100SfumaturediSchiuma: l’intervista a Maria Musella

Maria Musella

Intervista a Maria Musella per il suo esordio letterario “100 SFUMATURE DI SCHIUMA”, un racconto autobiografico.

Maria Musella, classe ’98, è un’esordiente attrice partenopea (seppure lei preferisce definirsi, con umiltà, una “teatrante”) che si racconta, senza veli, nel suo libro d’esordio, #100 Sfumature di Schiuma: un racconto autobiografico breve, data la giovane età della scrittrice, ma intenso. Dall’infanzia “artigianale e vintage”, alla dura e faticosa adolescenza all’insegna di bullismo e sopraffazione, passando per le prime esperienze amorose e le delusioni che ne scaturiscono, per finire con un’epifania: scoprire una passione, quella dell’attrice, e riconoscere in sé un grande talento. Maria Musella approda così al Transit, una compagnia teatrale che diventa la sua seconda famiglia.

Napoletana nelle viscere, cresciuta in periferia a “Pane e Pino Daniele”, con #100 Sfumature di Schiuma Maria Musella è pronta a raccontarci tutti i suoi successi ma soprattutto e con grande orgoglio, si rivela nelle sue paure e nei suoi fallimenti, da cui si è sempre riscattata più caparbia di prima.

Prepotente e ostinato, il suo tono è carico di dissenso: «Eravamo anime buone cadute in teste sbagliate, in quartieri sbagliati, eravamo trascurati dalle istituzioni del territorio come scuola, parrocchia, […]». Eppure è proprio nella periferia in cui cresce che Maria rafforza la propria personalità e ci insegna che è sempre possibile il “riscatto” se solo si ha il coraggio di dare forma ai propri sogni.

100 Sfumature di Schiuma: l’intervista a Maria Musella

Ciao Maria, puoi raccontarci di come e perché è nato 100 Sfumature di Schiuma e a chi è dedicato questo libro (oltre che, sicuramente, a te stessa)?

L’idea del libro nacque per puro caso, quando ero in terapia dallo psicologo, iniziai a creare un quaderno di scrittura creativa per raccontare dei pensieri negativi che affollavano la mia mente in quel periodo, come il suicidio. Ho sentito un’esigenza naturale di rifugiarmi nella scrittura come l’ultima spiaggia alla quale appigliarmi. Mi è venuto naturale gettare su carta vari pensieri sparsi e spesso sconnessi fra loro. Non è stata una mia idea nei primi tempi quella di scrivere una biografia né un racconto autobiografico. Ma su varie sollecitazioni di amici, parenti e addetti ai lavori mi è stato consigliato di scrivere una sorta di guida alla ‘’sopravvivenza”, potendo aiutare anche altre ragazze per superare i loro “omini di plastilina”, mi riferisco a quelli della slow motion, che si ingrandiscono o rimpiccioliscono in base all’importanza data in quella determinata scena. L’ho dedicato a me in primis ma soprattutto alla mia migliore amica Roberta nonché colei che ha scritto la prefazione del mio libro, che ci è sempre stata e ci sarà sempre nella mia vita; nel libro c’è un intero capitolo dedicato a lei.

Nel tuo racconto autobiografico ci viene presentata una Maria che odia e combatte le ingiustizie. Tu stessa dici di te: «Ero nata con questo senso di giustizia incondizionata, ero una sognatrice che voleva difendere il suo popolo dalle angherie della Camorra.» A un certo punto della tua vita, però, hai scelto di lasciare la facoltà di Giurisprudenza e rinunciare alla carriera forense per inseguire il tuo sogno di attrice. È difficile tuttavia, credere che tu abbia abbandonato l’ideale di giustizia che ti porti nel cuore: come convivono e convergono nella tua vita queste due spinte, ora che il teatro è divenuto la tua priorità?

La giustizia e il teatro convivono in me su due binari paralleli ma che ad un certo punto si intersecano. Mi vengono spesso, per non dire sempre, affidati ruoli forti e drammatici da interpretare sia al cinema che a teatro. Il senso di giustizia e rispetto per le regole è intrinseco dentro di me, sono contro ogni forma di ingiustizia sociale, dal maschilismo della società patriarcale italiana, per arrivare all’odio razziale per la grande migrazione avvenuta nell’ultimo decennio, che ricorda per certi versi le migrazioni del ‘900.


Lontana dal palcoscenico a causa dell’emergenza COVID, come stai vivendo questa “astinenza”? Cosa ti aspetti dal ritorno in scena?

Sto vivendo male la fase pandemica come un po’ tutti, lontani dalla propria quotidianità e dal proprio lavoro che, quando combacia con la tua passione, diviene qualcosa per cui ti brillano gli occhi. Proprio l’altra sera, scrissi dei versi riguardanti “l’astinenza” che voglio condividere con voi:
«E poi vorrei…
scrivere alla mia migliore amica Roberta sto in camerino (che ansia),non abbiamo ancora fatto gli scongiuri;
aggiornare la mia cartella #waitingfortonight ;
intenta a rispondere a tutti quelli che,
simpatici come 62 giorni
di #quarantena in Primavera
con 30° all’ombra,
mi scrivono
“Dove sei stasera in scena?”
MI MANCA LA MIA QUOTIDANIETÀ!!!
»
Spero che il ritorno in scena sia meno traumatico di quanto immagino, che sia una ripartenza lenta ed indolore. Mi mancano le quattro ore di allenamento e di esercizi vocali, le sere in sala prove, le notti insonni prima di un provino, le corse sul set per il traffico e il parcheggio che non si trova mai ed un sussidio per supportare le famiglie di colleghi che hanno da sfamare la prole e portare avanti una casa con varie spese tra utenze e beni di prima necessità. Lo stato italiano non ha ancora una legge idonea per tutelare la mia classe lavorativa ed ormai nel 2020 siamo stufi di essere l’ultima ruota del carro del mondo lavorativo,”Se questo è un uomo” disse bene Primo Levi.

Una “pecora nera” che si sente “fuori luogo in un’epoca che non sente sua”. Maria Musella può dire di aver finalmente trovato il suo piccolo posto nel Mondo o è ancora alla ricerca?

Posso dire di aver trovato per certi versi il mio posto nel mondo, ma sono sempre in cerca di nuove esperienze sensoriali che mi emozionino. Il palcoscenico per me è casa. Posso dire finalmente di essere un’attrice che ha lottato per costruirsi da sola e dal nulla la propria strada nell’ insidioso mondo dello spettacolo.

Un messaggio che vuoi dare a tutti coloro che, come te, vengono dalla periferia e hanno in serbo grandi sogni?

Dico a tutti, ma soprattutto ai figli di un LA minore (così li voglio definire i ragazzi di periferia come me) che devono credere nei propri sogni. Che se sono molto grandi non devono cercare un cassetto più grande o una chiave più grossa che chiuda il cassetto, ma liberarlo dal cassetto e realizzarlo con tutte le proprie forze proprio come ho fatto io, trasformandoli in realtà.

Grazie Maria, a presto!

Fonte immagine di copertina: @mariamusellaofficial

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