La crescente diffusione e popolarità dei manga ha acceso nel pubblico internazionale una profonda passione per la cultura giapponese. Sempre più lettori, affascinati da questo mondo, formano vere e proprie comunità, chiamate fandom, dove si scambiano opinioni, discutono delle storie e, spesso, si cimentano nella creazione di opere ispirate ai manga stessi. Un esempio di discussione ricorrente in questi fandom è una particolare sindrome d’amore fittizia, la Hanahaki.
Cos’è la sindrome Hanahaki e come si manifesta?
Per comprendere appieno la Hanahaki, è utile considerare i generi dei manga in cui questo trope narrativo appare frequentemente, specie quelli romantici che trattano di relazioni, storie d’amore e drammi. Questi manga includono gli shōjo, destinati a un giovane pubblico femminile, ma anche gli shōnen, che possono includere storie d’amore tra ragazzi. Hanahaki (花吐き)letteralmente significa “vomitare fiori” ed è proprio il sintomo principale di questa malattia immaginaria. La Hanahaki, o Hanahaki Byou, è una sindrome fittizia che colpisce un personaggio quando soffre per un amore non corrisposto. Il sintomo cardine è una tosse dolorosa che porta all’espulsione di petali di fiori, a volte interi boccioli. Si presuppone che, quanto più forte e profondo è l’amore unilaterale, tanto più intenso diventi il dolore e l’avanzamento della malattia per la vittima.
L’origine della Hanahaki: dal manga *Hanahaki Otome* ai fandom
La popolarità di questa sindrome d’amore fittizia nel mondo dei manga e dei fandom deve molto all’opera shōjo giapponese Hanahaki Otome (花吐き乙女 – La ragazza che sputa fiori) di Naoko Matsuda, pubblicata nel 2009. Sebbene il concetto possa essere preesistente in forme simili, questo manga ha contribuito significativamente a codificare e diffondere il trope Hanahaki. Da lì, l’idea si è propagata rapidamente nelle comunità online, diventando un tema popolare per fanfiction e fan art.
Guarigione o morte: le conseguenze dell’amore non corrisposto nella Hanahaki
Le narrazioni che utilizzano la Hanahaki disease presentano tipicamente due soluzioni principali per la vittima. La prima, e più desiderata, è che la persona affetta confessi i propri sentimenti e questi vengano sinceramente ricambiati dall’oggetto del suo amore; è fondamentale che si tratti di amore romantico e non di semplice affetto amichevole. Se l’amore rimane non corrisposto, l’unica alternativa spesso prospettata è la morte della vittima. In molte storie, la crescita dei fiori nei polmoni diventa incontrollata, con radici che soffocano letteralmente il personaggio, un finale tragico amato da molti lettori per la sua carica drammatica.
L’intervento chirurgico: una cura rischiosa per la Hanahaki
Esisterebbe anche una terza opzione per sopravvivere alla Hanahaki: la rimozione chirurgica dell’infezione floreale dai polmoni. Tuttavia, questa procedura viene descritta come estremamente rischiosa dagli autori e nelle interpretazioni dei fan. L’intervento, pur salvando la vita, comporterebbe la cancellazione completa non solo dei sentimenti amorosi verso la persona amata, ma spesso anche di tutti i ricordi legati a essa, lasciando un vuoto emotivo profondo nella vittima.
Hanahaki: Simbolismo e diffusione del trope oltre il Giappone
Nata come idea principalmente in Giappone, la Hanahaki si è diffusa rapidamente in Corea e in Cina, per poi arrivare con forza anche in Occidente. Qui ha trovato terreno fertile, generando ulteriori fandom affascinati dal suo potenziale drammatico, perfetto per raccontare una tragica storia d’amore non corrisposto. Il tipo specifico di fiore espulso raramente è definito canonicamente, lasciando spazio a interpretazioni simboliche (spesso si immagina sia il fiore preferito dell’amato/a). Per questo motivo, la Hanahaki non è un tema confinato ai soli manga o fanfiction: molti artisti, affascinati da questa malattia d’amore immaginaria, l’hanno utilizzata come ispirazione per opere d’arte distinte, come canzoni, poesie e video.
Ma qual è il motivo di tanto fascino? La Hanahaki, pur non essendo reale, viene usata come potente metafora per rappresentare fisicamente il dolore lancinante che può causare l’amore non ricambiato. È una sindrome d’amore tanto suggestiva perché ipotizza che sentimenti intensi possano manifestarsi fisicamente, trasformandosi in una malattia bella e letale al tempo stesso, un concetto che risuona profondamente con l’esperienza umana della sofferenza d’amore.
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