Chi era Ettore, l’eroe greco più umano dell’Iliade | Riassunto

Ettore, l'eroe greco più umano tra tutti

Ci sono eroi greci che ci colpiscono per la loro forza immane, altri per le loro gesta, altri ancora per i loro amori, ma Ettore ci colpisce per la sua umanità.

Chi era Ettore: le sue origini

Egli non è figlio di qualche divinità: i suoi genitori sono Priamo ed Ecuba, due umani, per quanto re e regina di Troia. Ettore combatté con tutte le sue energie per difendere la sua patria, il luogo in cui sono vissuti i suoi antenati, il centro dei suoi affetti, dove ha vissuto la gente a lui cara: la sposa Andromaca e il figlioletto Astianatte. Ettore è un eroe che non si lascia trasportare dal pathos, dall’ira, ma resta sempre padrone di se stesso e delle sue emozioni, pronto a comprendere le ragioni altrui. Così si comporta con Elena, quando tutti la incolpano di essere la causa della guerra  di Troia e agisce allo stesso modo con Paride, il fratello che aveva osato rapire la moglie di Menelao, provocando il risentimento dei principi greci.

Ettore e Andromaca, che rapporto avevano? 

Tra Ettore e la sua amata Andromaca c’era un profondo rispetto reciproco. Andromaca cercava di essere utile al marito quanto poteva, persino suggerendogli possibili punti deboli delle mura di Troia. Durante la guerra, la mancanza di notizie dal campo di battaglia la tormentava, e quando veniva a sapere di una vittoria achea, cercava disperatamente di raggiungere Ettore, sperando di trovarlo ancora in vita. Andromaca aveva perso la sua intera famiglia a causa di Achille, eccetto la madre, uccisa dalla dea Artemide. Non voleva perdere anche l’amato marito, che rappresentava per lei non solo il coniuge ma anche un fratello e un padre.

Ettore e Paride, fratelli diversi 

Sebbene Paride fosse suo fratello, Ettore non esitava a brandire la spada contro di lui per preservare l’onore della famiglia e del regno. Con le parole, si rivolgeva a Paride con asprezza, quasi a vergognarsi di avere un parente così. Paride, dal suo lato, accettava ogni critica del fratello, sostenendo che il suo cuore era tagliente come una spada. Nonostante le delusioni, Ettore non rinunciava all’idea che Paride potesse avere un briciolo di orgoglio e coraggio nel cuore. L’eroe troiano non perdonava a suo fratello di aver scelto Elena come compagna, considerando la scelta di Paride un capriccio piuttosto che un vero amore, e ciò scatenava continue dispute tra i due, sia prima che durante la guerra.

La battaglia di Ettore contro Achille a Troia

Ettore in battaglia affrontò Patroclo, l’amico prediletto di Achille e lo uccise depredandolo dalle armi che indossava. Egli sapeva che, uccidendolo, avrebbe segnato per sempre la sua fine perché sapeva che Achille, assetato di vendetta, si sarebbe placato solo alla vista del suo cadavere riverso nella polvere. Sapeva anche, però, che i Troiani avevano riposto in lui ogni speranza e non poteva affatto deluderli, motivo per cui non si lasciò condizionare dalle circostanze e volle compiere il suo dovere fino in fondo. Dunque partì per l‘ultimo scontro decisivo con i nemici, sapendo che avrebbe dovuto affrontare l’implacabile Achille, figlio di una madre divina, invulnerabile, il più veloce dei Greci e caro agli dei. Prima di partire volle salutare la moglie e il figlio: incontrò loro alle porte di Troia e, dopo aver detto parole d’amore alla moglie, prese il figlio tra le braccia e lo alzò al cielo, come per affidarlo agli dei, pregandoli affinché lo facessero crescere forte e tale da superare il padre in gloria. Queste però furono solo preghiere, parole che non ebbero seguito in quanto nessun dio e nessuna dea lo ascoltarono, perché neppure agli dei era concesso sovvertire il destino. Ettore dunque andò in battaglia e affrontò Achille, sostenuto dal suo coraggio e dalle sue sole forze umane. Quando lo vide di fronte a sè, bello e forte, protetto dalle sue armi splendenti e con in mano un’enorme lancia, il coraggio gli mancò e fuggì. Achille lo inseguiva intorno alle mura finché Ettore non udì la voce di suo fratello Deifobo che lo invitava a fermarsi, a riflettere e ad affrontare insieme il nemico. Tutto ciò però non era vero in quanto la voce che lui udì era quella della dea Atena, nemica dei Troiani, che aveva assunto le sembianze del fratello solo per indurlo a fermarsi. Ettore scagliò per primo la lancia, essa colpì lo scudo di Achille ma non lo ruppe affatto e andò a cadere lontano. Ettore si rivolse al fratello chiedendogli un’altra lancia affinché lui potesse continuare a combattere ma fece appena in tempo a vederlo mentre si dissolveva in una nuvola di fumo. Ettore allora capì l’inganno e si gettò contro Achille con la spada in pugno. L’eroe greco si difendeva con lo scudo e cercava un punto scoperto del corpo di Ettore; vide che la gola, dove finiva la corazza, restava indifesa e lì affondò la lancia. Achille, dopo averlo ucciso, diede sfogo alla sua ira e fece scempio del suo cadavere trascinandolo nella polvere legato al carro mentre girava intorno alle mura della città. Poi giunse la fine di Troia e, nella calma della notte, dal cavallo di legno uscirono i Greci e la città fu messa a ferro e fuoco. Andromaca fu fatta schiava e visse il resto della vita in ricordo del marito; il piccolo Astianatte fu scaraventato nel vuoto dai nemici dall’alto delle mura.

Ettore è dunque uno sconfitto ma allo stesso tempo anche un vinto reso bello da quella sofferenza che nobilita le anime dei grandi.

Lui infatti non muore per qualche viltà imputabile a sé stesso, ma perché così aveva stabilito l’imperscrutabile volontà del Fati.

Per questo tutti ricordano Achille come un vincitore greco, ma tutti amano Ettore per la sua umanità che lo ha reso più vicino a noi.

Per questo il Foscolo nel carme “Dei sepolcri” afferma che Ettore avrà onore di pianti ” finché il sole splenderà sulle sciagure umane”.

Fonte immagine per l’articolo su Chi era Ettore: Wikipedia 

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