Il Magical Negro è un tropo del cinema, della letteratura e della televisione statunitense che vede un personaggio nero vestire i panni di un personaggio secondario, la cui unica funzione è quella di aiutare il protagonista, solitamente bianco. Il Magical Negro è spesso dotato di intuizioni speciali o poteri mistici ed è, da tempo, parte della tradizione della narrativa americana. La parola in disuso e dispregiativa negro è qui utilizzata per indicare un ritorno agli stereotipi razzisti del Sambo o del Buon selvaggio.
Origini del termine
Dobbiamo ringraziare Spike Lee per aver reso popolare questo termine politicamente scorretto ma molto utile. Lee lo ha usato per la prima volta in una discussione del 2001 tenutasi in alcuni campus universitari, dove fece un lungo elenco di questi personaggi. Lee citò a tal proposito personaggi interpretati da artisti del calibro di Cuba Gooding Jr. in Al di là dei sogni, in cui riveste il ruolo di una guida spirituale che aiuta Robin Williams a salvare la moglie dall’inferno, Will Smith in La leggenda di Bagger Vance, che interpreta il mentore del golfista interpretato da Matt Damon e infine Michael Clarke Duncan in Il miglio verde, che vediamo nei panni di un gigante gentile nel braccio della morte il cui tocco guarisce le malattie dei bianchi.
La scelta delle parole è deliberatamente anacronistica: negro ha smesso di essere alla moda circa 40 anni fa, ma è proprio per questo che è così devastante. Anche se i film in questione si sforzano di dimostrare che il personaggio afroamericano è una persona in carne e ossa tanto quanto l’eroe bianco, la relazione è ancora quella di un padrone e di un servitore.
«Come mai i neri hanno questi poteri ma li usano sempre a beneficio dei bianchi?» chiese Lee sarcasticamente.
Caratteristiche
Il Magical negro è un tropo nel cinema, nella televisione e nella letteratura: il personaggio è tipicamente, ma non sempre, dotato di qualche sorta di potere magico, spesso non ha un passato e appare nella storia semplicemente per aiutare il protagonista bianco. Il personaggio appare paziente e saggio, e dispensa perle di saggezza agli altri personaggi. È colui che farà di tutto, incluso sacrificare se stesso, pur di salvare il protagonista bianco, come esemplificato in I Ribelli (2017) in cui Sidney Poitier interpreta lo stereotipo del Magical negro.
La critica cinematografica Audrey Colombe sostiene che il tropo è stato perpetuato dall’industria cinematografica prevalentemente bianca, mentre il regista e scrittore Spike Lee ha affermato nel 2001 che l’industria cinematografica dominata dai bianchi sta ancora facendo la stessa vecchia cosa, riciclando il cliché del buon selvaggio e dello schiavo felice.
Gli storici del razzismo Francisco Bethencourt e John Beusterien fanno risalire l’origine tropo alle comedias de negros spagnole di fine quindicesimo e inizio sedicesimo secolo, e alla loro rappresentazione dei soldati salvatori neri che rafforzano lo stereotipo della presunta maggiore forza fisica degli africani. Tra questi ci sono El prodigio de Etiopía e El negro del mejor amo di Lope de Vega.
Christopher John Farley afferma che lo stereotipo è radicato nell’ignoranza degli sceneggiatori nei confronti degli afroamericani:
«La maggior parte degli sceneggiatori di Hollywood non sa molto delle persone di colore, a parte quello che sente nei dischi della star bianca dell’hip-hop Eminem. Quindi, invece di ottenere storie di vita o interessi amorosi, i personaggi di colore ottengono poteri magici».
Lo stereotipo del magical negro serve come espediente narrativo per aiutare il protagonista bianco a risolvere una situazione problematica: in genere il personaggio nero aiuta il personaggio bianco a riconoscere i propri difetti e a superarli insegnandogli ad essere una persona migliore. La magia di cui il Magical negro è dotato è apparentemente diretta ad aiutare e illuminare un personaggio maschio, bianco.
In definitiva, è ora di sbarazzarsi dei cliché e degli stereotipi per restituire una rappresentazione dignitosa e a 360 gradi delle persone nere a livello cinematografico (e non solo); solo così il cinema potrà definirsi realmente inclusivo.
Fonte immagine: Wikipedia