Jojo Rabbit, al cinema satira e nazismo secondo Waititi

Jojo Rabbit, al cinema satira e nazismo secondo Waititi

“Lascia che tutto ti accada:

bellezza e terrore.

Si deve sempre andare:

nessun sentire è mai troppo lontano.”
(Rainer Maria Rilke, “Sento le cose cantare”)

Nelle sale dallo scorso 16 gennaio, Jojo Rabbit è un film diretto ed interpretato da Taika Waititi. Liberamente tratto dal romanzo del 2004 Come semi d’autunno (Caging Skies) di Christine Leunens, il film vede come protagonisti, oltre lo stesso Waititi, il giovane Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Rebel Wilson, Stephen Merchant, Alfie Allen, Sam Rockwell e Scarlett Johansson.

Il film è la storia di Jojo (Roman Griffin Davis), un bambino di dieci anni nazista che s’innamora di una ragazzina ebrea, Elsa (Thomasin McKenzie), che la madre Rosie tiene nascosta in casa, inizialmente a sua insaputa. Nella Germania nazionalsocialista del 1945 il giovane ariano trascorre le sue giornate in compagnia di Adolf Hitler, l’amico immaginario che appare a più riprese nel corso dell’opera.

Una sorte di mentore ideale, un simpatico spunto che ricorda l’Humphrey Bogart di Provaci ancora, Sam, con risvolti ancora più satirici. Il dittatore spiega infatti al ragazzino che gli ebrei sono mostri perché i loro antenati si accoppiavano con i pesci oppure sfoga tutta la rabbia per la vittoria dell’oro olimpico di Jesse Owens alle olimpiadi di Berlino ’36.

Accecato dall’odio nazista e completamente affabulato dal pensiero unico, Jojo si infuria ancora di più quando scopre che la madre Rosie lavora per la Resistenza. Se le apparizioni di Waititi, che interpreta Hitler, coincidono con i momenti più spassosi del film, il personaggio della Johansson invece rappresenta il lato umano in tanta follia razzista e degenerativa. Divisa tra l’amore per il proprio figlio e quella per la libertà, Rosie finirà con il pagare a caro prezzo questa scelta. Una prova molto convincente la sua, non a caso ha ricevuto una nomination come miglior attrice non protagonista. Oltre a questa, il film ha ricevuto le candidature per il miglior film,per la miglior sceneggiatura non originale, per la scenografia, per il  montaggio e per i  costumi.

Un altro dei punti forti della pellicola è senz’altro il personaggio di Sam Rockwell, il capitano Klenzendorf. Presente fin dalle primissime scene, intento ad iniziare il giovane Jojo alla dottrina nazista, il capitano mostrerà i suoi aspetti più disumani ma anche una certa sensibilità. Un’altra prova importante per Rockwell, che dalla vittoria dell’Oscar nel 2018 (Tre Manifesti a Ebbing, Missouri) è tra gli attori più ricercati a Hollywood.

Il giovane Jojo Rabbit e il suo amico Hitler

Taika Waititi rappresenta il nazismo in maniera spiccatamente satirica, esasperandone tantissimi aspetti per metterlo quanto più possibile in ridicolo. Infatti, al contrario di altre opere che guardano allo stesso periodo con un occhio infantile, non vengono omessi i giochi di parole e le battute più crude: basta pensare a come Elsa venga ridicolizzata dagli ufficiali della Gestapo. Un distacco radicale dall’opera letteraria originale che invece presenta toni più drammatici.

Il sanguinario cancelliere viene presentato sotto le mentite spoglie di un amico immaginario paranoico e schizofrenico come solo un dittatore che si rispetti possa essere. Del resto, l’intento parodistico si rivela già dalla primissime fasi di Jojo Rabbit, con un breve intermezzo documentaristico in cui Adolf Hitler è intento nei suoi discorsi propagandistici accompagnato dalla versione tedesca di I Want to Hold Your Land dei Beatles. Il Führer come Lennon e McCartney,: una rockstar della seconda guerra mondiale. 

La trama si sviluppa contaminando diversi generi e registri. In generale, per la ridondante iperbolicità con cui viene trattato il nazismo, e per come questo ne esce alla fine della visione, può essere definito come una commedia nera. Tuttavia, specie nella seconda parte, a causa degli sviluppi della storia, prevalgono i toni drammatici, in linea con lo sviluppo finale da lieto fine dettato dalla produzione mainstream.

Sono questi i momenti meno convincenti di Jojo Rabbit, nel quale la guerra viene rappresentata fisicamente e non più attraverso gli occhi di un bambino che vede a mano a mano il proprio nucleo familiare scomparire. Convincente comunque la conclusione, coerente e in linea con lo sviluppo di un film che, seppur con qualche difetto, spicca comunque nel panorama odierno per come riesce a trattare un tema delicato non privo di rischi.

Fonte immagine: https://www.facebook.com/JojoRabbitMovie/photos/p.2392240687697347/2392240687697347/?type=1&theater

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A proposito di Matteo Pelliccia

Cinefilo, musicofilo, mendicante di bellezza, venero Roger Federer come esperienza religiosa.

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