Shithouse (film) | Recensione

Shithouse (film) | Recensione

Shithouse è una commedia drammatica indipendente del 2020 scritta, diretta e interpretata da Cooper Raiff, un giovane regista che al suo esordio ha subito conquistato la critica vincendo il Grand Jury Prize al South by Southwest Film Festival. Ambientato nei dormitori di un college di Los Angeles, il film è un coming of age che racconta delle difficoltà di un giovane studente fuori sede, che si affaccia per la prima volta alla vita adulta lontano da casa. La capacità di affrontare tematiche come la solitudine e il disorientamento giovanile, ha reso Cooper Raiff uno dei registi esordienti più acclamati. Nel 2022 gira anche Cha Cha Real Smooth con Dakota Johnson, interpretando nuovamente un universitario in crisi.

Scopriamo nel dettaglio la trama di Shithouse

Shithouse segue la vita di Alex, una matricola universitaria che si è trasferita a Los Angeles dal Texas e fatica ad adattarsi alla nuova vita. Per nascondere la sua profonda solitudine e la difficoltà ad integrarsi, Alex mente a sua madre e a sua sorella – a cui è molto legato – fingendo di avere una vita sociale ricca di amici e una relazione sentimentale. Una sera, Alex decide di provare a cambiare la situazione e va ad una festa nella fraternità chiamata Shithouse, seguendo il suo improbabile coinquilino Sam. Qui incontra Maggie e tra i due sembra scattare qualcosa: dopo un approccio sessuale fallito, Alex e Maggie passano tutta la notte insieme a passeggiare e a raccontare le proprie storie. Per la prima volta il protagonista sente di aver instaurato un rapporto sincero, ma quando il mattino seguente cerca di contattarla, Maggie lo ignora. Questo incontro cambierà per sempre la vita di Alex, spingendolo ad affrontare le sue insicurezze e a crescere.

Come affrontare l’università secondo Shithouse

Cooper Raiff, in questa sua opera prima, non intende offrire la ricetta perfetta per affrontare l’università, bensì vuole dare voce ad un’esperienza che molti giovani si trovano a vivere. Perché la protagonista vera di Shithouse è la realtà della solitudine, che si scontra con il mito della spensieratezza giovanile che da sempre si vede nei college movies americani. Il regista racconta il primo anno universitario come un anno di transizione in cui tutte le certezze cadono: la lontananza dalla famiglia, la paura del futuro e infine il sentirsi soli e diversi dagli altri. Shithouse prende una posizione chiara nei confronti di queste tematiche, spiegando che crescere significa imparare a tollerare gli ostacoli e i fallimenti delle relazioni. Attraverso la figura di Alex, il film suggerisce che sentirsi fuori posto e non allineati con chi ci sta intorno è parte integrante dell’esperienza giovanile, fatta di incertezze e domande senza risposta.

Due protagonisti a confronto

Alex e Maggie incarnano due modi opposti di affrontare gli anni di college e, in generale, il passaggio all’età adulta. Il protagonista è emotivamente instabile, sia perché si trova in un ambiente in cui fatica a trovare una connessione con qualcuno, sia perché è spaventato dal cambiamento. Ma se Alex vive il presente con nostalgia del passato e paura per il futuro, Maggie al contrario è più determinata a non farsi sopraffare dalle emozioni. Cooper Raiff fa un ottimo lavoro nel caratterizzare il personaggio femminile e non cadere nel cliché della ragazza sicura di sé, perché anche se Maggie è molto cinica, nasconde anche una certa vulnerabilità. Quando si incontrano, i due personaggi condividono una notte di conversazioni e confessioni emotive che ricordano il romanticismo di Before Sunrise di Richard Linklater. Il cuore del film sono proprio questi dialoghi tra Maggie e Alex, dove il confronto tra due visioni opposte, invece di dividere, diventa un’opportunità per crescere e maturare.

Shithouse (film) | Recensione
Fonte: screen dal film

Shithouse, conclusioni

Al suo esordio alla regia, Cooper Raiff è diventato subito una voce nuova e promettente del cinema indipendente americano. Dietro un titolo che può far pensare ad una commedia irriverente, si cela invece un racconto delicato, generazionale e realistico della vita universitaria. Tra alti e bassi, l’università in Shithouse non è un rito di passaggio fatto di feste e spensieratezza, ma è un percorso lento, in cui si impara, poco alla volta, a crescere e ad avere meno paura del futuro. Shithouse è stato accolto molto bene dalla critica ed è facile capire perché: è un film che non ha paura di parlare apertamente e in maniera sincera di emozioni come l’imbarazzo, la malinconia e la solitudine. Ma nonostante queste tematiche così profonde, Cooper Raiff ci lascia con un finale ottimista: è possibile crescere e maturare senza nascondere le proprie insicurezze, bensì usandole come punto di partenza.

Fonte immagine: AppleTV

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