Il folle (Gibran Khalil Gibran) | Recensione

Il folle di Gibran Khalil Gibran | Recensione

“Mi chiedi come sia io diventato un folle. Accadde così. Un giorno, molto prima che molti degli dèi fossero generati, mi svegliai da un profondo sonno e scoprii che tutte le mie maschere mi erano state rubate- le sette maschere che in sette vite avevo forgiato e indossato.”

“The madman” o “Il folle”  di Gibran Khalil Gibran è la sua prima raccolta di trentacinque parabole e aforismi in lingua inglese, pubblicata dalla casa editrice Alfred Knopf nel 1918. Da questo momento in poi l’autore si dedicherà alla scrittura delle sue opere esclusivamente in inglese, abbandonando la sua lingua d’origine: l’arabo libanese. 

Gibran Khalil Gibran: la vita

Nasce nel 1883 a Bisharri, in Libano da una famiglia cristiano-maronita. Nel 1895, per sottrarsi all’oppressione disseminatasi nel suo paese, si trasferì con la famiglia a Boston. Durante la sua vita furono svariate le volte in cui tornò in Libano per studiare, fin quando decise di stabilirsi definitivamente negli Stati Uniti per dedicarsi alla pittura e alla scrittura. Nel 1920 fu tra i fondatori della Lega Araba a New York . Muore a New York nel 1931.

Khalil Gibran si pone come un vero e proprio poeta e scrittore visionario, in particolare dopo la pubblicazione de “Il Profeta”, esprimendo un ritorno al sacro e al cosmico, messi in crisi dall’epoca a lui contemporanea. 

 “Il folle” di Gibran Khalil Gibran, la trama

Il libro inizia con il racconto da parte del protagonista, nonché Khalil Gibran stesso, di come si sia svegliato da un sonno profondo e sia diventato folle, in seguito al furto delle sue sette maschere. Egli si aggira per le strade urlando in cerca dei ladri, finché non scopre la luce del sole con il suo volto nudo per la prima volta. Da quel momento, non desiderò più indossare maschere. Nel corso del racconto il protagonista compie un viaggio catartico che lo porta a trarre piacere nella natura e consolazione nella solitudine. Lo scopo del folle è quello di trovare l’amore per Dio per trovare se stesso, perso in una società in cui l’egoismo delle persone non fa altro che provocare dolore a sé stessi e agli altri. Questo viaggio si conclude con l’ultima parabola “Il mondo perfetto” in cui, in seguito ad una descrizione della società apparentemente perfetta e pervasa dal lusso e superficialità, si rivolge a Dio ponendosi come il più imperfetto in mezzo ad una  razza perfetta”, chiedendogli: “perché sono qui, o Dio delle anime perdute, tu che sei perduto tra gli dèi?”

“Il folle” di Gibran Khalil Gibran, i temi

Il tema centrale è quello dell’Io, profondo e silenzioso. Quest’ultimo sta a simboleggiare la condizione adatta per conoscere la verità, infatti “sebbene l’onda delle parole ci sommerga continuamente, tuttavia la nostra profondità è sempre in silenzio” o ancora “la realtà dell’altro non sta in ciò che ti rivela, ma in ciò che non può rivelarti”.  
Un altro tema cruciale è quello della solitudine descritta come “una tempesta silenziosa che spezza tutti i tuoi rami secchi; e tuttavia spinge più in profondità le tue radici, vive nel cuore vivo della terra viva”. Gli uomini non sono in grado di vivere con la consapevolezza della morte del proprio io e si servono delle maschere per nascondere la loro origine. Chi realmente riesce a liberarsi da queste maschere, spiega Khalil Gibran, è chi vive nella stessa posizione del folle. Un esempio è “una volta, mentre stavo seppellendo uno dei miei  <<io>> morti, il becchino si avvicinò e mi disse: Fra tutti quelli che vengono qui a seppellire solo tu mi piaci […] poiché vengono piangendo e se ne vanno piangendo. Tu solo sei venuto ridendo e te ne vai ridendo. In questo passaggio il ridere rappresenta la consapevolezza che una vita, come quella descritta dal folle, necessita di essere purificata mediante la distruzione e la morte, che fungono da slancio per affrontare le avversità. 

 

fonte immagine: Wikipedia

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