Caterina va in città (film) | Recensione

Caterina va in città

Caterina va in città è un film del 2003 del regista toscano Paolo Virzì. Nel 2004 è stato candidato ai David di Donatello come Migliore sceneggiatura ed è risultato vincitore nella categoria Miglior attrice non protagonista con l’attrice Margherita Buy.

Trama del film

La protagonista di Caterina va in città (Alice Teghil) è una ragazzina di 13 anni semplice e ingenua che si vede sradicata dal piccolo paesino di provincia, Montalto di Castro, dopo che il padre (Sergio Castellitto) ha ricevuto il tanto agognato trasferimento in una scuola di Roma. Nella nuova scuola si ritrova in una classe divisa in due fazioni, capeggiate da Daniela e Margherita, che si definiscono rispettivamente di destra e di sinistra; orientamenti che non nutrono il benché minimo sentimento politico, ma riflettono i mondi gravitazionali dei loro padri, esponente di Alleanza Nazionale della prima e professore universitario e filosofo della seconda. Caterina viene risucchiata nell’orbita prima dell’una e poi dell’altra, per poi uscirne delusa e ferita da entrambe.

Dopo una lite a scuola Caterina scappa e vaga per la città da sola. Sulla via del ritorno, preoccupata per la reazione dei genitori, si rifugia dal ragazzo australiano del palazzo di fronte, Edward, il quale le confessa che ogni tanto la osserva dalla finestra ma non è ancora riuscito ad inquadrarla. Una volta a casa la reazione del padre è all’apparenza comprensiva: «Tu sei come me, noi siamo due vittime», dice alla figlia, e continua riferendosi ai padri delle compagne di classe, «Tutti e due delle stesso partito quelli che sanno come si sta al mondo». A questo punto è chiaro che il centro del discorso non è più la figlia: «Noi», tuona afferrando il braccio di Caterina e della moglie (Margherita Buy), «siamo persone che possono contare solo sulle proprie forze, allora io una volta pensavo che era proprio grazie a questo che ce la potevamo fare e invece mi sono sbagliato». 

Cosa ci insegna Caterina va in città

Caterina va in città mette in scena in maniera tragicomica la disfatta dell’uomo comune. Giancarlo, il padre di Caterina, è un uomo consumato dai rimpianti e dalle sue ambizioni, a cui tenta di dar voce in maniera disperata; pensa che la realtà urbana e soprattutto la conoscenza delle persone giuste possano costituire una possibilità per dar voce al suo romanzo nel cassetto, e sprona infatti anche la figlia a frequentare le sue compagne di scuola. Lo scontro con la realtà è doloroso: non solo Giancarlo capisce che da certe “conventicole”, come le chiama lui, gli sarà sempre precluso l’accesso, ma nella sua spasmodica ricerca di approvazione dall’alto ha trascurato chi gli stava a fianco: scoprirà, infatti, che sua moglie ha una storia col suo amico d’infanzia.

Senza più alcuna certezza, a Giancarlo non resta che la sua moto da ragazzo, simbolo di un tempo in cui tutto era ancora possibile; allora fugge, forse in cerca di una strada alternativa da percorrere. Caterina, a differenza di suo padre, seppur ingenua e disorientata nella grande città, non si lascia corrompere ma soprattutto ammaliare da questi mondi alternativi al suo. Quando capisce di non appartenere al contesto in cui si trova torna sui suoi passi, rimanendo fedele a se stessa e incamminandosi nuovamente nel tentativo di capire chi è. Nel finale di Caterina va in città la vediamo aver coronato il suo sogno, ovvero quello di entrare nel coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Ciò dà prova del fatto che, a differenza del padre, intrappolato nel suo stesso vittimismo, Caterina è una ragazza che non si cura del contorno e non si aspetta l’approvazione di nessuno: è capace, infatti, di andare avanti per la sua strada godendosi il percorso.

Una citazione da Caterina va in città:
«Ho trovato una spiegazione a tutto questo in un documentario scientifico visto alla TV. Dicevano che al contrario dei pesci, che coi loro occhi guardano di lato e delle mosche che invece guardano dappertutto, noi umani possiamo solo guardare avanti».

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia 

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