Il prezzo del fast fashion: cosa c’è dietro?

Il prezzo del fast fashion

All’inizio hanno suscitato scalpore in senso positivo per la convenienza dei prezzi e si sono diffusi sempre di più fino ad amalgamare la maggior parte dei marchi che conosciamo. Parliamo del fast fashion: capi d’abbigliamento venduti in serie e a prezzi molto bassi. Le grandi e piccole città pullulano di negozi dove il prezzo standard è 5 euro, ma non basterebbe evitare quelli per comportarsi eticamente, in quanto ormai anche le grandi catene, da Zara a Mango, secondo alcune inchieste, nonostante la variazione di prezzo, i loro prodotti sono esattamente il frutto degli stessi processi. Vediamo allora il prezzo del fast fashion.

Nel calcolare il reale prezzo del fast fashion, bisogna considerare alcune varianti: il costo che prevede a livello ambientale e a livello umano

Il settore tessile è uno dei settori maggiormente inquinanti per il nostro pianeta, considerando ciò il continuo ricambio di prodotti offerti e la bassa qualità di questi, che prevede uno smaltimento e riproduzione di vestiti enorme, causano un impatto ambientale di dimensioni non trascurabili. Basti pensare che per la produzione di un solo capo d’abbigliamento è sfruttata la stessa quantità di acqua che una persona dovrebbe consumare mediamente in due anni e mezzo. Per non parlare del resto dell’acqua che viene costantemente inquinata a causa degli scarichi di materiali nocivi nella natura, che causano la morte della biodiversità di molti laghi e fonti d’acqua.

Il petrolio è utilizzato per la produzione di fibre sintetiche, i fertilizzanti per la coltivazione del cotone e prodotti chimici nocivi per la tintura dei tessuti. Prodotti chimici che non sono nocivi solo per l’ambiente, ma per i lavoratori stessi che li trattano e per noi consumatori. 

L’altro prezzo del fast fashion da prendere in considerazione è, infatti, la tutela dei lavoratori. La quasi totalità di queste grandi aziende delocalizza le fasi del processo produttivo in paesi dove i diritti dei lavoratori sono pressocché inesistenti. Lo sfruttamento della manodopera e i processi pericolosi per la salute dell’uomo e dell’ambiente, sono solo due delle cose di cui dovremmo essere consapevoli nel momento in cui decidiamo di acquistare un capo d’abbigliamento.

Sì, perché la scelta di comperarlo o meno dev’essere un peso sulla nostra coscienza che grava quanto il peso che l’ambiente deve sopportare per la produzione di questo e che deve superare la convenienza che crediamo di raggiungere quando vediamo il prezzo del fast fashion.

Convenienza che è solo illusoria, poiché il prezzo basso è compensato dalla quantità di acquisti che facciamo: sia perché beni effimeri dalla scarsa qualità, sia perché siamo spinti a comprarne di più dato il costo.  È a causa di questa sovrapproduzione che in Ghana esiste il mercato dei “vestiti dell’uomo bianco morto”, in cui vengono venduti una vasta quantità di vestiti di seconda mano scartati che, secondo gli abitanti del paese, per quanto sono numerosi possono appartenere soltanto all’armadio di persone defunte.

L’industria della moda da sola produce circa il 4% delle emissioni di CO2 globale. Inoltre, ogni anno il lavaggio dei vestiti rilascia nel mare e mezzo milione di tonnellate di microfibre sintetiche che inquinano anche il sottosuolo. 

Il prezzo del fast fashion è analogo al prezzo del fast food. Cibo a prezzi bassissimi, che puoi consumare a qualunque ora del giorno e della notte, porzioni minuscole che ci portano insaziabilmente a prenderne altre, tanto la quantità di cibo presente in questi “non luoghi” è abnorme.

Non luoghi poiché tutti negozi delle catene di fast food sono uguali in tutto il mondo, senza personalità, senza connotati etnici ma anche etici poiché frutto di abusi su animali e allevamenti intensivi che causano un inquinamento di dimensioni insostenibili. Perciò si parla di sostenibilità

Il prezzo del fast fashion è un prezzo sostenibile per le nostre tasche ma insostenibile per il nostro pianeta e di conseguenza per l’umanità.

Immagine in evidenza: Unsplash

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A proposito di Marika Burani

Mi chiamo Marika, sono nata a Napoli il 13 Aprile del 2000. Ho frequentato il Liceo delle Scienze Umane ''Eleonora Pimentel Fonseca''. Attualmente studio Mediazione Linguistica e Culturale all'Università degli studi di Napoli ''L'Orientale''. I miei interessi sono la Storia, la Musica, il Cinema e la Politica. Nel mio tempo libero creo vestiti all'uncinetto e ai ferri e gioielli in alluminio e rame.

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