Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez | Recensione

Cent'anni di solitudine

Gabriel García Márquez è stato uno scrittore colombiano famoso per aver scritto romanzi dal valore incomparabile come Cent’anni di solitudine, Cronaca di una morte annunciata, L’amore ai tempi del colera. È stato uno dei rappresentanti più significativi del realismo magico insieme a Isabel Allende, Juan Rulfo, Jorge Luis Borges. Nel 1982, inoltre, Márquez ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura. In questo articolo parleremo in particolare di Cent’anni di solitudine, pubblicato nel 1967, considerato come il romanzo più famoso dell’autore oltre che uno dei romanzi più importanti scritti in lingua spagnola.

Trama e personaggi

«Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito».

Con questo incipit, tra i più memorabili nella storia della letteratura, si apre la storia della famiglia Buendía, una storia lunga e intricata che vedrà il susseguirsi di generazioni. Con ordine introduciamo i personaggi più importanti di Cent’anni di solitudine: la prima generazione di Buendía è composta da José Arcadio Buendía e da sua moglie Ursula Iguarán che all’inizio del romanzo, insieme ad altre famiglie, fondano l’immaginaria città di Macondo. Nel villaggio, in cui José Arcadio Buendía è una sorta di capo, a un certo punto arrivano degli zingari guidati da Melquíades. Questi portano nel villaggio invenzioni di cui gli abitanti di Macondo sono ignari e introducono l’alchimia.

José Arcadio si appassiona talmente tanto alle novità portate dagli zingari che finirà per impazzire e perciò la sua famiglia decide di legarlo a un albero nel cortile della loro casa, dove rimane fino alla morte e dove continuerà a stare anche il suo fantasma. Ursula Iguarán invece è la matrona della famiglia, capo indiscusso e saggio, oltre ad essere l’unica che ha la possibilità di conoscere tutte le generazioni di Buendía. Muore infatti ad una veneranda età, dopo aver perso parte della sua stabilità mentale.

La coppia ha tre figli, di cui una figlia adottiva: José Arcadio, Aureliano, Rebeca e Amaranta. Il secondogenito, il colonnello Aureliano Buendía, è uno dei personaggi più importanti, caratterizzato da una malinconia profonda che si accentua nell’ultimo periodo della sua vita. Diventa un colonnello molto rispettato, ha diciotto figli da diciotto donne diverse e riesce a scampare a numerosi attentati. Passa la sua vecchiaia ritirato nel silenzio del suo laboratorio dove realizza dei pesciolini d’argento. Il fratello maggiore del colonnello, José Arcadio, se ne va da Macondo con gli zingari e torna tempo dopo, quando decide di sposare la sorella adottiva, Rebeca. Ursula non lo accetta e li caccia di casa. José Arcadio muore in circostanze particolarmente misteriose, sparato senza che sua moglie se ne accorga, se non fosse per la scia di sangue che arriva fino alla casa dei Buendía.

I personaggi di Cent’anni di solitudine sono moltissimi, ma tra questi ricordiamo un ultimo personaggio molto interessante, quello di Remedios la Bella. La giovane appartiene alla quarta generazione di Buendía ed ha una bellezza fuori dal comune, quasi eterea. Si diffondono varie voci sul suo conto, dato che ben quattro dei suoi pretendenti muoiono improvvisamente. Un giorno la giovane ascende al cielo e di lei non si hanno più notizie. Dopo molte altre vicende arriviamo, però alla conclusione. Così come abbiamo assistito alla fondazione di Macondo, assistiamo anche alla sua dissoluzione: dopo cento anni di solitudine il villaggio viene letteralmente estirpato dalla faccia della terra e con esso i suoi abitanti.

Perché, se non lo avete ancora fatto, dovreste assolutamente leggere Cent’anni di solitudine?

Non ci sono dubbi sul fatto che la trama di questo romanzo sia piuttosto complessa. Ciò è dovuto soprattutto al fatto che ci sono moltissimi personaggi e i loro nomi sono molto simili (persino Ursula a un certo punto comincia a confondere i vari membri della famiglia). Ma questo problema si risolve facilmente con un albero genealogico della famiglia Buendía (in rete ce ne sono molti) da tenere accanto durante la lettura del romanzo. Una volta superata questa difficoltà, potrete apprezzare un romanzo immenso per le sue vicende quanto per il suo stile.

Gabriel García Márquez infatti riesce a creare una trama tanto irreale quanto umana. Tra gli eventi più inspiegabili di Cent’anni di solitudine ricordiamo la presenza del fantasma di José Arcadio nel cortile di casa, che tutti vedono con la eccezione del colonnello Aureliano. Oppure la peste dell’insonnia, portata a Macondo da Rebeca, che in una sorta di isteria collettiva porta gli abitanti del villaggio a dimenticare addirittura il nome degli oggetti più comuni. Per non dimenticare le paure e le ossessioni di Ursula convinta che dalla sua unione incestuosa con il marito (i due sono cugini) nasceranno dei figli con la coda di maiale.

Tuttavia, accanto a eventi misteriosi e sovrannaturali come questi, troviamo il racconto di fatti assolutamente verosimili. Ne sono un esempio i capitoli dedicati alle guerre civili, che vedono il colonnello Aureliano protagonista. Queste parti del romanzo riflettono, ovviamente in maniera romanzesca, la complessa situazione politica della Colombia e di molti altri paesi latinoamericani nel XX secolo. Un ultimo aspetto da sottolineare è che Gabriel García Márquez in questo romanzo riesce abilmente a produrre un universo di personaggi tra i più diversi e complessi, ma con un sentimento in comune: la solitudine. Tutte le generazioni di Buendía ne sono afflitti come da un morbo, ogni personaggio è richiuso in se stesso e nessun membro della famiglia riuscirà a trovarne scampo.

Fonte immagine in evidenza: Copertina edizione Mondadori

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