La regia di Stefano Sollima si è distinta negli anni con la sua visione artistica cruda e violenta. Analizziamo le opere che hanno contribuito a definire lo stile registico di Stefano Sollima e il suo impatto sul cinema italiano contemporaneo.
Quando parliamo di cinema italiano dei nostri giorni, il nome di Stefano Sollima spicca sicuramente tra i cineasti più influenti e visionari, con una propria idea di cinema ben chiara. Egli è un figlio d’arte, suo padre è il regista Sergio Sollima noto soprattutto per aver portato gli Italiani nella foresta di Mompracem, mettendo su pellicola le righe dello scrittore Emilio Salgari, ed è su questi set che si forma il giovane Stefano: per lui, è la miglior scuola di cinema per apprendere. Dopo diversi cortometraggi e la direzione di diversi episodi seriali, arriva il successo di Stefano come regista, grazie alla serie Romanzo criminale. Su questa scia arriva l’esordio su grande schermo, con ACAB – All Cops Are Bastards, e anche l’approdo alla direzione di opere internazionali, quali Soldado con Benicio Del Toro, sequel di Sicario di Denis Villeneuve, e Senza rimorso con Michael B Jordan.
Dai suoi film, emerge in modo dominante la sensibilità verso la sua Roma, in particolare al lato malavitoso e corrotto, molto spesso causa dei problemi della capitale. Sollima porta più volte sullo schermo la banda della Magliana, un’organizzazione criminale mafiosa nata ed operante a Roma e nel resto del Lazio, attiva tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90, e le forze dell’ordine in atti poco dignitosi e giusti.
1. ACAB (2012)
Tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini, pubblicato in Italia per Einaudi, il film è basato su una storia vera. ACAB è acronimo di all cops are bastards (tutti i poliziotti sono bastardi), un motto originario del movimento skinhead inglese degli anni Settanta che è diventato nel tempo un richiamo universale alla guerriglia nelle città, nelle strade, persino negli stadi. Nel film, Cobra (interpretato da Piefrancesco Favino), Negro (Filippo Nigro) e Mazinga (Marco Giallini) sono tre “celerini bastardi”, più che semplici poliziotti. Vivono immersi nella violenza, senza contare che sulla loro pelle hanno imparato a esserne bersagli. Questa violenza diventa lo specchio distorto di una società esasperata e di un mondo governato dall’odio che ha smarrito le sue regole e che i tre cercano di far rispettare anche con l’uso spregiudicato della forza.
In un momento forse più delicato delle loro vite, quando la sfera privata li mette di fronte a difficoltà personali, tutto cambia quando si imbattono una giovane recluta, Adriano (Domenico Diele). La devozione che Adriano nutre per la legalità, per l’applicazione, anche nella sua forma più spregiudicata e violenta, della legge, diventa la lente attraverso cui si racconta questa controversa squadra.
Il film non manca di strizzare l’occhio alla realtà storica dei fatti. Infatti, tutto si svolge sullo sfondo degli episodi più sconcertanti di violenza urbana accaduti in Italia negli ultimi anni, dal G8 di Genova fino alla morte di Gabriele Sandri.
La regia di Sollima si dimostra cruda senza fronzoli e sa catturare l’atmosfera intensa e claustrofobica del mondo poliziesco.
Il film è convincente anche per le tematiche affrontate, sfortunatamente sempre attuali, come la brutalità della polizia, la corruzione e la violenza urbana. Sollima affronta e catapulta gli spettatori nel dilemma morale dei protagonisti, poliziotti spinti a un comportamento estremo per mantenere l’ordine pubblico, anche a discapito delle loro stesse vite personali e della moralità.
2. Romanzo criminale – la serie (2010 – 2012)
Della produzione di Sollima, questa serie è una specie di tappa fondamentale a cui approdare, soprattutto per comprendere anche i due film che compongono la cosiddetta trilogia della “Roma criminale”, così come raccontata dalla regia di Sollima, a cui si aggiungono Suburra, del 2015, e Adagio, uscito nelle sale pochi mesi fa, a fine 2023. La serie offre uno sguardo approfondito sul background criminale di Roma degli anni ’70: basata sul romanzo di Giancarlo De Cataldo, segue le ‘imprese’ di alcuni membri della banda della Magliana, guidata da Libanese, Freddo e Dandi.
