Registi francesi: i 5 da conoscere

5 registi francesi

La Francia: terra d’origine del cinema e dei registi

La Francia è stata un terreno fertile per il mondo del cinema e dei registi fin dalle sue origini. Si può dire che il cinema sia nato qui grazie al lavoro dei fratelli Lumière, inventori dell’odierno ‘’proiettore’’, divennero i primi cineasti francesi della storia, ma non compresero subito l’importanza della loro scoperta, definendosi “inventori senza futuro”. Qualche anno dopo, sarà Georges Méliès ad unire cinema e magia, utilizzando questo nuovo mezzo per raccontare storie e sorprendere il pubblico con i primi effetti “speciali” creati da dissolvenze e montaggi ad hoc. In questo articolo, cercheremo di delineare il cinema delle origini francesi menzionando anche 5 importanti registi da conoscere.

Primi registi francesi

Negli anni 20 il mondo dell’arte, in particolare a Parigi, era all’avanguardia. Qui molti artisti erano affascinati da questo mezzo che dava movimento all’immagine. Artisti come Fernand Léger e Marcel Duchamp elevarono il cinema a forma d’arte. È stato lo sguardo poetico di Jean Renoir sul mondo a far progredire il cinema francese. Tuttavia, è solo negli anni ’70, con l’arrivo della Nouvelle Vague, che il cinema francese raggiunge il suo massimo splendore. Questo movimento, in parte ispirato al Cinema Moderne di Fellini, mirava a rappresentare la realtà, in opposizione a tutte le convenzioni dinastiche del cinema hollywoodiano.

Spesso filmati per strada o in un appartamento, con i pochi mezzi di fortuna, sono sinceri nella loro intima documentazione di una nuova generazione inquieta. Le sceneggiature erano spesso improvvisate e i “set” cinematografici erano accuratamente evitati. Molti registi ancora oggi conosciuti in tutto il mondo, tra cui Claude Chabrol, François Truffaut, Jean-Luc Godard, Eric Romer e Alain Resnais, si sono impegnati in questo processo per rendere grande il cinema francese.

Chi sono i 5 registi francesi da conoscere?

  1. François Truffaut
    Nato nel 1932, Truffaut aveva già 16 anni quando la sua passione per il cinema lo portò ad aprire un cineclub, e la sua gestione indiscreta gli causò la prima condanna davanti a un giudice. Il critico Bazin riesce a farlo rilasciare e a farlo entrare nei ranghi dei ‘’ Cahiers du Cinéma ’’: inizia a collaborare con varie riviste come critico ” Crusher “. Il suo stile critico e acre suscita molte polemiche. Gira ‘’ La visita nel 1955 ’’ e ‘’ I monellacci nel 1957’ ’. Il suo film del 1959 ’’ I 400 colpi ’’ (Les quatre-cents coups), è un successo immediato, che apre la strada alla Nouvelle Vague e accresce la fama internazionale del regista, che raddoppia nel 1961 con ‘’ Jules e Jim ’’. L’anno successivo gira il dramma corale ‘’ Antoine et Colette ‘’ (L’Amour à vingt ans, 1962), seguito due anni dopo da ‘’Gli amanti (La peau douce, 1964)’’; nel 1966 realizza ‘’ Fahrenheit 451 ’’, adattamento del romanzo futuristico di Ray Bradbury, e nel 1968 gira ‘’ Dwannell, Il bacio rubato ’’, terzo capitolo della ” serie “. Nel 1974 ha vinto l’Oscar come miglior film straniero per ‘’ L’effetto notte ’’. Truffaut è considerato a livello internazionale uno dei più grandi registi francesi di tutti i tempi, ma nel campo della critica è stato definito “il becchino del cinema contemporaneo” per il suo atteggiamento duro nei confronti della cinematografia del suo tempo.

  2. Jean-Luc Godard
    Geniale e leggendario creatore di un cinema rivoluzionario e (solo falsamente) informale, Jean-Luc Godard ha contribuito alla Nouvelle Vague degli anni ’60, mettendo in scena trame convenzionali con strumenti quasi amatoriali e tecniche visive idiosincratiche. Godard ha scelto una strada coraggiosa per mostrarsi al mondo, colpendo allo stomaco critici e pubblico e provocando la stessa reazione immediata di amore e odio di ogni terapia d’urto che si rispetti. Il produttore George de Beauregarde lo incoraggia a dirigere il suo primo lungometraggio, ‘’ Fino all’ultimo respiro ’’ (1960), interpretato da Jean-Paul Belmondo, Jean Seberg e Jean-Pierre Melville, e divenne un film manifesto della Nouvelle Vague. Il fermento di questo periodo, insieme a ‘’ Hiroshima mon amour ‘’ (1959) di Alain Resnais, ha trasformato la linguistica e la grammatica del cinema fino a metterne in discussione l’ortodossia e le regole sintattiche. ‘’ Questa è la mia vita ‘’(1962), con Anna Karina, è il suo secondo successo alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, vincendo il Premio Pasinetti e il Premio Speciale della Giuria. La filmografia di Godard è molto vasta ed è oggi considerato uno dei più grandi filosofi dell’immagine in movimento, controverso, polemico, cinico ma poetico, omaggiato dall’Oscar alla Carriera da ben due César onorari, dal Leopardo d’Onore a Locarno, dalla Medaglia d’oro del presidente del Senato Italiano e dal Leone d’Oro alla carriera.

