre modi per non morire, di Montesano, è sacro, una missione quanto mai necessaria al giorno d’oggi di ripresa e rielaborazione dei classici, che sono tali proprio per il loro eterno potere evocativo di generazione in generazione, e non è sicuramente scontato sapere cogliere questo bisogno per l’attuale cultura tutta. Neanche l’interpretazione di Servillo potrebbe mai meritare contestazioni, poiché siamo davanti a un attore che il palcoscenico non solo lo sente ma lo vive fino all’ultimo chiodo battuto su quelle tavole di legno: con quel suo modo di recitare che lo rende così simile a una maschera, è capace di racchiudere in ciascuna ruga di espressione tutta una tradizione napoletana che, però, non ricade su sé stessa ma si estende al sentire dell’umanità in generale, parlando la lingua delle sue gioie e dei suoi dolori.

Eppure, ci sono dei limiti all’interno dello spettacolo Tre modi per non morire. In virtù del fatto che un lavoro di critica non risponde alle categorie “bello” o “brutto” ma cerca, si pone e formula delle domande alle quali prova a rispondere in modo mai univoco, ma nei termini di “provocazione”, condivisione e confronto, davanti a uno spettacolo come Tre modi per non morire ci si chiede: perché portare in scena una tale dinamica teatrale? O meglio, in che modo lo spazio scenico (inteso in senso lato, dalla stesura del testo alla regia all’interpretazione attoriale e tutto quanto converge nel funzionamento di uno spettacolo) si misura con il teatro stesso, creando l’eventuale possibilità di dirci qualcosa di nuovo? E allora, in questo senso, veramente ci può bastare mettere in scena e decantare parimenti versi antichi? Forse, si dovrebbe comprendere fino in fondo il senso di un teatro che apra nuovi orizzonti e provare ad andare veramente oltre, non limitandosi a un’azione che, in questo modo, rischia di risultare unicamente didattica e didascalica. Che il teatro possa avere anche questa funzione non lo si mette di certo in dubbio, ma è vero allo stesso modo che il teatro è anche arte, è bellezza non esteriore ma di linguaggi, di possibilità sempre aperte. Questo non andrebbe mai dimenticato, altrimenti stare sul palcoscenico diventa solo un eventuale esercizio di stile per dimostrare capacità già appurate, anche quelle dei grandi maestri del passato che, probabilmente, andrebbero solo poste in modo diverso, con approcci aggiornati e alla portata dei nuovi contesti in cui sono inseriti, senza stravolgere ma secondo un’operazione di rilettura e rielaborazione, come ci hanno insegnato i migliori studi comparatistici. Ed è, infine, un vero peccato quando teatri che ci provano ogni giorno a dare ossigeno al teatro stesso talvolta non sfruttano sempre queste considerazioni, né il potenziale comunicativo insito in un’immagine evocativa come quella di Servillo, così imposta nel nostro immaginario collettivo – come, purtroppo,  succede in Tre modi per non morire. E se questo può sembrare un giudizio, in realtà vuole essere un appello, una pillola di riflessione, affinché non si smetta mai di mettersi in discussione per condurre sempre meglio la missione di non sentire più associare il teatro alla noia delle nuove generazioni. Oltre a insegnare, è altrettanto importante anche il come.

Immagine di copertina: Teatro Bellini  

 

Altri articoli da non perdere
Il cavaliere inesistente di Capodanno | Recensione
Il cavaliere inesistente al Teatro India | Recensione

Fino al 1 dicembre è in scena al Teatro India di Roma Il cavaliere inesistente di Tommaso Capodanno. In una Scopri di più

Pirandello al Teatro Comunale di Caserta
Pirandello

  Pirandello al Teatro Comunale di Caserta. Un Pirandello napoletano. Alcuni anni fa, fui ospite di una rappresentazione intensissima, un Scopri di più

L’interpretazione dei sogni di Stefano Massini | Recensione
Stefano Massini

Dal 12 al 17 marzo va in scena al Teatro Bellini di Napoli L'interpretazione dei sogni di e con Stefano Scopri di più

Napoli degli anni ’70: i Chille de la balanza
Napoli

I Chille de la balanza approdano alla Galleria Toledo a Napoli con Claudio Ascoli e Sissi Abbondanza Napule '70 apre Scopri di più

Le donne in Eduardo De Filippo: i 3 personaggi femminili più iconici
Le donne in Eduardo De Filippo: i 3 personaggi femminili più iconici

Le donne in Eduardo De Filippo sono numerose e tutte diverse le une dalle altre, ma tutte rivendicano fermamente i Scopri di più

Serenate e stornelli romani del Maestro Paolo Gatti al Teatro Marconi di Roma
Serenate e stornelli romani

Il Teatro Marconi presenta l'edizione 2024 del Marconi Teatro Festival, L'oasi dell'arte nell'estate di Roma, portando spettacoli che uniscono in un Scopri di più

A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

Vedi tutti gli articoli di Francesca Hasson

Commenta