La Città Murata di Kowloon era un’enclave densamente popolata e in gran parte non governata a Hong Kong, spesso descritta come un’utopia distopica uscita da un film di fantascienza.
Soprannominata il luogo più densamente popolato della Terra, la città di Kowloon, estesa per soli 2,7 ettari (0.027 km²), ospitava circa 50.000 persone al suo culmine nel 1990, raggiungendo una densità di popolazione inimmaginabile. Demolita tra il 1993 e il 1994, al suo posto sorge oggi un parco curato che conserva manufatti del suo passato unico. Mentre la memoria collettiva la ricorda come un’enclave senza legge, dominata da prostituzione e cartelli della droga gestiti dalle Triadi, molti ex residenti ne offrono una visione diversa, ricordando con affetto il quartiere come una comunità solidale e unita in mezzo al caos di cemento.
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La storia: da fortezza a enclave senza legge
Le origini della città di Kowloon risalgono al periodo successivo alla Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842). Dopo la sconfitta e la cessione di parte di Hong Kong all’Impero Britannico con il Trattato di Nanchino, il governo Qing costruì una fortezza murata per sorvegliare la nuova colonia. Con la Seconda Convenzione di Pechino del 1898, la Gran Bretagna ottenne un contratto di locazione di 99 anni su Hong Kong, ma con una clausola singolare: la Città Murata di Kowloon ne era esente e rimaneva territorio cinese. Questo creò un vuoto giurisdizionale che ne segnò il destino.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli occupanti giapponesi demolirono le mura per ottenere materiale per il vicino aeroporto di Kai Tak. Dopo la resa del Giappone, migliaia di rifugiati in fuga dalla guerra civile cinese si riversarono nell’area. Nel 1948, di fronte a questa situazione complessa, i britannici adottarono una politica di non intervento, lasciando di fatto la città a se stessa. Priva di leggi, servizi pubblici e pianificazione urbana, Kowloon divenne un paradiso per l’abusivismo edilizio, crescendo in modo caotico e verticale.
Com’era la vita nella città delle tenebre
La crescita incontrollata trasformò la città in un labirinto impenetrabile di circa 350 edifici incastrati l’uno sull’altro, alti fino a 14 piani. La luce solare a stento raggiungeva i livelli inferiori, guadagnandole il soprannome di Hak Nam (黑南), la Città delle Tenebre. Un groviglio di cavi elettrici scoperti, tubature gocciolanti e passaggi angusti caratterizzava questo paesaggio urbano unico. Eppure, in questo incubo per claustrofobici, quasi 50.000 persone vivevano, lavoravano e crescevano le proprie famiglie.
La città era un microcosmo autosufficiente. Al suo interno si trovavano centinaia di medici e dentisti senza licenza che offrivano servizi a basso costo, fabbriche, negozi e ristoranti. Era anche un centro di attività illecite: bordelli, fumerie d’oppio e casinò prosperavano al riparo da ogni autorità. Nonostante l’immagine anarchica, all’interno si sviluppò un forte senso di comunità. I residenti collaboravano per gestire le risorse; per esempio, si alternavano nel conservare l’elettricità per permettere alle pompe di portare l’acqua ai serbatoi sui tetti, garantendo l’approvvigionamento a tutti.
Immagine esterna (il mito) | Realtà interna (la comunità) |
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Un covo di criminalità, droga e prostituzione. | Una fitta rete di piccole imprese, scuole e asili autogestiti. |
Caos architettonico e condizioni di vita insalubri. | Un forte senso di solidarietà e mutuo aiuto tra i residenti. |
Un luogo senza leggi, governato solo dalle triadi. | Un sistema di regole sociali interne e di autoregolamentazione. |
Totale assenza di servizi pubblici. | Residenti che collaboravano per gestire acqua ed elettricità. |
La demolizione: la fine di un’anomalia storica
La fine della Città Murata fu decisa dalla politica. Con la firma della Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica nel 1984, che stabiliva il ritorno di Hong Kong alla Cina nel 1997, il suo ambiguo status politico venne risolto. Il 14 gennaio 1987, il governo di Hong Kong annunciò ufficialmente il piano di demolizione. Iniziò un complesso processo di censimento e negoziazione per il risarcimento dei residenti. Dopo mesi di sorveglianza per evitare speculazioni, fu offerto un pacchetto di compensazione di 2,76 miliardi di dollari di Hong Kong.
La maggior parte dei 33.000 residenti accettò l’offerta e si trasferì entro il novembre 1991. Per i pochi che si rifiutarono, fu necessario l’intervento della polizia per eseguire gli sfratti. La demolizione iniziò ufficialmente poco dopo e si concluse nell’aprile 1994. Della città non rimasero che polvere, macerie e un’eredità culturale impossibile da cancellare.
Cosa resta oggi: il kowloon walled city park e l’eredità culturale
Al posto della giungla di cemento, oggi sorge il Kowloon Walled City Park, un parco pubblico inaugurato nel 1995. Progettato secondo lo stile dei giardini della dinastia Qing, il parco preserva elementi storici del sito. L’antico Yamen (l’ufficio amministrativo) e i resti della Porta Sud sono stati restaurati e dichiarati monumenti ufficiali, come documentato dal Dipartimento per i Servizi Culturali di Hong Kong. Sentieri e padiglioni portano i nomi delle vecchie strade della città, mantenendone viva la memoria.
L’eredità della Città Murata sopravvive potentemente nella cultura popolare. La sua estetica unica, un misto di degrado e iper-densità, ha ispirato l’immaginario cyberpunk e numerose opere di finzione. I fan di Batman Begins di Christopher Nolan riconosceranno la sua influenza nel quartiere di The Narrows a Gotham City. Videogiochi, manga e film continuano a trarre ispirazione da questa distopia reale, un’anomalia storica che serve a ricordare un tempo in cui, in un piccolo angolo di Hong Kong, l’illegalità e lo spirito comunitario prosperarono fianco a fianco.
Fonte immagine: Wikipedia
Articolo aggiornato il: 26/09/2025