  3. Claude Chabrol
    Dopo aver studiato letteratura a Parigi, entra ed esce dall’industria cinematografica, incontrando i registi Godard, Truffaut e Romer, iniziando a collaborare con le riviste cinematografiche Arts e Cahiers du cinéma. Chabrol lavorò anche nell’ufficio stampa della Fox e nel 1957 realizzò il suo primo film, ‘’Le beau Serge’’ che praticamente consacrò Claude Chabrol un erede della Nouvelle Vague. In quell’anno è stato pubblicato anche un libro molto importante, di cui Romer è coautore, che spiega la poetica di Alfred Hitchcock, un regista che in seguito avrebbe esercitato una grande influenza su Chabrol. Il film anticipava già quelli che sarebbero diventati i tratti distintivi del cinema di Chabrol: l’introspezione psicologica dei personaggi e delle loro relazioni, la trama spesso poliziesca e la rappresentazione accurata dell’ambiente sociale. Il regista francese ha diretto oltre 50 film, fra i quali vanno sicuramente segnalati ‘’ I cugini ’’ (1959), ‘’ Donne facili ‘’ (1960), ‘’Un affare di donne’’ (1988), ‘’ Madame Bovary ’’ (1991), ‘’ Il buio nella mente ’’ (1995), ‘’ Rien ne va plus’’ (1997) e ‘’Grazie per la cioccolata’’ (2000).

  4. Mathieu Kassovitz
    Mathieu Kassovitz è una figura singolare. Figlio del regista Peter Kassovitz, riconosciuto per film duri e profetici come ‘’L’odio’’ e poi odiato per una serie di epopee alla francese, è uno di quei volti del cinema difficilmente inquadrabili dalla critica. Ha esordito alla regia nel 1990 con il cortometraggio ‘’ Fierrot le pou ‘’, seguito da altri cortometraggi e poi dal lungometraggio ‘’ Metisse’’ (1993). Il film ha vinto il César (per il miglior film e il miglior montaggio) e il Premio della Giuria al Festival di Cannes. Il film prefigura l’emergere di un nuovo grande autore. Nel 2000, scrive e dirige ‘’ I fiumi di porpora ‘’, con Jean Réno e Vincent Cassel nei panni di due detective sulle tracce di una misteriosa setta che sta affrontando il problema della clonazione. Che si tratti della mania di classificazione dei giornalisti o delle sue stesse contraddizioni, Kassovitz è sicuramente uno dei volti più importanti del cinema francese ed europeo di oggi.

  5. Luc Besson
    All’ultimo posto tra i 5 registi francesi da conoscere, abbiamo Luc Besson. Egli comincia a interessarsi al cinema e inizia a dedicarsi a piccoli lavori occasionali in vari film. Appena diciannovenne si trasferisce a Hollywood per imparare il mestiere dagli americani e quest’esperienza lo forma profondamente e, non a caso, viene tuttora considerato il regista francese più americano degli ultimi vent’anni. Dopo tre anni di full immersion (sviluppa una passione sin da giovane per l’ambiente marino) di a stelle e strisce, torna in Francia e fonda la casa di produzione ‘’ Les Films du Loup ’’, che diventerà poi ‘’ Les Films du Dauphin ’’. Nel 1982 debutta con ‘’Le dernier combat ’’, un film ispirato alla serie di Mad Max, e inizia a sottolineare la sua personale visione della violenza. Il tema della difficoltà di comunicazione tra gli individui e un atteggiamento irrimediabilmente romantico sono espressi all’estremo in ‘’Subway’’ (1985),’’ Nikita ‘’ (1990) e soprattutto in ‘’ Leon ’’ (1994). Besson è autore di film che celebrano la fisicità, spesso influenzati dai film d’azione hollywoodiani ma allo stesso tempo esiste in lui una visione malinconica, quasi pessimistica dell’esistenza.

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Fonte immagine in evidenza: tratta dal film ” Leon ”: Wikipedia

A proposito di Martina Barone

Laureata in Lingue e Culture Comparate presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale. Appassionata di cultura giapponese, letteratura, arte, teatro e cinematografia.

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