Trilogia dell’Indignazione è stata rappresentata al Teatro Piccolo Bellini di Napoli dal 25 al 29 aprile, diretta da Giovanni Meola.
Trilogia dell’Indignazione al Piccolo Bellini di Napoli diretta da Giovanni Meola
L’opera Trilogia dell’Indignazione del drammaturgo catalano Esteve Soler, dal consueto tono polemico, surreale e dissacrante, è stata rappresentata al Teatro Piccolo Bellini di Napoli da martedì 25 martedì a sabato 29 aprile 2023, per la regia di Giovanni Meola.
Il cast
Lo spettacolo è stato interpretato da Chiara Vitiello, Enrico Ottaviano, Sara Missaglia e Roberta Astuti, con la scenografia di Flaviano Barbarisi, con i costumi di Marina Mango. Il consulente al progetto è Armando Rotondi, Annalisa Miele è l’assistente alla regia, l’aiuto scenografo è Alessandro Francione, e, infine, la produzione è di Virus Teatrali.
Il plot
Chi non desidera né soprese e nemmeno colpi di scena nella vita e sulla scena, ma, soprattutto, chi non ama essere contraddetto o scoprire di avere poi torto nei fatti, non dovrebbe nel modo più assoluto assistere alla pièce teatrale Trilogia dell’Indignazione, perché il rischio di potersi avvertire allora come disorientati, a tratti, straniti e frastornati, e addirittura alla fine di potersi sentire irrimediabilmente smarriti, oppure “traditi” è in realtà ben concreto, anzi, costituisce, a dirla tutta, quasi una certezza. E allora Giovanni Meola commenta così la sua trasposizione e lettura di Soler: «Perché, da drammaturgo, si rappresenta un altro drammaturgo? Per consonanza di temi, umori, scarti di scrittura che, nel caso di quella di Soler, ho sentito subito vicina alla mia, così come Soler, dopo aver letto alcuni dei miei testi, ha sentito la mia vicina alla sua».
La penna di Esteve Soler
Prendendo spunto, dunque, da Ionesco, Beckett e Buñuel, la penna di Esteve Soler sembra particolarmente abile a sovvertire e a capovolgere i soliti schemi oltre che gli abituali parametri della mente dell’uomo contemporaneo (per certi versi così labile e fragile!).
La scrittura di Esteve Soler diverte e stimola tanto, pertanto, proprio nella misura in cui riesce nell’intento di allontanare e far distanziare lo spettatore da quello che lui crede siano i propri punti di riferimento e i propri principi indissolubili, senza per questo angosciarlo o disgustarlo, e, senza, specialmente, minare i meccanismi semplici, inconsapevoli e intuitivi della comprensione umana, i quali, per fortuna, mediante il mezzo della metafora, arrivano di frequente a oltrepassare le frontiere di quei “territori già esplorati”, per avviarsi a comprendere e a riuscire ad abbracciare anche l’assurdo.
Esperimento di Giovanni Meola riuscito
Per concludere, l’esperimento di Giovanni Meola, in sette brevi atti unici (ventuno erano quelli contenuti nella versione originale), destabilizzando e confondendo, proprio come vorrebbe la lezione di quel genio di Soler, restituisce, infine, una profonda pietas e una grande commozione, funzionando, convincendo e conquistando totalmente il pubblico in sala.
Clelia Moscariello
Fonte immagine: Teatro Bellini