Anna Karina, il volto femminile della Nouvelle Vague

Anna Karina, il volto femminile della Nouvelle Vague

Anna Karina è senza dubbio il volto femminile più noto della Nouvelle Vague, la musa dell’esistenzialista francese degli anni ’60 e la star indiscussa di diversi film di Jean-Luc Godard, il quale, dopo la fine della loro relazione (sia sentimentale che lavorativa), non riuscì a replicare la leggerezza e l’innocenza che l’attrice, senza alcuno sforzo, conferiva alle sue pellicole.

Hanne Karin Blarke Bayerc nacque in Danimarca nel 1940 ma, da sempre tormentata dal desiderio di fuggire, si trasferisce a Parigi da sola a 17 anni. A Saint-Germain-des-Près trova «ragazze che somigliavano a lei più delle altre in qualunque altro luogo- con visi leggermente trascurati, un po’ bohemian» ed è proprio in un caffè della zona che viene scoperta dalla fotografa Catherine Harlé grazie alla quale Hanne inizia la sua carriera da modella, con il nome di Anna Karina, suggeritole da Coco Chanel.

L’incontro più formativo della sua vita fu, però, quello con il regista Jean-Luc Godard che le chiede di prendere parte ad un suo film (il suo debutto, Fino all’ultimo respiro) dopo averla vista in una pubblicità – la pubblicità di un sapone per il corpo in cui l’attrice appariva nuda all’interno di una vasca piena di bolle – ma Karina si rifiuta in quanto le viene chiesto di spogliarsi per il ruolo. Godard, soli tre mesi dopo, le chiede di essere la protagonista del suo prossimo film Le pétite soldat assicurandole che non ci sarebbe stato alcun nudo, Anna accetta ed è proprio sul set del loro primo film insieme che i due si innamorano. Grazie al suo ruolo in Une femme est une femme di Godard (che divenne suo marito durante il periodo delle riprese) Anna Karina vince l’Orso d’argento al Festival di Berlino del 1961, scrivendo così il suo nome nella storia del cinema internazionale.

«Non era solo mio marito, ma anche mio fratello e mio padre. Il mio Pigmalione. Lui mi ha insegnato tutto.»

La relazione tra l’attrice e il regista si rivela essere, dopo poco tempo, complicata e dolorosa (in particolar modo per Karina, che tenterà più di una volta il suicidio): Godard era geloso degli altri registi con cui Anna lavorava, il suo umore cambiava radicalmente in un attimo, spesso la lasciava per giorni sola senza avvertirla e durante uno dei primi litigi Godard disse all’attrice, facendo riferimento alle sue origini danesi, «un personaggio di Hans Christian Andersen non ha alcun diritto di piangere».

Il divario tra cinema e vita privata per Godard è estremamente fine, Anna è la sua musa e il soggetto di svariate sue pellicole è la vita dell’attrice (e le sue tragedie personali): in Vivre sa vie (Questa è la mia vita) mette in scena la depressione di Karina per la morte del loro bambino, l’unico che entrambi avranno, morto al settimo mese di gravidanza, e il famoso monologo tratto da Edgar Allan Poe (e letto da Godard stesso) sembra essere la perfetta rappresentazione del loro rapporto quasi “vampiresco”. Persino nel film Il disprezzo, tratto dal libro di Moravia, il regista fa indossare alla protagonista, Brigitte Bardot, una parrucca simile ai capelli di Karina, la quale afferma che Godard abbia inserito nel copione alcune delle loro vere discussioni.

Karina ha modo di lavorare con altri registi famosi dell’epoca come Visconti, Zurlini, Varda e Rivette, spesso in pellicole tratte da opere di grandi autori come Stendhal, Nabokov, Yourcenar e Diderot ed è proprio La Religiosa di Rivette il film in cui Karina mostra al meglio le sue doti recitative.

Dopo la fine della relazione con Godard, Karina si sposa altre tre volte, diviene la musa di Gainsborough, al fianco del quale canta nella commedia musicale Anna, e viene candidata come “migliore attrice non protagonista” per Cayenne Palace ai Cèsar del 1988.

Nel 1973 Karina debutta come regista (una delle prime attrici importanti a tentare questo salto) con Vivre ensemble, un film che parla di «quanto sia difficile vivere con qualcuno» e che sembra ricordare e criticare Vivre Sa Vie. Il film non ebbe molto successo ma il punto di vista di Anna Karina come forza creativa, colei che guarda e non solo come Galatea, come musa ispiratrice, rimane parecchio interessante.

Inoltre, Anna Karina nutre sin da bambina una passione per la scrittura e pubblica diversi libri tra cui On n’achète pas le soleil (Non si può comprare il sole, 1988) e Jusqu’au bout du hasard (1998): in entrambi i casi le protagoniste sono adolescenti vittime di violenza ed entrambi si concludono con l’omicidio del padre. Il desiderio di rivolta contro la figura maschile che Karina attua sia attraverso la sua regia che la sua scrittura non sarà famoso come l’immagine di bambola e di scolaretta che Godard ci offre di lei, ma mostra in pieno la forte vitalità, il suo spirito che ha avuto un ruolo altrettanto importante quanto la macchina da presa di Godard nel renderla un’icona indimenticabile.

Anna Karina muore di cancro nel 2019, ma vive nella storia del cinema.

Fonte immagine: Wikipedia

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