Sollima cattura ancora una volta l’essenza di un’epoca segnata dalla violenza, dalla corruzione e dall’ambizione. L’efficacia della narrazione è favorita anche dalla profondità con cui gli attori Francesco Montanari, Alessandro Roja, Andrea Sartoretti interpretano i loro personaggi, in una delle loro prime prove attoriali.
Sollima trasmette abilmente un senso palpabile di tensione e di pericolo nel corso della storia, un racconto di criminalità ma anche una riflessione sul concetto di umanità e sulle forze che guidano le persone verso la vita criminale: la serie si è distinta come un capolavoro del genere crime nell’ambito delle serie TV.
3. Suburra (2015)
La seconda opera cinematografica di Stefano Sollima restituisce nuovamente un dipinto assai crudo della Roma criminale e si sofferma sui resti della banda della Magliana, inserendosi cronologicamente all’interno di un continuum con l’opera seriale già menzionata. La narrazione si sviluppa nell’arco di una settimana e culmina in un finale apocalittico che rivela una nuova prospettiva sui fatti precedenti per cui sembra incarnare perfettamente il significato della parola apocalisse.
La trama presenta una galleria di personaggi interconnessi per cui è difficile individuare un vero protagonista se non il crimine, che avvolge la città come un mantello. La criminalità romana si sviluppa in ogni angolo, influenzando non solo la politica ma anche la religione ed evidenziando il dominio del potere e del denaro nel mondo. Il film, infatti, scopre a poco a poco la fragilità del volto della politica e i suoi attori, individui seduti in parlamento con il solo scopo di arricchirsi, trascurando il loro dovere pubblico: non è lo scopo del loro lavoro che conta, ma come possono sfruttarlo per ottenere maggiori guadagni.
Una nota particolare del film è che le azioni dei personaggi non si svolgono alla luce del sole, perciò la fotografia oscura ha lo scopo di risaltare questo aspetto. In questo sta il significato allegorico della resa grafica del film, che non rappresenta mai il lato chiaro, limpido e visibile della giustizia.
4. Adagio (2023)
Adagio si addentra nelle vicende di tre ex membri della banda della Magliana in una città avvolta da un incendio e da blackout intermittenti. Ognuno di questi elementi da sfondo lavora assieme agli altri per delineare chiaramente la trama: in un ambiente così soffocante, la giustizia è difficile da ritrovare. Il fumo della criminalità, infatti, avvolge ogni angolo della città, influenzando non solo i criminali protagonisti ma anche i poliziotti, sospesi ormai tra legalità e illegalità, il cui modo di agire si discosta dai valori che dovrebbero rappresentare.
Favino riesce a trasmettere il tormento interiore che perseguita Cammello, mentre Adriano Giannini incarna le preoccupazioni personali e professionali di Vasco. Servillo, invece, dà vita al disagio fisico e mentale di Daytona, mentre Valerio Mastandrea rende in modo impeccabile la rilassatezza spaccona del cieco Polniuman.
La regia di Sollima e la fotografia creano un’atmosfera buia, tesa e soffocante. La fotografia lavora su un effetto di gioco tra luci e ombre riflesso negli ambienti e le scenografie, il cui scopo è chiaramente quello di evidenziare il confine sottilissimo tra giustizia e criminalità, confine su cui si muovono i personaggi, con una colonna sonora grave e assordante.
L’importanza di Roma nelle opere del regista
Roma è centrale nella regia di Stefano Sollima, è un ulteriore personaggio e nelle sue opere va a incastrarsi con la storia e le azioni dei suoi protagonisti. Tutto avviene in funzione di Roma, di cui Sollima tiene costantemente traccia i suoi cambiamenti. «Roma è cambiata e anche io», ha affermato il regista in una delle più recenti interviste.
Con una visione che ha anche qualcosa di intricante audace, Stefano Sollima ha perseverato per rivoluzionare il panorama registico italiano degli ultimi anni, non ha avuto paura di affrontare tematiche scomode, complesse e attuali, offrendo uno sguardo incisivo e mordace sulla società italiana e il suo lato corrotto.
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