Cento cuori dentro di Gio Evan: la ricerca di noi stessi

Cento cuori dentro di Gio Evan: la ricerca di noi stessi

“Cento cuori dentro” (Fabbri Editori) è un libro d’amore sul filo dell’autobiografia, scritto dall’evangelista della poesia sui social Gio Evan.

Solitudine viene da sole e abitudine. È riconoscere il sole nel quotidiano, fare cose con luce e calore, avere agosto in ogni gesto, essere forti come un’alba e delicati come un tramonto.

Questo è il primo cuore di Gio Evan, il primo dei cento.  In un mondo omologato, che insegna a pensare tutti allo stesso modo, scavare dentro di noi, conoscerci e trovare nuove forme, diventa un’urgenza.

Un giovane scrittore, Leon Voga, il suo manager, nonché migliore amico, Bruce, un consigliere di origine guatemalteca, Bongo, che esce di casa solo per salire sul tetto, ad ammirare il cielo.

Leon è nel pieno di una crisi creativa ed esistenziale, acuita dall’incontro con Julia, bellissima come un’isola della Nuova Caledonia. L’approccio con la ragazza crea nel timido scrittore un senso di atavica insicurezza, che arriva a tormentarlo. E duro sarà il confronto con l’irruenza di Bruce, con la saggia lungimiranza di Bongo e, soprattutto, con i suoi novantanove cuori.

“Cento cuori dentro” è l’ultimo libro di Gio Evan, il poeta che ha trasformato l’amore in una filosofia. Muove dalla convinzione che ognuno di noi abbia cento cuori e che sia possibile dare valore alla nostra vita solo dopo averli riconosciuti. Vivere una vita attentamente, dunque, prendersi cura di cento meraviglie, riconoscere cento bellezze.

Bruce, ad esempio, è il sesto cuore. Definito come l’ultimo sorso buono degli anni Ottanta, l’anima fatta di jeans a sigaretta e rock, negli occhi i suoi anni passati a fumare e bere rum di pessima qualità. Il suo migliore amico senz’altro, l’unico forse.

Leon e Bruce sono le due facce della stessa medaglia. Bruce è uno che la indossa la vita, la mangia con le mani e si pulisce con la parte di tovaglia che scende sul bordo della tavola, mentre Leon è fatto di pochi ingredienti, tutto crudo “fatto a pezzi dalla vita ma con i valori nutrizionali non compromessi dalla cottura degli eventi”.

A completare quello che si scoprirà essere un meraviglioso e inscindibile trio, Bongo, metà uomo e metà nuvola, vive le sue giornate sul tetto e sa tutto ciò che accade prima che gli venga raccontato. “Niente panico e sorprenditi”, è il suo più grande insegnamento.

Leon Voga vive in montagna, ama le cose semplici, glielo ha insegnato nonno Alberto. Dare valore al dettaglio, vedere un albero dalla serratura di un seme, veder una foresta dentro le vene della foglia. Così, pagina dopo pagina, parola dopo parola, sviscerata e scomposta, scopriamo che i cuori, in realtà, ne sono novantanove.

Sarà la rumorosa intuizione di aver trovato il centesimo cuore a spingere Leon a superare le sue paure, insieme all’amara consapevolezza di aver perso troppo tempo guardando i tramonti con le persone sbagliate, ascoltando musica di scarsa poetica, inseguendo idee stupide o sogni deboli.

“Non voglio innamorarmi ad una festa” scrive nelle prime pagine. E poco dopo, ad una festa, una voce gli entra dentro, come una preghiera urlata in una cattedrale vuota.

Julia, la ragazza vestita senza troppi elogi bella come la Nuova Caledonia e con gli occhi del Madagascar, l’unica che sembra capire qualcosa della sua musica.

È lei che riempie il giorno di cose buone e fa venire voglia di poesia. Dei pistacchi chiusi lei pensa solo che siano un po’ timidi, è da stupidi lasciarli perdere solo per questo. Alla fine, tutti i pistacchi decidono di sgretolare la propria corazza.

“Sono troppo giovane per non rischiare di essere felice”, conclude il giovane scrittore.

E mentre Leon Voga si convince di essere finalmente completo con il suo centesimo cuore, Gio Evan è già qualche passo più avanti: “davvero credi ci siano solo cento cuori?”

Fonte immagine: https://www.facebook.com/pg/gioevanofficial/photos/?ref=page_internal

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