Siccità di Paolo Virzì | Recensione

siccità di Paolo Virzì

Il film Siccità di Paolo Virzì è certo figlio di due anni di limitazioni e quarantene e delle notizie che ci circondano, che si fondono sempre più coi migliori romanzi distopici. In Siccità ci troviamo un po’ di distopia e un po’ di verità, un po’ di umorismo e un po’ di amarezza.

Paolo Virzì sforna questa commedia corale nel settembre 2022, con un cast eccezionale: Valerio Mastandrea, Claudia Pandolfi, Silvio Orlando, Tommaso Ragno, Elena Lietti e, ciliegina sulla torta, Emanuela Fanelli. Le story line e gli intrecci sono parecchi e questo a tratti affatica come un’abbuffata, oltre a non permettere di sviluppare tutte le linee della narrazione veramente bene.

Un vero peccato se si considera che ogni personaggio di Siccità merita la sua attenzione.

Siccità di Paolo Virzì: Trama e Analisi

Nella cornice di una Roma in crisi idrica da poco più di un anno si avvicendano diverse storie: Loris (Mastandrea), tassista divorziato un tempo autista di auto blu, combatte con i propri fantasmi e con i ritmi lavorativi disumani; Sara (Pandolfi) è una dottoressa brillante, ma ormai stanca, che sospetta una nuova malattia contagiosa. Si è risposata senza successo con Luca, avvocato che si consola una compagna di liceo; il prof. Del Vecchio (Diego Ribon) è un professionista chiamato dai mass media per rincuorare e dare sicurezza alla popolazione; Alfredo (Ragno) è un ex attore che impiega il suo tempo a mettersi a nudo sui social, e non si accorge di essere in crisi tanto con la moglie Mila (Lietti), costretta a lavorare al supermercato, quanto col figlio; Antonio (Orlando) è un detenuto che ormai sembra essersi ambientato a Rebibbia e per un errore si ritrova fuori dalle sue mura; Valerio (Gabriel Montesi) è il nuovo bodyguard di Raffaella (Fanelli), figlia del proprietario di un resort della Roma bene, che si trova nell’occhio del ciclone poiché sfrutta litri d’acqua per le terme, quando alla maggior parte della popolazione l’acqua potabile viene rateizzata.

Insomma, piatto ricco mi ci ficco. I temi che ormai conosciamo dalla cinematografia italiana degli ultimi anni ci sono tutti (la decadenza della capitale, la critica alla borghesia e al classismo, come da salsa Sorrentiniana) e si fondono con altri che abbracciano la scena internazionale e ricordano un nostrano Don’t Look Up (la strumentalizzazione dei mass media e dell’informazione, la crisi ambientale, la differenza generazionale).

Come Don’t Look Up, Siccità di Paolo Virzì è una fotografia, un dipinto della società, nello specifico italiana e soprattutto romana, in un momento di disastro naturale, sempre più vicino all’estinzione. Il personaggio del professor Del Vecchio è parallelo al Dr. Mindy di Di Caprio: un professore semplice e dedito alle sue conoscenze, trasformato dal mondo dei mass media e delle apparenze. Tant’è che entrambi si lasciano sedurre dalla bella vita e dal privilegio, e da una donna che incarna tutti i valori alto-borghesi (in Siccità Monica Bellucci).

Roma è sapientemente divisa in due spazi nell’esasperazione capitalista: una minoranza vive il mondo patinato de La Grande Bellezza, si può permettere tutta l’acqua che vuole e fare il bagno nella jacuzzi, mentre la stragrande maggioranza può accedere alla distribuzione dell’acqua per poche ore al giorno ed ha un limite di casse acquistabili. Il primo gruppo si immerge nelle proprie piscine sui tetti e si gode i propri terrazzi ai piani alti, il secondo gruppo vive al piano terra, affrontando la vita quotidiana, la sporcizia e le blatte.

Nel film Siccità di Paolo Virzì l’aridità del clima è anche, volendo, una metafora dell’animo prosciugato dei personaggi: lo stesso Virzì ha definito Siccità «una galleria di personaggi ugualmente innocenti e colpevoli, un’umanità spaventata, affannata, afflitta dall’aridità delle relazioni, malata di vanità, mitomania, rabbia, che attraversa una città dal passato glorioso come Roma, che si sta sgretolando e muore di sete e di sonno».

La reazione alle ingiustizie che viene proposta dalle televisioni e dai vari influencer, tra cui Alfredo (Tommaso Ragno), non è mai la rabbia, ma la diplomazia e l’accettazione. Ognuno deve limitarsi e abituarsi a quelle porzioni d’acqua giornaliere senza protestare, per il bene comune. Infatti, chiunque annaffi le piante o lavi la macchina è additato dall’opinione pubblica come dalla legge, i furbi che chiedono un po’ di acqua in più vengono denigrati, e vengono invece celebrate le condizioni di estremo sacrificio come quelle raccontate dal richiedente asilo Sembene.

Per quanto Siccità di Paolo Virzì si guardi facilmente fra gli sprazzi di realtà in stile Neorealista, la sceneggiatura di Francesca Archibugi, Paolo Giordano e Francesco Piccolo tende un po’ a perdersi, e rimane una fotografia, una riflessione sospesa, una scenetta dall’alto, senza un vero e proprio finale.

Fonte Immagine di copertina: MovieTele.it

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