Troia: come Heinrich Schliemann ha rivoluzionato l’archeologia

Cosa ha scoperto Schliemann?

Cosa ha scoperto Schliemann? Scopriamolo insieme! 

A volte sottovalutiamo il terreno ai nostri piedi, e quanto sia un forziere di millenni di storia capace di restituirci il mito trasformato in realtà.  Nel 1871 un archeologo dilettante, ma appassionato, individuò nella collina di Hissarlik il punto dei resti dell’antica Troia, città che fino ad allora navigava nel limbo dell’epica omerica e la cui esistenza non era mai stata comprovata da nessuno. Così Heinrich Schliemann, da solo, autofinanziato, accompagnato da un’attrezzatura maldestra e dall’ostilità del governo ottomano, si mise a scavare, scavare e scavare, finché, con un colpo di pala decisivo, non incoronò il proprio sogno… seppur con qualche inesattezza. 

1. Qualcosa su Heinrich Schliemann 

Fu il padre, un pastore protestante, a trasmettere al piccolo Heinrich la passione per le civiltà antiche: un’illustrazione di Troia in fiamme, racchiusa in un libro di storia da lui regalatogli, accese in quel bambino un fuoco impossibile da estinguere. A quel punto Heinrich, impressionato, espresse un desiderio preciso: avrebbe ritrovato Troia e condiviso la scoperta con il resto del mondo. Per molto tempo questo sogno non poté che rimanere irrealizzato: Schliemann dovette abbandonare la scuola e lavorare in un negozio, dando inizio a una lunga catena di avventure e disavventure. Nel frattempo, spostandosi di luogo in luogo, iniziò a studiare da autodidatta il russo, l’inglese e, ovviamente, il greco antico, indispensabile per consentirgli un pieno accesso alla complessità dei poemi omerici. Divenuto un abile commerciante, raggiunse un livello di agiatezza economica tale da poter abbandonare la sua attività a 36 anni e dedicarsi interamente all’archeologia. Viaggiò molto, e ovunque mise piede fu un pretesto per visitare rovine antiche: ciò gli permise di constatare nella collina di Hissarlik, una cittadina sull’Egeo nel già Impero ottomano, il luogo di sepoltura dei resti di Troia. Iniziò a scavare nel 1871, e se oggi possiamo visitare i resti di Troia è solo grazie all’entusiasmo di questo archeologo dilettante, che non smise di cercare città perdute fino alla sua morte a Napoli nel 1890: pianificava infatti un’ennesima spedizione, questa volta alla ricerca della leggendaria Atlantide. 

2. Troia: tra mito e storia 

Troia è conosciuta per essere, nell’Iliade e nell’Odissea, teatro della sanguinosa guerra durata dieci anni e che contrappose in campo Achei e Troiani, gli abitanti della città. Nell’Iliade, nello specifico, vengono narrati due mesi del nono anno di assedio; nell’Odissea, invece, il momento della sua distruzione con l’ingresso nella città del famoso cavallo. Si ritiene che la guerra sia stata combattuta intorno al 1250 o tra il 1194 e il 1184 a.C., e il casus belli mitologico fu il rapimento di Elena, regina di Sparta e donna più bella del mondo, da parte di Paride, figlio di Priamo re di Troia. La città era collocata nella parte nord-ovest dell’Anatolia (Asia minore) e posta all’entrata dell’Ellesponto (Stretto dei Dardanelli): l’ubicazione strategica, che ne faceva un porto importante in cui attraccare le navi nei periodi dei forti venti che caratterizzavano lo stretto, rivela che Troia condividesse stretti legami con l’impero ittita, e che fosse capitale del Regno vassallo di Wilusa, nome con cui era conosciuta nella lingua locale.

3. Cosa ha scoperto Schliemann? Gli scavi di Troia e Micene tra errori ed esattezze

La scoperta di Schliemann fu sensazionale, e lo studioso fu in grado di ricucire la storia di Troia facendo riemergere dalle profondità del terreno ben dieci città e fasi di occupazione che si susseguirono nel tempo, a partire dal III millennio a.C. (Troia X) fino all’impero bizantino (Troia I, niente più, oramai, che una piccola sede vescovile). Ad oggi, le migliori candidate per lo scenario dei poemi risultano essere Troia VI e Troia VII. Tuttavia, a causa delle tecniche arretrate dell’epoca e della “clandestinità” con cui Schliemann condusse l’operazione, le ricerche portarono a risultati alquanto approssimativi: l’archeologo morì nella convinzione di aver individuato la città omerica in Troia II o III, ma non si rese conto di aver scavato troppo in profondità e di essere andato a ritroso nel tempo di almeno 1000 anni. Nel 1876 fu la volta di Micene, nome coniato proprio da Schliemann nel suo libro: dagli scavi emerse una serie di tombe ricche di suppellettili, tra cui una maschera funeraria d’oro che, anche stavolta erroneamente, l’archeologo dilettante identificò come quella del re Agamennone. 

Malgrado gli errori e le inesattezze giustificabili per tutta una serie di fattori, Heinrich Schliemann è considerato il pioniere dell’archeologia moderna, in quanto fece riemergere i resti di una città che ha segnato l’immaginario collettivo del mondo occidentale per millenni, rendendo pubbliche le sue scoperte al resto del mondo.

Fonte immagine per l’articolo “Cosa ha scoperto Schliemann?”: Wikimedia Commons (CherryX)

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