Don’t Look Up, la distopia e l’estetica della fine del mondo

Don’t Look Up, la distopia e l’estetica della fine del mondo

Come saremmo se il mondo finisse fra 6 mesi e 24 giorni? Il film di Adam McKay candidato agli Oscar 2022 è un’opera distopica che, però, dipinge minuziosamente la comunità umana occidentale in un’ipotetica situazione di disastro. Don’t Look Up è uno specchio sociale che rende palesi ai nostri occhi certi meccanismi di pensiero e ci fa venire voglia di schiaffeggiarci da soli.

Jennifer Lawrence è la dottoranda Kate Dibiaski che in osservatorio scopre una nuova cometa che, per merito, prenderà il suo nome. Il professor Randall Mindy (Leonardo Di Caprio) ne calcolerà e ricalcolerà la traiettoria per poi scoprire che l’astro, grande quanto l’Everest,  si infrangerà proprio sul pianeta Terra: un evento naturale che scatenerebbe al 100% l’estinzione di massa, se non venisse fermato.

I due ricercatori vengono convocati alla Casa Bianca tramite Teddy Ogelthorpe, funzionario governativo dell’“Ufficio di Coordinazione della Difesa Planetaria”, e incontrano la presidente Jeanie Orlean (Maryl Streep) e suo figlio Jason (Jonah Hill), impostati come macchiette del partito conservatore. La priorità della presidente è però la sua propaganda elettorale, perciò inizialmente decide di sotterrare la notizia.

Kate Dibiaski ovvero la moderna Cassandra

I due studiosi cercano in ogni caso di informare la popolazione attraverso il Daily Rip, un famoso notiziario condotto da Brie Evantee (Cate Blanchett) e Jack Bremmer (Tyler Perry). In questo momento il personaggio di Lawrence viene incanalato: Kate Dibiaski sbotta in diretta nazionale infastidita dalla superficialità e dal trattamento di sufficienza indirizzato agli scienziati nella trasmissione televisiva. La scena diventerà virale su internet e ne verranno fatti infiniti meme. La dottoranda diventa una specie di Cassandra contemporanea: di profetessa non ha nulla, siccome ha i dati alla mano e la conferma delle valutazioni scientifiche di decine di altri specialisti, ma in qualche modo alla sua voce viene attribuita inverosimiglianza, viene dato un carattere di mito e leggenda, e ciò che narra diviene opinabile. A Kate viene dato, quindi, come a Cassandra, il fardello di sapere, ma non essere creduta: la notizia è una pillola amara da ingoiare, ma il fatto che le vite degli altri continuino a fluire nella spensieratezza e nelle apparenze la rende ancora più dolorosa. In più, la cometa distruttiva porta il nome Dibiaski: la percezione di ciò, durante il film, passerà da privilegio scientifico a stancante associazione di una tragedia al proprio nome. Una riflessione va fatta su quanto effettivamente venga, in qualunque situazione, trovato un capro espiatorio verso cui destinare tutto il discorso d’odio online – una pratica inutile, se si guarda, come in questo caso, alla sopravvivenza della specie.

Il vortice mediatico

Al Dr. Mindy è attribuito un destino diverso, poiché si mostra già “addestrato” per comparire nei media: appare un uomo semplice, rassicurante e attraente, e sarà questa l’immagine di lui che verrà man mano esasperata. Così Don’t Look Up evidenzia come i media preferiscano personalità che regalino fragili illusioni alla gente, personaggi confezionati ad hoc per comparire, influenzare, affascinare, condizionare e tenere a bada le masse. Randall sarà ben voluto da tutti, diventerà l’amante della conduttrice Brie Evantee, perfetto modello di donna ricca e istruita funzionale ai media, e farà continue comparse in televisione, come figura ausiliare al nuovo piano della presidente Orlean.

Tant’è vero che, dopo uno scandalo, la presidente Orlean decide di appoggiare il progetto di distruzione della cometa per riguadagnare terreno durante le elezioni, e solo così, per mezzo di interessi politici, la cometa diviene una notizia dal forte clamore mediatico.

Da questo momento in poi Don’t Look Up ci dipinge fastidiosamente bene. Il pubblico riceve la notizia parlandone sui social, su cui girano le opinioni più disparate: non mancheranno i politici populisti che rinnegano la verità, teorie del complotto,  stupide challenge virali autolesive e personaggi famosi che diranno la loro. Tutte cose, si capirà, inutili ai fini della sopravvivenza dell’umanità.

Gli influencer della catastrofe

Il piano di distruzione della cometa verrà stranamente annullato dopo che Peter Isherwell, CEO di un’azienda produttrice di sofisticati smartphone e intelligenze artificiali, oltre che principale finanziatore della presidente, si consulta con quest’ultima. Viene scoperto che la cometa contiene materiali dal valore di miliardi di dollari e che smantellarla vorrebbe dire risolvere i maggiori problemi mondiali come la fame nel mondo.

Anche qui Don’t Look Up ci mostra due fedeli reazioni a questa  notizia: persone di mezza età, come i genitori di Kate, saranno favorevoli al nuovo piano, che porterebbe tanti nuovi posti di lavoro; voci più giovani crederanno che sia solo un ulteriore piano per rendere i ricchi ancora più ricchi. Un dibattito molto acceso come tanti, solo che questa volta si gioca con l’estinzione. Dati alla mano.

Nel momento in cui la cometa diverrà visibile nel cielo terrestre nasceranno due movimenti: Just Look Up (Guarda in alto), che diverrà in un primo momento virale, poiché finalmente ognuno poteva sperimentare con i propri occhi la verità tangibile, e in seguito Don’t Look Up, portato avanti dal partito conservatore con la prerogativa che “loro” vogliono dirci cosa fare, “loro” vogliono sentirsi meglio di noi, perciò noi non guardiamo in alto. Per motivazioni politiche dunque, suggerisce il film, ci priviamo del nostro stesso giudizio. Siamo così concentrati a seguire una scia di pensiero che ci dimentichiamo di capire e verificare con i nostri sensi ciò che succede intorno a noi.

La fine del mondo e noi

Allontaniamoci di un passo dallo schermo, analizziamo la cornice generale e capiamo che la distopia non è poi così lontana da ciò che stiamo vivendo. Sono decenni ormai che gli specialisti ci dimostrano l’incidenza quasi irreversibile del modo in cui sfruttiamo l’ambiente secondo il nostro modello economico e sociale. Don’t Look Up fa una previsione di ciò che potrebbe succedere se non mettiamo da parte l’enorme distrazione di odiarci l’uno con l’altro, se non abbandoniamo l’inguaribile istinto di avere ragione. Il film ci mette davanti, qui e lì nella proiezione, dei frame in stile documentario del mondo che ci circonda, e quindi i più semplici gesti, dall’ippopotamo che sguazza nel laghetto al bambino che nasce. Dovremmo rimanere ancorati a quelle immagini, abbandonare tutte le sovrastrutture di prestigio, produzione e successo, per capire cosa stiamo facendo al nostro mondo. Quello che conta alla fine di Don’t Look Up è la semplicità e un tavolo con attorno le persone che ami.

Fonte immagine di copertina: Wikipedia 

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