Benvenuti in casa Esposito: il film di Gianluca Ansanelli tratto dal romanzo di Pino Imperatore

Benvenuti in casa Esposito: il film di Gianluca Ansanelli tratto dal romanzo di Pino Imperatore

Il 20 settembre al Cinema Metropolitan è presentato alla stampa Benvenuti in casa Esposito, il film di Gianluca Ansanelli in tutte le sale dal 23 settembre

Il regista di Troppo Napoletano, Gianluca Ansanelli, presenta alla stampa lunedì 20 settembre al Cinema Metropolitan di Napoli il suo nuovo film, Benvenuti in Casa Esposito, tratto dall’omonimo romanzo di successo di Pino Imperatore Benvenuti in casa Esposito. Le avventure tragicomiche di una famiglia camorrista (Giunti, 2012).
La commedia di Gianluca Ansanelli ed il romanzo di Pino Imperatore cercano di unire quelle che sono sempre state le due narrazioni di Napoli: quella leggera e comica di Totò e delle commedie di Scarpetta ed Eduardo, oltre che dei tanti e tanti film degli ultimi anni ambientati a Napoli, e quella cupa, violenta e disperata di Gomorra, proponendosi di mettere in scena una famiglia camorrista sui generis, dai tratti tragicomici, dando vita ad una favola che guarda al futuro con speranza di riscatto.

Benvenuti in casa Esposito: è possibile ridere della camorra?

Nel rione Sanità vive con la sua famiglia Tonino Esposito (Giovanni Esposito), orfano di un noto boss della Camorra che non ha ereditato, tuttavia, l’indole e le abilità paterne, e pertanto non è riuscito neppure a ereditare il suo ruolo naturale di successore a capo del clan, ruolo che ha ereditato, invece, Don Pietro De Luca (Francesco Di Leva), che s’impegna a passare a Tonino e alla sua famiglia un sussidio di mantenimento a vita, per volontà del padre, affidandogli soltanto incarichi di poco conto che servono, più che altro, a tenerlo lontano dai guai che inevitabilmente causerebbe a causa della sua inadeguatezza al sistema camorrista ed evitare che noccia agli affari di famiglia, come ha sempre fatto, non volendo, fin da bambino, quando ha causato l’arresto del padre raccontando in un tema scolastico, con la goffa ingenuità che ancora da adulto lo contraddistingue e con una certa fierezza, che il padre era un noto capozona, responsabile di molte eclatanti imprese nel quartiere. Nonostante i ripetuti sforzi di Don Pietro di tenerlo lontano dagli affari, Tonino cerca di emulare le gesta paterne ma, non riuscendo mai davvero a liberarsi del confronto con questo genitore ingombrante, finisce per deludere sé stesso ed i propri propositi delinquenziali continuamente, con imprese dagli esiti tragicomici al fianco di Enzuccio (Antonio Orefice), suo collaboratore: Tonino è un buon’uomo, tanto spesso accusato di essere un fesso, un uomo inadatto a quel tipo di vita, che si ostina a cercare di condurre perché figlio di quella tradizione, per senso del dovere, anche se non c’è nulla di più lontano dalla sua indole che la malavita.

A fargli comprendere che c’è un’alternativa alla vita da mediocre camorrista e che è sempre possibile riscattare la propria condizione è la figlia, una ragazza che si emancipa dalle proprie origini attraverso lo studio e che proprio tra i banchi di scuola intraprende una relazione col figlio del magistrato che tiene d’occhio il clan a cui appartiene anche la famiglia di Tonino. Una ragazza che desta stupore perché, a differenza di tutte le altre ragazze del quartiere, ha scelto un fidanzato diverso, e non “un pregiudicato”, come lamenta la nonna materna (Nunzia Schiano) in una scena del film, una donna la cui figura, come spiega l’attrice in conferenza stampa, incarna, col marito e la figlia Patrizia (Antonia Truppo) quella parte di napoletani che non possono propriamente definirsi delinquenti, ma neppure persone oneste, perché abituate a vivere in quel contesto e accettando determinate condizioni che reputano, tutto sommato, comode, mentre invece il cambiamento richiede un sacrificio che non sempre si è disposti ad accettare. Casa Esposito non appare, dunque, come un nucleo compatto. In essa sono presenti varie anime: Tonino combatte con un padre ingombrante, con la volontà di eguagliarlo ma con la consapevolezza di essere altro da lui, sua figlia si vergogna della storia della famiglia da cui proviene e cerca l’emancipazione attraverso lo studio, la madre è una donna del tutto estranea al sistema camorrista, che ha sposato un uomo che si è rivelato essere spietato e crudele, la moglie ed i suoceri sono adagiati in una situazione statica e comoda.
Obiettivo di Tonino sarà dimostrare a sé stesso, alla sua famiglia e al mondo intero di non essere un fesso, assumendosi per la prima volta la totale responsabilità delle proprie scelte, affrontando i propri fantasmi: scelte guidate dalla propria volontà e non da un cognome che non può né deve influire sul presente e sul futuro in modo deterministico.

Benvenuti in casa Esposito è una commedia divertente e godibile, ricca di gag esilaranti (in particolar modo i siparietti tra Tonino ed Enzuccio e la canzone E latitanza sia, cantata da un poliedrico Giovanni Esposito che fa il verso a ‘Nu latitante di Tommy Riccio), nella quale spiccano le interpretazioni di Giovanni Esposito e Francesco Di Leva (magistrale interpretazione nel ruolo di protagonista de Il Sindaco del Rione Sanità di Mario Martone, 2019), che sembra quasi proporre una versione più pacchiana, a tratti parodizzante, del Salvatore Conte di Gomorra, con i suoi abiti colorati ed i quadri dei quali non capisce il senso ed il valore, ma che si ostina a comprare per darsi un tono. Una commedia che dimostra che sì, è possibile ridere della camorra, il più grande male che affligge la nostra terra, se l’umorismo pungente, che fa riflettere, serve ad esorcizzare la paura. Una commedia da non perdere per il suo messaggio di speranza e riscatto, perché parla di una Napoli che ha il coraggio, la volontà e le capacità di voltare strada.

«Commedia e tragedia, dunque: un connubio azzardato che forse è la maniera più fedele per rappresentare una città complessa come Napoli. Proprio come Tonino Esposito infatti, anche Napoli ha due facce: da una parte c’è la sua anima scura, fatta di illegalità, delinquenza, ignoranza, e dall’altra la sua parte bella fatta di umanità, calore, intelligenza, generosità, allegria. Perciò proprio nella redenzione finale di Tonino sta forse il messaggio più importante del film: un messaggio di speranza per tutta la città, affinché possa riscattarsi da un certo tipo di stereotipo criminale e mostrare al mondo la parte migliore di sé.» spiega il regista Gianluca Ansanelli.

Foto della conferenza stampa

A proposito di Giorgia D'Alessandro

Laureata in Filologia Moderna alla Federico II, docente di Lettere e vera e propria lettrice compulsiva, coltivo da sempre una passione smodata per la parola scritta.

Vedi tutti gli articoli di Giorgia D'Alessandro

Commenta